Mattarella dice no a un nuovo settennato: "Sono vecchio e stanco"

- di: Diego Minuti
 
Le parole pronunciate da Sergio Mattarella, davanti ad un uditorio a di poco singolare, visto l'oggetto di quello che il presidente della Repubblica ha detto (''Tra otto mesi potrò riposarmi'') , devono essere prese per quelle che sono, provenendo non dall'Uomo delle Istituzioni, ma semplicemente da un uomo. Il settennato, per definizione, è duro da affrontare per gli impegni e, quindi, le fatiche che comporta. In un momento storico in cui al capo dello Stato non viene chiesto solo di vegliare sul rispetto della Costituzione, che ne traccia competenze e limiti dell'agire, è normale che le scorie si accumulino, soprattutto quando le forze politiche - e per esse i loro massimi rappresentanti - sembrano non cogliere la drammaticità di alcuni momenti, che vorrebbero strumentalizzare per i propri fini. Ed è lì che il presidente della Repubblica deve fare sentire la sua voce, o, come nel caso di Mattarella, i suoi quasi sussurri, che spesso valgono molto di più di un urlo.

La presidenza di Mattarella è stata caratterizzata da un rispetto quasi irritante delle regole, dal continuo sottostare solo all'interesse del Paese e mai facendosi condizionare dalla sua estrazione politica, dal suo percorso professionale, dal suo credo religioso e persino - e dire che avrebbe potuto pure servirsene, come altri avrebbero sicuramente fatto - delle sue drammatiche vicende personali, come l'uccisione del fratello Piersanti per mano di Cosa nostra. Il settennato della voce pacata, monocorde, a tratti involontariamente ipnotica, dovrà essere studiato in un futuro non lontano perché appare destinata a condizionare quelle che seguiranno, nelle quali non saranno più accettati urli e minacce, cose di cui Mattarella non si farebbe mai protagonista. Ed anche irridenti definizioni, al limite del dileggio (come l'epiteto di ''mummia sicula''), o imitazioni, comunque rispettose (Crozza, su tutti) sono, non sappiamo fino a che punto voluti, dei riconoscimenti di un ''stile'' che fa della continenza verbale la sua rotta.

È finito il tempo dei presidenti che andavano in tv per denunciare, comunque giustificati (anche se avrebbero potuto farlo in modi e circostanze diversi), il ''tintinnare di manette'' o di quelli che, non appena entrati nel raggio di ripresa di una telecamera, si asciugavano inesistenti lacrime in occasione di questo o quell'evento drammatico.
In un periodo politicamente controverso come quello che l'Italia sta vivendo, con una coalizione di governo che non riesce proprio ad affrancarsi dall'accapigliarsi quotidianamente, l'inizio del semestre bianco forse contribuirà ad abbassare la conflittualità, ma solo per preparare la volata per l'elezione del successore di Mattarella. Che, con quanto ha detto ai bambini di una scuola elementare di Roma, ha voluto sgombrare in anticipo l'idea che qualcuno possa chiedergli, magari con un pressing che faccia appello al suo rispetto per le Istituzioni, di proseguire a fare l'inquilino del Quirinale ancora per qualche tempo.

Il cittadino qualunque (quello cioè che ha veramente a cuore il futuro anche istituzionale del Paese e, quindi, non si fa trascinare dalle paturnie di qualche rancoroso giornalista che ritiene di sedere da solo alla destra del Padre) non potrebbe che essere contento che Mattarella resti al suo posto che lascerebbe solo quando - lo diciamo a mo' d'esempio...- qualcun altro, che magari oggi staziona dalle parti di palazzo Chigi, avrà completato il suo mandato di portare fuori l'Italia dalla crisi della pandemia. E c'è da sperare che la vecchiezza e la stanchezza usate da Mattarella per spiegare che il suo mandato non proseguirà, possano essere mitigate da quel senso dello Stato di cui il presidente ha fatto il suo credo.
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