La Croazia, appena entrata nell'eurozona, paga un prezzo altissimo

- di: Redazione
 
Ci sono cose ineluttabili. Non parliamo di destino o di karma, ma più semplicemente che anche il più sprovveduto tra gli economisti o il meno preparato dei giornalisti sa già che accadrà. Come quanto sta accadendo in Croazia che, entrata da una decina di giorni nell'eurozona, è travolta dalle stessa incertezza che registrammo in Italia, con poche eccezioni nel resto dell'Ue, con l'adozione della moneta unica. Che avrebbe dovuto dare sicurezza alle nostre economie, forse a quelle nazionali, perché se pensiamo agli effetti che ha avuto per quelle domestiche più d'un dubbio lo abbiamo.

La Croazia, appena entrata nell'eurozona, paga un prezzo altissimo

Per sintetizzare al massimo (chi ci legge e ha almeno 35 anni ci è passato), con l'adozione dell'Euro - che per un po' di tempo camminerà di pari passo con la moneta di casa, la kuna - la Croazia s'è trovata davanti ad una lievitazione dei prezzi che potrebbe apparire assolutamente ingiustificata. Perché, se abbiamo ben chiaro il rapporto euro/kuna, al commerciante così come al compratore - basta fare un po' di conto e, dopo la conversione, arrivare al costo. Ma non è esattamente così, come ha avuto modo di capire lo stesso primo ministro di Zagabria, Andrej Plenković, che di fronte ad un impennata dei prezzi - in euro, ma anche in kune - assolutamente ingiustificata, si è imbufalito minacciando questo e quello.

Niente di nuovo, perché in Croazia sta accadendo quel che noi italiani abbiamo patito, con ''arrotondamenti'' fatti con un concetto molto lasco del termine. Ovvero, il rapporto tra vecchia e nuova moneta non viene fatto sottostare, come sarebbe giusto, ad una semplice operazione aritmetica, ma all'ingegnosità del commerciante che non traduce, ma interpreta. Quindi, seppure poco commendevole, un arrotondamento del 5 per cento viene quasi accettato. Ma quando tocca o supera l'aumento del 20 per cento (addirittura generi alimentari di grande consumo, come pane e burro costano il 30%, persino il 40% in più rispetto ad appena qualche settimana fa), ecco che anche i croati si arrabbiano, ma non ci possono fare nulla: o paghi o vai via senza niente in mano. Plenković prima ha alzato la voce e poi, come un buon padre di famiglia, si è detto pronto ad interventi anche traumatici per riportare la classe mercantile croata a comportarsi correttamente.

La stampa croata ha colto al volo l'occasione per ribadire dubbi e preoccupazioni, sguinzagliando i suoi cronisti in giro per negozi e supermercati e le notizie che hanno riportando indietro confermano che alla base dell'aumento dei prezzi non c'è un disinvolto utilizzo della calcolatrice, ma semplice speculazione. Perché è difficile pensare che, come accade in una catena della grande distribuzione, un chilogrammo di zucchero che a dicembre costava 6,49 kune ora lo si può acquistare solo sborsando 7,99 kune. Santa inflazione, ma questo sarebbe troppo anche per il campione mondiale del biathlon della persona perbene, quello che ha come specialità sopportazione e pazienza. Diciamo che sull'inflazione già parecchio alta (solo a novembre, secondo gli ultimi dati dell'Ufficio nazionale di Statistica, era aumentata del 13,5 per cento) si sta aggiungendo un processo speculativo che rischia di essere devastante per le famiglie. E allora, non resta che dire alla Crozia: benvenuta!!
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