Perché parte dell'elettorato leghista guarda a Giorgetti
- di: Diego Minuti
I continui ''stop and go'' di Salvini nel percorso del governo stanno diventando una variabile, forse troppo scontata, ma che Mario Draghi si trova a dovere affrontare, perché è la prima volta nella storia politica del Paese che si assiste ad un comportamento così schizofrenico di un partito della maggioranza. Schizofrenico perché Salvini (o chi per lui) sostiene posizioni o proposte che è capace di ribaltare all'istante a seconda di quello che il suo fiuto politico (che è innegabile) gli suggerisce per massimizzare il consenso elettorale.
Quindi il suo cavalcare con i piedi in staffe di selle di due diversi destrieri (pro vaccino/contro green pass) appare come incomprensibile se non si conoscesse l'attenzione maniacale che Salvini ha sempre posto su alcuni alcuni argomenti che toccano la sensibilità di una parte della popolazione italiana che è politicamente trasversale, ma fortemente convinta che dietro ogni azione ci sia un complotto.
Se da un lato, quindi, il segretario della Lega dice al mondo di essere a favore delle campagne vaccinali, dall'altro si mette per traverso sulla strada del green pass che dei vaccini è la naturale evoluzione amministrativa, che consente a chi lo esibisce di avere una vita normale. Cosa negata a chi, magari è stato pure sottoposto al ciclo vaccinale, ma temendo una non meglio chiarita ''dittatura sanitaria'', non vuole proprio dotarsene, preferendo restare ad aspettare in strada gli amici andati a prendere un caffè.
In fondo il comportamento di Salvini ha una certa coerenza, ma probabilmente il suo muoversi politicamente come un fiume carsico, in cui il dissenso nei confronti del governo emerge a seconda delle contingenze, rischia di creargli qualche problema con quello che un tempo ero lo zoccolo duro del suo elettorato e che oggi, non essendolo più da quando la Lega ha abbandonato il delirio indipendentista, resta comunque importante. Parliamo di quel mondo imprenditoriale - a livello di rappresentanze padronali regionali o locali - che ha scommesso sulla Lega e che oggi reclama certezze che non crede di individuare nella linea politica di Salvini e credendo, invece, nella forza controllata che pare esprimere Giancarlo Giorgetti.
Il ''patto del bermuda'' (certificato da una fotografia in cui i due sono stati ritratti, in pantaloncini, all'uscita di un albergo) non è mai esistito perché Salvini e Giorgetti sono troppo intelligenti per capire di non potersi dividere proprio ora, quando la Lega è sotto attacco, in termini di leadership del centrodestra, da parte di Giorgia Meloni. Nessun patto, ma la consapevolezza che forse qualcosa delle linea della Lega - quella espressa da Salvini - deve recuperare il termini di coerenza.
A parere di tanti, Giorgetti sta facendo, da ministro, un ottimo lavoro e, per giudicarlo, basterebbe solo rilevare che non ha mai alzato i toni - almeno in pubblico -, incarnando agli occhi dei leghisti il prototipo di chi si è rimboccato le maniche, andando avanti per la sua strada senza perdersi in bizantinismi che non gli appartengono. Poi, chi lo ha conosciuto quando era un maggiorente della Lega e nient'altro, ne sottolinea l'equilibrio e la misura, senza per questo paragonarlo a qualcun altro...