Se Corona merita i domiciliari, quanti come lui continuano a restare in carcere?

- di: Diego Minuti
 
Brutta cosa amministrare giustizia. Perché ogni decisione che viene presa rischia di essere male interpretata o, peggio, strumentalizzata. Quindi il massimo rispetto per le persone nelle cui mani il cittadino pone il suo destino, tremando come i quaccheri al cospetto di Dio. Ma ci sono comportamenti di magistrati che stentiamo a riconoscere come frutto di quel senso di equilibrio al quale dovrebbero informare ogni loro azione.

Prendiamo l'ultimo caso, quello di Fabrizio Corona che, dopo avere mobilitato i tanti amici che ancora ha nel mondo della tv e, più in generale dei media, ha evidentemente convinto il giudice di sorveglianza ad accordargli il privilegio della detenzione domiciliare riconoscendolo affetto da qualche patologia che lo rende incompatibile con quella in carcere. Tale decisione è venuta dopo una campagna mediatica portata avanti da Corona e dal suo entourage in cui all'Italia non è stato fatto mancare proprio nulla: bizzarri tentativi di suicidio, attuati con graffietti sulle braccia, simili a quelli che non fanno piangere nemmeno un bimbo che, cadendo, si sbuccia un ginocchio; immagini truculenti del volto insanguinato di Corona (che non è più certo quello di un tempo, in cui trasudava bellezza, per la rabbia della maggioranza degli uomini); annunci di scioperi della fame e di suicidi. Il tutto condito da una azione mediatica parallela affidata alla madre - cui deve andare il massimo rispetto per il dolore che sopporta a causa del figlio - che ha fatto il giro delle trasmissioni televisive che vivono per alimentare la morbosità della gente che ha nella tv la sola campagna.

Il combinato composto del bad boy e della madre dolente e in lacrime ha evidentemente raggiunto l'obiettivo e Fabrizio Corona è tornato a casa, dove la mamma lo aspettava.
Un percorso di riabilitazione dovrebbe ora aspettare Corona che però, caratterialmente e per sua stessa ammissione, non riesce ad accettare regole. Ma il giudice gli ha concesso fiducia.
C'è però da farsi qualche domanda che riguarda la omogeneità delle decisioni dei magistrati, la loro coerenza, il metro di giudizio che dovrebbe essere coerente. Già, ma come la mettiamo con il pregresso penale di Corona? Con la sua sfrontatezza, il suo narcisismo? Con le tante condanne penali passate in giudicato (e quindi da scontare)? Con la sua (pur breve) latitanza)? Con l'uso delle strumento televisivo per accusare, insultare, minacciare?
Ma qui non stiamo parlando solo di Fabrizio Corona e dei suoi tormenti, dai quali speriamo esca presto, ma dei tanti detenuti italiani che non hanno ricevuto le medesime attenzioni da parte dei magistrati.

Le vicende di Corona - che entra ed esce dalle carceri, dalle cliniche, dalle comunità senza mai dare un segnale di ravvedimento - riguardano solo lui e chi ne decide la sorte.
Ma la stessa attenzione riservata a lui viene fatta valere anche per altri? È questo il punto: se Corona non sapesse scatenare il battage a suo favore ogni volta che finisce nei guai, avrebbe dovuto scontare per intero la somma delle condanne che gli sono state inflitte, fatti salvi i benefici previsti dalla legge. Siamo sicuri che, tra i detenuti italiani, non ce ne siano che hanno la stessa sua condizione e continuano invece a languire in carcere?
Ieri, per raccontarci le prime ore di domiciliari di Corona, la Rai gli ha mandato sotto casa una troupe con tanto di inviato. Per la serie: ma chi se ne frega. Ed invece, la televisione di Stato, che dovrebbe avere anche un fine sociale, educativo, tra le tante amenità che ci somministra (tra bambine rapite, mariti omicidi, mogli assassine...), ci ha riservato anche le informazioni sul Silvio Pellico di Milano.
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