Esportazioni in picchiata, importazioni in forte crescita: l’accordo sui dazi è bloccato dalle regole digitali—e vino e spiriti restano nel limbo.
Un brusco stop del surplus e il ritardo del patto Ue-Usa
Scivolata nei numeri
Nel giugno 2025 il surplus commerciale dell’Unione europea con il resto del mondo si è drasticamente ridotto, toccando 8 miliardi di euro contro i 20,3 miliardi dello stesso mese del 2024, un calo di circa il 60 %. Il dato è ancor più evidente se confrontato con il surplus di maggio, pari a 13 miliardi: è praticamente dimezzato in un solo mese.
Surplus dimezzato con gli Stati Uniti
La frenata più sensibile si registra nei rapporti transatlantici: il surplus Ue verso gli Stati Uniti è calato da 18,5 a 9,6 miliardi (-48 %). Le esportazioni verso Washington sono diminuite del 10,3 %, a 40,2 miliardi, mentre le importazioni americane verso l’Unione sono aumentate del 16,4 %, a 30,6 miliardi.
Settori sotto pressione
I comparti più esposti alla guerra commerciale subiscono i colpi più duri:
- Macchinari e veicoli: surplus sceso da 21,3 a 16,4 miliardi;
- Chimica: da 19,1 a 14,3 miliardi;
- Altri manufatti: da un attivo di 1,9 miliardi a un deficit di 1,4 miliardi.
Anche la lettura destagionalizzata evidenzia una dinamica sfavorevole: a giugno le esportazioni Ue verso Paesi terzi sono scese del 2,3 % rispetto a maggio, mentre le importazioni sono cresciute del 2,9 %, facendo collassare il saldo da 12,7 a 1,8 miliardi.
L’intesa sui dazi resta irraggiungibile: battaglia digitale e vino nel limbo
Il nodo del Digital Services Act (DSA)
È emerso che il ritardo nella pubblicazione della dichiarazione congiunta Ue-Usa è dovuto a forti attriti sul linguaggio relativo alle “barriere non tariffarie”, in particolare il DSA. Gli Stati Uniti vorrebbero margini di intervento sulle regole digitali europee, ritenute una limitazione alla libertà sul web, mentre Bruxelles considera il DSA una linea rossa non negoziabile.
Auto: no al taglio dei dazi senza il via libera formale
Senza la dichiarazione congiunta non scatterà l’ordine esecutivo statunitense per ridurre i dazi sulle auto importate — attualmente al 27,5 % — fino al 15 %.
Parole di disincanto e fratture interne
Un podcast ha commentato con durezza il risultato raggiunto: l’Ue avrebbe accettato dazi al 15 % su circa il 70 % delle sue esportazioni verso gli Usa, senza prevedere contromosse tariffarie. Il quadro è stato definito “una netta sconfitta”, con accuse di resa politica e incapacità di difendere i propri interessi.
Vino, spiriti e caos comunicativo
Il trattato sul commercio, ancora vago, non chiarisce il destino di vino, champagne e liquori. La Francia spinge per un’esenzione totale, soprattutto di fronte a confusioni interpretative: secondo un comunicato, questi prodotti sarebbero soggetti ai dazi (15 % su auto, farmaci, semiconduttori; 50 % sull’acciaio), mentre dall’altra parte si sostiene che dipenda da soglie o da fasi di indagine. Di fatto, fino a venerdì non si saprà se vini e distillati saranno esclusi dai nuovi dazi.
Non è uno stallo ma un crollo organizzato
L’Europa si ritrova a essere un gigante economico, ma un nano politico. La frenata delle esportazioni e l’impennata delle importazioni sono segnali inquietanti: non è solo colpa dei dazi, ma anche della paralisi negoziale. Se da un lato Bruxelles tenta di preservare il DSA — simbolo della sua sovranità digitale — dall’altro rischia di svendere vantaggi economici senza garanzie.
L’assenza di contromisure sui liquori è lo specchio di una confusione istituzionale che mette in pericolo piccole e grandi eccellenze: basta pensare alla filiera del vino italiano, che attende chiarimenti vitali.
Se questo è l’“ultimo miglio” del negoziato tariffario, allora l’Europa sta inciampando sulla linea di arrivo.