Draghi e il Quirinale: un passo in avanti, uno di lato

- di: Diego Minuti
 
Che Draghi - ad eccezione di qualche giornale (uno) che non gli perdona affatto d'avere sostituito Giuseppe Conte - goda di ampia stima è abbastanza evidente. Una stima che nemmeno le proteste (spesso scomposte e strumentalizzate) da parte di chi ha qualcosa da eccepire sulle misure adottate contro il Covid-19 sembrano scalfire. Quindi, il problema che la classe politica, di maggioranza ed opposizione, si trova davanti è cosa ''farsene'' di Mario Draghi, posto che il presidente del consiglio sta diventando sempre più ingombrante, ma in senso positivo.

La figura di Mario Draghi sta diventando sempre più "ingombrante" a livello politico

Non siamo nella testa del premier e quindi dobbiamo limitarci a ricordare che lui, in più occasioni, si è schermito davanti a chi gli chiedeva lumi sul suo futuro, limitandosi a ribadire il rispetto verso Sergio Mattarella e, di contro, la necessità di riempire di fatti concreti un bellissimo involucro di progetti e speranze quale è il Piano nazionale di ripresa e resilienza.
Però (di questi tempi c'è sempre un ''però'') le parole spese, in queste ore, nelle due Camere, in vista del prossimo Consiglio europeo, hanno inserito alcuni ulteriori elementi di riflessione, alla luce anche del fatto che Senato e Camera hanno approvato con grandi numeri la risoluzione di maggioranza, dopo l'intervento di Draghi che, questa volta, è apparso molto più politico del solito, facendo capire che le posizioni del governo sono ben chiare e compatte su argomenti importanti, quali l'andamento della campagna vaccinale, il processo di digitalizzazione del Paese, il rapporto con l'Unione europea.

Temi che il primo ministro ha affrontato puntigliosamente e ottenendo su di essi un semiplebiscito d'aula.
Allora forse è il caso di chiedersi cosa questa situazione può determinare a seconda degli scenari, con vista sul Quirinale, che si stanno delineando. L'intervento di Draghi questa volta è sembrato qualcosa di più (e forse meglio) di una semplice comunicazione, perché ha tracciato un percorso ben definito che il governo dovrà percorrere, chiunque lo guidi.
Il forte appoggio dell'aula alle parole di Draghi ha mostrato che la coalizione di governo - se non si considerano le fibrillazioni nella Lega e nei Cinque stelle - è convinta del lavoro di Draghi, rinnovandogli la fiducia. E allora poniamoci una domanda: nel caso in cui Draghi dovesse accettare, perché sommerso dagli inviti, di lasciare palazzo Chigi per il Quirinale, chi gli succedesse alla guida del governo potrebbe mai non adeguarsi alla Magna charta draghiana, col rischio di inimicarsi il presidente della repubblica prossimo venturo?

Fantascienza politica, certo, ma il consenso nella maggioranza che circonda l'operato di Draghi in generale (anche se magari su alcuni argomenti qualcuno ha da ridire) appare come una fortezza, ma anche un recinto che rischia di comprimere gli spazi d'azione di un presidente del consiglio chiamato a subentrare a 'Supermario'.
Insomma, se dovesse decidere di restare al suo posto (quello attuale) Draghi può andare spedito, visto che nessuno nella maggioranza sembra volergli fare ombra. Ma se dovesse accettare di spostarsi d'ufficio, chi prenderà il suo posto dovrà tenere conto del Pnrr e relativo corollario e anche del fatto che spetterà all'autore del Piano apporre la sua firma su eventuali modifiche.
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