Mentre si discute di Durigon e ius soli, l'Italia brucia

- di: Diego Minuti
 
Innanzitutto le dichiarazioni del sottosegretario Claudio Durigon (leghista, che ha chiesto di tornare a intitolare un parco pubblico di Latina ad Arnaldo Mussolini, cancellando i nomi di Falcone e Borsellino, cui la struttura è stata dedicata nel 2017) sono gravi e giustificano la richiesta di alcuni partiti, anche di governo, delle sue dimissioni. Poi, l'accorato e rinnovato appello del segretario del Pd, Enrico Letta, affinché in tempi brevissimi il parlamento di occupi dello ius soli.
Cose importanti di cui occuparsi, di certo, ma siamo veramente sicuri che siano queste le priorità di un Paese che, per incuria o dolo, sta letteralmente andando in cenere?

Premettendo che anche noi ci siamo interessati di queste vicende (segnatamente quella del sottosegretario nostalgico di tempi lontani), è forse arrivato il momento che si giunga finalmente a spezzare la catena della consuetudine che vuole che ogni argomento sia occasione di uno scontro politico, facendo perdere di vista che le priorità sono ben altre che non discutere delle assurdità uscite dalla bocca di un esponente del governo o dell'impellenza di definire, in poche settimane, un problema morale (come riconoscere la nazionalità italiana a chi è nato sul nostro territorio), ma che certo non è scoppiato oggi.

Sono argomenti rilevanti, ripetiamo con forza per evitare che ci possa accusare di superficialità. Ma crediamo che oggi, in questi giorni e in queste ore, davanti ad una dramma che è generale, di alcune cose si possa anche decidere di parlare più avanti.
Perché, se Karl Marx diceva che la religione è l'oppio dei popoli, la discussione politica è diventata lo strumento per narcotizzare la gente, per darle argomenti su cui riflettere e filosofeggiare mentre le emergenze sono ben altre.

Piuttosto che parlare delle avventate esternazioni di un politico e di un diritto di nascita di cui non s'avverte certo l'impellenza per cui mobilitare immediatamente il parlamento, sarebbe forse il caso di impegnare tutte le forze politiche per dare al Paese veri strumenti per combattere le conseguenze degli stravolgimenti che sta subendo il clima. Gli incendi, che stanno divorando ampie porzioni d'Italia, sono devastanti e non solo perché gran parte di essi sono dolosi, quanto perché il Paese non ha potuto dotarsi di una macchina di interventi d'urgenza capace di bloccare le fiamme al loro primo manifestarsi e non quando già dilagano.
Si potrà dire che abbiamo un'ottima Protezione civile, ma proprio quanto sta accadendo dimostra, purtroppo, che al di là dell'eroica abnegazione dei suoi uomini, ci sono limiti operativi che l'attuale sua strutturazione non consente di superare.

Oggi - chi non vive direttamente il dramma degli incendi - vede il televisione le fiamme divorare i nostri boschi e aggredire case e fattorie. Ma domani, quando degli incendi resteranno solo brulle distese di terra bruciata, tutto sarà accantonato in quegli angoli della memoria che custodiscono i pericoli corsi dagli altri. Ed invece bisogna sapere che per ricostituire quelle aree boschive finite in cenere ci vorranno molti anni, forse decenni.

Invece se chiedersi se Durigon abbia la percezione di quello che è stato veramente il Ventennio e se Letta abbia capito quello che oggi (non domani o dopodomani) serve all'Italia, sarebbe il caso di interrogarsi se invece, davanti a situazioni emergenziali che però ormai si ripetono a cadenza ciclica, non sia urgente pensare a rafforzare l'organico e le dotazioni tecniche (la preparazione è altissima) dei nostri Vigili del Fuoco, di cui spesso ci si dimentica; se non sia il caso di capire se l'attuale flotta di mezzi aerei sia sufficiente ad affrontare incendi sempre più vasti, sempre più devastanti. Sino qualche decennio fa in agosto la politica si fermava, mentre le città si svuotavano e la gente andava in vacanza. Ora questo non accade perché la politica tiene sempre banco, ma per interessarsi di sé stessa e non delle necessità del Paese.
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