Il no leghista al green pass un siluro a Draghi

- di: Diego Minuti
 
Il voto in commissione Affari sociali della Camera, che ha visto la Lega schierarsi con le opposizioni per annullare il green pass (i cui emendamenti sono stati comunque bocciati a maggioranza) spiega molto di quello che saranno le cronache politiche dei prossimi mesi, avvicinandosi alla scadenza - delicatissima - delle elezioni del prossimo presidente della repubblica.

Perché se c'è una cosa che bisogna tenere a mente in modo chiaro è che, con l'inizio del semestre bianco, le Camere non possono essere sciolte. Cosa che dovrebbe essere di garanzia per un voto presidenziale non condizionato dalla scure di nuove elezioni, ma che si presta ad essere usato politicamente da chi ha tutto l'interesse ad alzare i toni, persino esasperarli, in attesa di capitalizzare i malumori della gente, che in fondo sono quelli che spiegano il voto.

L'episodio di ieri è comunque esemplificativo di cosa ci aspetta, perché sarebbe un errore imperdonabile ridurre quanto accaduto in commissione Affari sociali come un semplice bisticcio in seno alla maggioranza. Perché il voto a favore di Claudio Borghi ed altri due leghisti sugli emendamenti delle opposizioni è significativo e giustifica la reazione del Pd e dei 5S che parlano di fatto molto grave. Verrebbe da dire che è sin troppo palesemente grave per sottolineare come la Lega, a seconda delle sue convenienze, oscilla tra un convinto appoggio a Draghi e un lancio di siluri contro il governo. E non ci si venga a dire che Borghi abbia agito in autonomia o in disaccordo con Salvini, che mai accetterebbe un simile passaggio di campo se non essendone stato avvisato per tempo, ma, soprattutto, condividendolo. Perché, se proprio si possa mai ipotizzare che Borghi e gli altri hanno agito in autonomia, anche un partito non sempre coerente come la Lega dovrebbe richiamarli all'ordine ufficialmente.

Un voto contrario all'indirizzo della maggioranza in commissione è sempre un fatto politicamente rilevante. E lo è ancora di più se l'argomento in questione è divisivo (anche se rispetto ad una minoranza pochissimo rappresentativa) e il prendere posizione contro il governo sembra una mossa tattica, per accaparrarsi il consenso di chi oggi è contro vaccini o green pass. Con tanti saluti all'impegno di Draghi di fare ripartire il Paese.

Resta comunque difficile da metabolizzare l'atteggiamento di Salvini che rinnova ad ogni occasione il suo appoggio a Draghi e poi avalla quanto fatto da Borghi e da altri due leghisti. In un altro momento, meno delicato di questo, si sarebbe gridato alla crisi che, spiace dirlo, è nei fatti, anche se formalmente non può essere dichiarata, come appunto da semestre bianco, che vieta lo scioglimento del Parlamento, ma non che ci sia un governo diverso.

Se la Lega, con gli atteggiamenti dei singoli che sembrerebbero ridicolizzare l'immagine del monolite tanto caro a Salvini, è questa, aspettiamoci che, da oggi sino alla primavera, la politica si trasformerà in un Vietnam fatto di imboscate e rapidi ripiegamenti. Ma resta difficile capire quale sia la vera Lega oggi, se quella di Borghi (e Salvini) o quella dialogante dei governatori - Zaia e Fredriga - e di Giorgetti.
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