Afghanistan: Biden a un bivio, pragmatismo o lealtà verso il Paese?

- di: Diego Minuti
 
A Joe Biden, nel giro di pochi giorni, è toccato andare per la terza volta in televisione per tentare di spiegare quello che è sotto gli occhi di tutti, la debacle americana nell'abbandono dell'Afghanistan ad un destino che era segnato da molto tempi. Nel momento peggiore della sua ancor giovane presidenza, Biden è stato costretto ad ammettere che gli Stati Uniti devono ora affrontare le conseguenze di una cervellotica strategia - politica e militare - di uscita da un Paese che ha da decenni perso l'unico bene di un popolo, la libertà. Il vanto che gli afghani fanno del non essere stati mai sconfitti militarmente a casa loro è una ben misera consolazione, che nasconde, sotto il tappeto dello Storia, un Paese frammentato, che poggia su un sistema tribale dentro il quale si possono agitare, indistintamente, i sostenitori dell'islam estremo, armato e repressivo e quelli che credono che uno sviluppo, quale che esso sia, debba passare per principi elementari di democrazia.

Un concetto che non esisteva nemmeno in occasione degli ultimi governi, legittimati solo dalla presenza dei soldati della Coalizione, ma privi del consenso popolare, di un popolo consapevole che il vero ed unico regnante era e resterà la corruzione.
Ma questo non cancella le colpe degli Stati Uniti, che sono tali nell'ultima fase delle vicende afghane, perché lasciare il Paese senza avere organizzato la ritirata è il peggiore errore in cui può incorrere un generale che non riesce a vincere sul campo. Lo testimoniano le cronache di guerre e battaglie in cui a determinare il maggiore numero di perdite non sono stati esclusivamente gli scontri, quanto il fatto che la fuga o la ritirata si sono ridotte ad un ''libera tutti'', girando le spalle al nemico e diventando bersaglio. Questo non è accaduto a Kabul, ma l'immagine degli arsenali lasciati nelle mani dei taliban sono sconcertanti. Possibile che nessun ufficiale abbia pensato a rendere inutilizzabili armi e munizioni, a fare saltare in aria gli elicotteri ora nella disponibilità degli 'studenti coranici'? Possibile che nessuno abbia ricordato vecchi film di guerra, quando gli artiglieri in fuga tappavano con zolle di terra le bocche di loro cannoni, sparando un colpo e rendendoli così inutilizzabili?

Impreparazione, ma non solo, non perché gli Stati Uniti in divisa siano veramente l'armata Brancaleone che hanno mostrato a Kabul, ma per il semplice motivo che da decenni ormai gli americani sono stufi di guerre che conducono, ma che non li riguardano se non come reazione al terrorismo. Non è un sentimento recente, questo, perché anche in occasione delle due guerre mondiali gli Stati Uniti si sono fatti coinvolgere quasi per inerzia, spesso vincendo fortissime resistenze legate anche a motivi ideologici (pur se resta 'fantapolitica', basta leggere ''Il complotto contro l'America'' di Philip Roth per capire il clima nel Paese alla vigilia dell'inizio della guerra).

Tra Corea, Vietnam e altre guerre 'delegate', l'America si è sempre barcamenata tra spinte isolazioniste e il ruolo di sentinella della democrazia di cui non è mai stata completamente convinta. Ma una volta preso in mano il fucile, bisogna pur sparare. E i colpi sparati dai generali americani in Afghanistan, nelle ore della fuga, erano clamorosamente a salve.
Ora Joe Biden è davanti ad un bivio, delicatissimo, di scelte. La più scontata è quella di fare ingoiare l'amara pillola della vergogna dicendo che, comunque, ha riportato a casa i ragazzi americani. Ma per farlo deve appellarsi ad uno spirito di riconoscenza verso di lui che, c'è da riconoscerlo, s'è giocato mostrando, davanti alle telecamere, il volto di un vecchio saggio, preoccupato per i nipotini, e non di un presidente.

L'altra possibile opzione è la più improbabile, anche per lui che è 'commander in chief' della macchina bellica americana, potrebbe essere quella di fare chiarezza sull'accaduto, anche a costo di mandare davanti ad una commissione generali a tre o quattro stelle e burocrati realmente responsabili del disastro. Un gesto che sarebbe di grandissimo coraggio. Ma il coraggio non lo si acquista o lo si eredita entrando in un ufficio magari di forma ovale. Fare capire al popolo americano (gli alleati invece lo sanno benissimo) chi ha colpe darebbe a Biden la statura di un grande presidente.
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