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Guerra di Trump, l’Europa reagisce: ritorsioni sui dazi e stretta sulle Big Tech

- di: Matteo Borrelli
 
Guerra di Trump, l’Europa reagisce: ritorsioni sui dazi e stretta sulle Big Tech
La mossa di Donald Trump è arrivata con la consueta teatralità. Nel cosiddetto “Liberation Day”, il presidente americano ha annunciato dazi del 20% su tutti i prodotti importati dall’Unione Europea, accusando il blocco di aver “truffato per anni l’America” e definendolo “patetico” in un post sul suo social network Truth Social. Una dichiarazione di guerra commerciale che ha trovato l’Europa pronta, almeno a parole, a una risposta dura.
Ursula von der Leyen (foto), in viaggio per l’Uzbekistan per un summit con i Paesi dell’Asia centrale, ha affidato la sua replica a un comunicato destinato a segnare uno spartiacque. “L’Europa non ha iniziato questa disputa. Ma se necessario, abbiamo un piano solido per reagire e lo utilizzeremo”, ha dichiarato la presidente della Commissione europea da Samarcanda. La linea è chiara: nessuna corsa alla ritorsione, ma neppure una resa incondizionata.
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Controattacco in due fasi: dazi su acciaio e alluminio, poi sulle Big Tech
Fonti europee confermano che la risposta sarà calibrata ma “incisiva”. Il piano prevede due fasi: nella prima, a partire dal 13 aprile, verranno reintrodotti i dazi sospesi su acciaio e alluminio americani. Nella seconda, più ampia e simbolicamente potente, Bruxelles intende colpire i giganti digitali Usa, da Meta ad Amazon, passando per Apple e Google. “Colpire le Big Tech è una risposta proporzionata e strategica”, ha spiegato Brando Benifei, presidente della delegazione per le relazioni con gli Usa dell’Europarlamento, in un’intervista rilasciata a Euronews.
La Commissione sta anche valutando una lista dettagliata di prodotti americani da tassare, tra cui whiskey, tabacco, abbigliamento sportivo e beni agricoli. Una decisione definitiva sarà presa nel Consiglio Commercio Ue previsto per lunedì 7 aprile a Lussemburgo, dove non si escludono frizioni tra gli Stati membri sul livello di aggressività da adottare.
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Tajani: “Non piegarsi, ma nemmeno essere anti-americani”
Nel fronte europeo, l’Italia chiede equilibrio. “Serve un approccio pragmatico, basato sul dialogo. Non dobbiamo piegarci, ma neanche essere antiamericani”, ha dichiarato Antonio Tajani, vicepremier e ministro degli Esteri, in una nota ufficiale. Tajani ha incontrato il commissario Ue al Commercio Maroš Šefčovič per definire una risposta comune, con un occhio ai settori italiani più esposti: meccanica, agroalimentare e moda.
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Weber (PPE): “Trump attacca il commercio equo per paura”
Manfred Weber, presidente del Partito Popolare Europeo e alleato politico di von der Leyen, ha puntato il dito contro l’ideologia isolazionista dell’ex tycoon: “Trump attacca il commercio equo per paura, ma troverà un’Europa unita e pronta a difendere i propri interessi”, ha detto. Weber ha anche invitato a “non cadere nella trappola della guerra economica”, ma a “usare la forza della coesione” per rafforzare il mercato interno e consolidare i rapporti con partner asiatici e africani.
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Industriali in allarme: “Sostegni immediati ai settori colpiti”
Dal mondo delle imprese si leva l’allarme per le possibili ricadute. “La sfida è restare uniti e mantenere la presenza industriale in Europa”, ha detto Emanuele Orsini, presidente di Confindustria. In particolare, l’industria del vino, della componentistica auto e della moda teme pesanti perdite sul mercato americano. La Francia ha già stimato un crollo del 20% nelle vendite di vino e liquori, come indicato dalla FEVS (Fédération des Exportateurs de Vins & Spiritueux).
Per questo Bruxelles prevede di affiancare ai dazi un pacchetto di misure di sostegno per i comparti più colpiti. Si parla di aiuti diretti, garanzie sui crediti e agevolazioni per la diversificazione dei mercati di esportazione, soprattutto verso India, Vietnam e Sudamerica.
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Il vero nodo: la credibilità Usa e la tenuta dell’alleanza transatlantica
Al di là dei numeri, questa crisi segna un punto di non ritorno politico. Con la Casa Bianca che tratta l’Europa come un avversario e non come un alleato, cresce la consapevolezza nei palazzi di Bruxelles che la stabilità dell’asse atlantico non può più essere data per scontata. “Trump non è un incidente temporaneo, è il sintomo di un’America che si chiude e che non vuole più regole condivise”, osserva un diplomatico Ue sotto anonimato.
Von der Leyen ha intensificato i contatti con tutti i capi di governo, compresa Giorgia Meloni, per evitare divisioni interne. Ma l’equilibrio è fragile: alcuni Stati membri, come l’Ungheria di Orbán, sarebbero restii ad approvare misure troppo dure, temendo contraccolpi interni.
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Verso una nuova strategia industriale europea
Dietro le tensioni si muove un cambiamento più profondo. Il confronto con Trump sta spingendo l’Ue a rafforzare l’autonomia industriale e a ridurre la dipendenza da forniture esterne, sul modello dell’Inflation Reduction Act americano. “Non possiamo più affidarci a Washington per la sicurezza economica”, ha dichiarato Thierry Breton, commissario al Mercato Interno, in un’intervista.
La strategia prevede investimenti massicci nella transizione digitale, nel green tech e nella produzione di semiconduttori. In questo contesto, anche il dialogo con la Cina – pur tra mille contraddizioni – torna ad acquisire una nuova centralità.
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L’Europa è a un bivio
La tempesta scatenata da Trump ha colto l’Europa in una fase di transizione politica e industriale. Ma il primo banco di prova sarà la reazione a questa sfida: se Bruxelles riuscirà a mostrarsi coesa e strategicamente intelligente, potrebbe uscirne rafforzata. In caso contrario, le crepe nella fiducia interna e nella credibilità esterna si allargheranno. Il messaggio lanciato dal presidente americano è chiaro: l’era delle relazioni transatlantiche incondizionate è finita. Ora l’Europa deve decidere se vuole essere spettatrice o protagonista.

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