Caso Durigon: l'ennesimo ostacolo per Mario Draghi

- di: Diego Minuti
 
La vicenda che vede protagonista il sottosegretario (leghista) Claudio Durigon, per l'improvvida, quanto da lui non ridimensionata uscita sulla denominazione di un parco comunale di Latina (sua città d'origine, nonché suo bacino elettorale) alimenta, ancora di più, se ce ne fosse bisogno, i timori sulla tenuta della maggioranza.
Che è cosa ben diversa dalla tenuta del governo, che solo il nome di Mario Draghi - un magico collante - riesce a tenere unito.

Ma sono proprio le reazioni alla genialata di Durigon a confermare che questo sembra ormai un esecutivo di scopo, senza una base ideologica comune e nemmeno obiettivi condivisi, visto che il leader della Lega, Matteo Salvini, continua nella sua inesorabile azione di demolizione nei confronti di chi - meglio se ministro - più gli serve per rilanciare la sua immagine, a dire il vero leggermente appannata. Una strategia che appare abbastanza chiara, ma che sembra logorare la compattezza del governo, in evidente imbarazzo sulla vicenda del sottosegretario, sulla quale Mario Draghi si è imposto il vincolo del silenzio, anche se non si sa sino a quando.
Durigon, riassumiamo per chi non conoscesse la sua sconcertante visione della Storia, ha chiesto che il parco comunale dal 2017 intitolato ai giudici Falcone e Borsellino torni alla denominazione - cancellata nel 1943 - che celebrava il fratello di Mussolini, Arnaldo, di cui oggi una certa destra cerca una piccola riabilitazione, presentandolo come il ''buono'' della famiglia rispetto all'ingombrante memoria del Duce.

Una storia singolare in termini assoluti, ma che lo diventa ancora di più per un paio di argomenti che forse a Durigon (e ai suoi sostenitori) appaiono marginali, ma che forse tali non sono. Come il fatto che esiste ancora nel nostro ordinamento il reato di apologia del fascismo, come magari qualche magistrato potrebbe inquadrare la richiesta di intitolare un luogo pubblico al fratello di qualcuno che forse col fascismo qualcosa ha avuto a che fare.
Oppure che, magari a sua insaputa, Durigon fa parte di un governo e, quando parla, non può per definizione farlo a titolo personale. Ma evidentemente questo non fa indietreggiare d'un passo Salvini nel giudizio entusiastico sul ''suo'' sottosegretario, definito semplicemente ''bravissimo''.
Ma qui non si parla di quel che fa Durigon per le deleghe che gli sono state assegnate, ma del fatto di non considerare che la Storia (non la sua) non si può cancellare, magari nel tentativo di raccattare i voti di nostalgici dell'Italia in camicia nera.

Quanto tempo è passato da quando Umberto Bossi si scagliava contro i fascisti. Sarebbe interessante sapere cosa il senatur pensa di questa storia e come si sarebbe comportato se uno dei suoi avesse celebrato il fascismo (perché, diciamolo chiaramente, intitolare un parco al fratello di Mussolini questo sarebbe).
Quello che appare evidente è che le parole di Durigon hanno messo in grande imbarazzo Salvini, cui certo non va giù di doversi schierare a difesa di chi, per imprudenza, superficialità o arroganza, ha detto uno sfondone storico che mai può essere perdonato ad un esponente del governo.

Peraltro, non è che la Lega abbia fatto scendere in campo i suoi maggiorenti per difendere il sottosegretario, che resta molto stimato dal suo segretario, non fosse altro per essere un grande collettore di voti nel basso tirreno laziale. Ma questa è una logica elettorale. Poi ci sono la Storia e la dignità di un governo e di un parlamento.
Mentre Salvini tesse le lodi del sottosegretario, si fa sempre più consistente la pattuglia di quelli che chiedono che Durigon si dimetta. Oggi questa è solo una ipotesi, anche se un forte appoggio ad una mozione di sfiducia di certo lo metterebbe in una posizione molto delicata, anche perché anche in passato Durigon ha parlato un po' troppo a ruota libera. Fanfaronate, forse, ma che dipingono un personaggio che sembra vivere il suo ruolo con troppa disinvoltura.
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