Afghanistan: di cosa l'America deve oggi avere paura
- di: Diego Minuti
Non bastano, per quanto forse realmente sincere, le lacrime di Joe Biden per mascherare una sconfitta militare che mai l'America pensava di dovere subire più dopo l'ignominiosa fuga da Saigon. Lacrime, ripetiamo, forse sincere, ma che certificano, nell'evidente prostrazione e commozione dell'uomo, l'inadeguatezza di una Amministrazione che non ha saputo cogliere la gravità del momento, facendosi trovare preparata. Invece, dovendo approntare una evacuazione di massa in quello che è diventato un territorio ostile o addirittura nemico, gli Stati Uniti hanno mostrato una approssimazione che non dovrebbe trovare albergo in una struttura militare che può mettere in campo non soltanto una spaventosa potenza di fuoco, ma anche strutture logistiche e di intelligence in grado di portare molto vicino allo zero la possibilità di subire attacchi devastanti. Come è stato quello di ieri nell'aeroporto di Kabul, che ha accomunato nella morte, oltre all'attentatore suicida, anche molti marines e decine e decine di civili, incapaci di accettare che per loro le porte dell'Occidente, e quindi della salvezza, sono irrimediabilmente chiuse.
La lacrime di Biden, davanti alle telecamere e quindi all'intero Paese, sono una piccola coperta con cui si tenta di coprire colpe che sono, contestualmente, politiche e militari, e non sappiamo quali siano le più gravi. Oggi Donald Trump chiede le dimissioni del suo successore, addebitandogli ogni colpa, come è scontato fare in politica, dove le responsabilità di qualcosa di negativo sono sempre di altri. Ma l'opportunismo politico di Trump balza evidente perché cerca di cancellare, con il sangue delle vittime, il semplice fatto che l'abbandono dell'Afghanistan da parte dei soldati americani è stato deciso da lui. Perfezionato da Biden, ma è stato Trump ad avviare contatti, trattative, trame. Oggi, con perfido tempismo, Trump dice tutto il male possibile di chi lo ha sloggiato dalla Casa Bianca, dimenticando (o volendo dare ad intendere d'avere dimenticato) le sue responsabilità.
Gli Stati Uniti di oggi sono costretti ad aggiornare la statistica dei morti in Afghanistan quando pensava di averla definitivamente chiusa ed è questo che l'America non può perdonare a Biden, che ora si trova a doversi confrontare con problemi sul campo (perché una risposta all'attentato di ieri è inevitabile) e anche politici, perché anche in seno ai Democratici le sue scelte non sono state accettate da tutti. Forse sono state capite - in campagna elettorale aveva promesso che avrebbe riportato a casa i soldati dispiegati in Afghanistan -, ma non accettate per il modo con cui sono state attuate, dando in mano ad incapaci la responsabilità di un ponte aereo reso urgente dal crollo dell'esercito di Kabul davanti ai taliban.
Dire ''non perdoneremo, non dimenticheremo, vi daremo la caccia'' quando ancora non è stato lavato il sangue che macchia la strada verso l'aeroporto di Kabul sembra una affermazione efficace, ma solo se non si tiene conto che la Casa Bianca ha il suo staff di spin doctors pagati proprio per trovare le frasi migliori per fare calare una cortina fumogena davanti alla verità. Gli americani - per la loro natura - non riescono ad assuefarsi all'idea di fare delle guerre in nome del principio universale della democrazia, ritenendo la loro bastevole. Ma lo schiaffo di vedere dei marines morti quando ufficialmente le ostilità sono chiuse è una cosa che non dimenticheranno facilmente. Ecco quindi che l'Amministrazione deve prendere coscienza di avere provocato al Paese uno shock emozionale che era certamente inatteso e che supera il conforto di vedere rientrare i propri ragazzi da una una di guerra.
Ma le lacrime di Biden sono anche il sintomo della debolezza di un gruppo di potere che si è dimostrato inadeguato, facendo prevalere l'interesse per la politica interna a quella dell'immagine degli Stati Uniti nel mondo. Chi si fiderà di loro come prima dopo la mattanza di Kabul? Chi crederà alle loro parole quando assicureranno pace e prosperità, se sono scappati da Kabul, come i Keystone Cops, gli imbranati poliziotti del cinema muto che, negli anni 10 del secolo scorso, facevano sbellicare gli americani?
Ecco, è forse questo che deve incutere paura all'America, essere tornata ad essere - per manifesta incapacità - un bersaglio. E chi mai può escludere che possa esserlo anche a casa sua?