Il caos calmo della politica, dove nulla è come appare
- di: Diego Minuti
A guardare lo spettacolo che, ogni giorno, offre la politica italiana si resta indecisi se qualificarlo come una commedia o un dramma. Della prima ci sono tutti gli elementi: le sorprese, gli scambi di persona, i tempi comici, l'assurdo; del secondo tutto il resto, a partire dal fatto che chi se ne rende protagonista sembra non rendersi conto di come il Paese corra ancora su uno strettissimo sentiero entro il quale andare avanti con attenzione, pena una crisi irreversibile.
E non c'è un settore della politica che esca indenne da questa fase che non è deflagrata disastrosamente per il governo solo per il prestigio personale di Mario Draghi, che fa da collante (ma sino a quando?) ad una coalizione di maggioranza raccogliticcia dove, piuttosto che pensare alla drammaticità dell'oggi, si lavora solo per il proprio domani.
Il centrodestra, più che ad ''House of cards'', fa pensare a ''Il Trono di spade'', con il solo aspetto positivo che le casate nobili che si danno battaglia per il potere sono poche, tre/quattro, anche se a rischio immanente di frazionamenti e scissioni.
Riflettiamo su quanto sta accadendo sull'opportunità di creare nel centrodestra un unico soggetto politico, in modo di avere più forza, non solo numerica.
Alla proposta di Matteo Salvini di costituire una federazione, Silvio Berlusconi rilancia con il partito unico, al quale il segretario della Lega è costretto a dire no, per non inimicarsi quella consistente fetta della sua formazione politica, molto legata alle tematiche del territorio e che ritiene il sovranismo un punto irrinunciabile di qualsiasi programma. Il tutto mentre Giorgia Meloni, sulle ali dell'entusiasmo per i sondaggi che danno lei e i Fratelli d'Italia in crescita costante, si gode lo spettacolo, aspettando solo di spartirsi le spoglie dei perdenti. D'altra parte, come darle torto, davanti a ping-pong di proposte e controproposte di chi dovrebbe essere suo alleato?
Poi ci sarebbe Coraggio Italia, del duo Toti-Brugnaro che, per il fatto stesso di esistere ai danni e a dispetto di Forza Italia, Berlusconi non vuole accreditare del ruolo di interlocutore. D'altra parte, a rendere il quadro un enigma ci sono anche le frizioni in seno a Forza Italia dove una importante parte della nomenklatura del partito (a cominciare dai ministri Mara Carfagna, Mariastella Gelmini e Renato Brunetta) proprio non ci sta a morire leghista. Perché, a essere razionali, è ben difficile pensare che Forza Italia (con un peso politico ormai ridotto al lumicino, sebbene - si dice tra i forzisti - in crescita) possa condizionare la Lega, che alla fine fagociterebbe l'alleato, sia in caso di federazione che di partito unico.
Il Pd non sta meglio, anche se un sondaggio (su cui qualcuno ha storto il naso, sospettandolo di troppa accondiscendenza verso il partito) lo segnala, per la prima volta da anni, avanti a tutti, in termini di intenzioni di voto. Il partito sembra vivere una stagione contraddittoria in cui il vertice - Letta - disquisisce dei massimi, ancorché nobili, temi morali, mentre il territorio si sente abbandonato a sé stesso, quasi che le incombenti amministrative non interessino a nessuno. La ricerca spasmodica di un accordo elettorale con i Cinque Stelle, per una parte non residuale del Pd, rischia di tradursi in un abbraccio mortale, rivendicando una memoria politica che i grillini potrebbero solo danneggiare, visto il caos in cui essi stessi vivono.
Ma i Cinque Stelle sono così: prendere o lasciare. E poco importano le sorprendenti uscite pubbliche della loro Stella polare, Beppe Grillo, diviso tra le sue scelte anti-Nato, le intemerate a difesa della Cina e di come essa gestisca il problema del rispetto dei diritti umani. Poi ci sono le vicende del figlio, che nulla c'entrano con la politica, ma che lui, Grillo, ha voluto tirare dentro, con lo sconcertante video in cui ha difeso il rampollo di casa facendo di quest'ultimo la vittima e la ragazza che lo accusa qualcuno in cerca di emozioni sessuali forti ancorché promiscue.
Si dirà, e Giuseppe Conte?
L'ex premier è alle prese con l'immediata necessità di accreditarsi nei confronti del Movimento come il solo capace di mettere ordine nei 5S. Ma è ben difficile dovendo compendiare il suo impegno con lo spappolamento del nucleo originario del partito dove, tra defezioni, espulsioni, abiure ed apostasie, non è che siano rimasti in molti. Quelli rimasti sono sono alle prese con interrogativi fondamentali per il loro futuro, come quello del doppio mandato che, cardine del codice morale del movimento degli albori, oggi perde via via di forza, anche perché, se venisse mantenuto come vincolo, i maggiorenti grillini di oggi domani sarebbero costretti a rientrare nella vita precedente. E sono tanti e famosi a rischiare di tornare alle loro vecchie occupazioni, chi come perito liquidatore, chi come operatore di call center, chi...
Poi c'è un ultimo, piccolissimo problema: Beppe Grillo e il suo ruolo. Conte dovrà trovare un modo per disinnescare l'ex comico le cui ingombranti sortite spesso mettono a rischio ogni ipotesi di alleanze.