Recovery fund, è già assalto alla diligenza

- di: Diego Minuti
 
Sul "Recovery fund", su come esso debba essere articolato, su come debba essere finalizzato per aiutare l'Italia a risollevarsi, c'è in atto una guerra di logoramento che ha in gioco la sopravvivenza stessa del Governo. Non è una cosa da poco, se si pensa che l'enorme quantità di fondi che dovrebbero arrivare dall'Europa costituisce forse l'ultima occasione per il nostro Paese, messo in ginocchio dalla pandemia, ma anche dalla manifesta incapacità di chi ci governa di avere una linea comune e di difenderla, anche a costo di adottare misure impopolari e, quindi, penalizzanti sul fronte del consenso e, di conseguenza, del responso delle urne, quale che sia il momento in cui verremo chiamati ad esprimere il nostro voto.

Quello che resta imperscrutabile è quali siano le esatte finalità di coloro che dovrebbero essersi messi al tavolo di discussione, animati probabilmente dalle migliori intenzioni, per partorire una ripartizione dei fondi che massimizzi le opportunità.
Ma è stato veramente così?
È vero che coloro che hanno elaborato e messo per iscritto le loro idee abbiano avuto come solo ed unico faro del loro pensare ed agire esclusivamente il bene del Paese, inteso come insieme di persone e non solo di esigenze, ambizioni, pressioni?

Difficile dare un risposta oggi, ma le cose che trapelano sul piano non è che inducano a pensieri positivi. Alcuni media si stanno soffermando su questo aspetto, puntando il dito su alcune eccentricità del piano, perché ritenute, per come forse in effetti sono, inspiegabili se si pensa al bene comune, la sola bussola che dovrebbe guidare i nostri governanti.
Prediamo ad esempio Il Domani. Il quotidiano di De Benedetti si è soffermato su due delle misure inserite nella ripartizione dei fondi.
La prima prevede di stanziare 290 milioni di euro (sì, letto bene: 290 milioni) per lo sviluppo degli studi e delle iniziative culturali di Cinecittà a Roma. La seconda quella che mette da parte 100 milioni che prenderebbero la strada della Fondazione Ferrovie dello Stato "per il recupero delle linee ferroviarie storiche e del patrimonio storico Fs collegato a valorizzazione degli itinerari e del relativo patrimonio tangibile e immateriale".

390 milioni (lo scriviamo anche a lettere, per evitare fraintendimenti: trecentonovanta milioni di euro), una somma ragguardevole rispetto al totale dei fondi, ma enorme ed inspiegabile, se la si considera in termini assoluti.
Abbiamo il massimo rispetto per la storia del nostro cinema, così come di quella della nostra rete ferroviaria. Ma stanziare 390 milioni sembra eccessivo, soprattutto in un momento storico e drammatico come quello che stiamo vivendo. Si ci potrebbe dire che occorre avere sempre l'intelligenza di guardare in prospettiva. Ma forse è proprio per questo che ci chiediamo quali siano stati i ragionamenti alla base di queste misure (sempre che siano confermate) perché, anche con il più alto tasso di ottimismo, abbiamo delle difficoltà a capire che ricadute economiche potranno avere.

Forse nemmeno a distanza di molti anni si potrà vedere che questi stanziamenti siano diventati produttivi.
Da qui la semplice domanda: chi dobbiamo ringraziare? A chi dobbiamo rivolgere il nostro plauso per misure del genere?

Non siamo bravi a padroneggiare i numeri e la matematica, ma forse con questa somma si potrebbero fare cose altrettanto importanti, ma per la gente e non solo per istituti o fondazioni che, la Storia lo insegna, spesso si avvitano in loro stessi, perseguendo politiche ed obiettivi che la gente comune ha difficoltà a comprendere.
Comunque, ora non possiamo fare altro che aspettare: che il Governo dia dignità di atto ufficiale al piano ed agli strumenti che dovranno vegliare sulla sua corretta e veloce messa in attuazione; che l'ordalia tra Conte e Renzi giunga al sua epilogo; che la maggioranza torni ad essere tale.

Quindi, aspettare, magari incrociando le dita oppure solo limitandosi a vedere correre le lancette dell'orologio della politica.
Come direbbe Gennaio Iovine, protagonista di "Napoli milionaria", "Addà passà 'a nuttata".
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