I no-green pass sfidano lo Stato sul terreno della legalità

- di: Diego Minuti
 
Ieri, scrivendo del clima di intolleranza che si sta vivendo in queste settimane in Italia sulle tematiche del 'passaporto sanitario' e di come esso possa essere utile a fermare i contagi, ci auguravamo che lo Stato intervenisse per onorare uno dei suoi principi fondanti, quello di vegliare sulla sicurezza dei cittadini, tutti e senza distinzione di sesso, 'razza' (argomento, questo, abbastanza controverso di per sé), religione, convinzioni politiche.

Ce lo eravamo augurati perché, da sempre, come testata difendiamo le libertà su cui è nata la Repubblica e per le quali tutti, come comunità, abbiamo l'obbligo di impegnarci.
Ma oggi, alla vigilia di quelle manifestazioni (eterologamente guidate da chi esaspera le passioni e le utilizza a fini propri) che mirano a paralizzare il Paese, bloccando la sua rete ferroviaria, il discorso cambia necessariamente focus. Perché, se si trattasse di spontanee manifestazioni di dissenso, nessuno avrebbe da ridire, restando nell'alveo della legge. Ma non è più questo il quadro generale perché - anche se si può pensare che si tratta di episodi generati da un singolo ''scontento'' - quanto sta accadendo sembra seguire un tragico copione, il cui fine ultimo è quello di ribaltare il tavolo, di mandare a gambe all'aria il sistema democratico.

Perché, se oggi il pretesto è il rifiuto del 'green pass', domani potrebbe essere l'aumento del prezzo di questo o quel genere di grande consumo, l'inasprimento di una tassa o qualsiasi altra cosa che una parte della popolazione potrebbe percepire come un abuso da parte dello Stato.
La partita che si gioca domani, davanti - ma quasi sicuramente anche dentro - alla maggioranza delle principali stazioni ferroviarie, è delicatissima perché espone lo Stato a rischi diversi, ma egualmente pericolosissimi. Alla gente comune, quella che ha fatto la fila per vaccinarsi contro il Covid-19, questo manipolo di dissenzienti, sempre pronti a passare ai fatti, appare come un elemento disturbante, seppure potenzialmente pericoloso, ma per solo per determinati "soggetti'' (giornalisti, politici pro-vax, scienziati), come se uno schiaffo dato in faccia ad un cronista non bruci sulla pelle di tutti.

Ma lo Stato non può fare questo, non può subordinare il suo ruolo e con esso le sue prerogative nel timore che, da semplici proteste, le manifestazioni degradino verso la violenza. Perché accettare la prevaricazione di una minoranza (di qualsiasi minoranza, non solo dei no-vax o no-green pass) spiana la strada ad altre e molto più pericolose manifestazioni di dissenso.
Ma quello su cui riflettere con attenzione è che sembra che si abbia la sensazione che le manifestazioni sul passaporto sanitario siano solo proteste nate dall'incontro casuale di rabbia e recriminazione, covate da troppo tempo. Invece, a riflettere, sembra che lo spontaneismo, che pure animava originariamente le proteste, nasconda oggi una regia, forse non finissima, ma capace di muovere una manifestazione qui, una aggressione lì, con il solo obiettivo di alzare la tensione e poi raccoglierne i frutti. Se solo si riflette un istante, a gettare i semi di questa virata verso la violenza per mostrare il dissenso è stato, in tempi recenti, quel movimento che, nato per cancellare la casta politica (di cui oggi, invece, fa parte convintamente a pieno titolo), quando scendeva in piazza non esitava a scatenare il suo livore verso il potere prendendosela con i giornalisti.

Quelli per i quali Beppe Grillo, attingendo al Dizionario universale dell'eleganza e dell'equilibrio, diceva che aveva voglia di mangiare solo per vomitare loro addosso. Ma Grillo e i grillini sono in buona compagnia perché anche il pratone di Pontida di insulti, spinte e scaracchi contro i giornalisti ne ha visti parecchi.

Il nostro sembra ormai un Paese che assiste, quasi con distacco, alla caccia al giornalista ''nemico'' o al virologo ''impegnato'' (apparire fastidiosamente in tv non è che cancelli i meriti scientifici), con uno Stato che ha dà l'impressione di avere dismesso i panni del garante della sicurezza, accettando episodi di violenza (apparentemente isolati) come un inevitabile pedaggio da pagare alla ricerca del consenso politico. Se domani anche un solo utente delle Ferrovie non potrà salire su un treno per volontà di altri, ''loro'' avranno vinto in una partita in cui la posta in gioco è altissima e riguarda tutti.
Anche i 'no-green pass' perché, la Storia lo insegna, non ci vuol molto a passare dal banco degli accusatori a quello degli accusati. Per informazioni chiedere a Robespierre.
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