Continental Italia, l'Ad De Martino: "La sfida più difficile è investire su tecnologie nuove e prodotti innovativi"

- di: Redazione
 
La sicurezza sulla strada, gli effetti della pandemia da Covid-19 sull’Industry dell’Automotive e sui comportamenti dei consumatori, i cambiamenti in atto e le prospettive nel campo della mobilità, con le ricadute nel settore degli pneumatici e più in generale nel ‘safety’. Questo e molto altro nel faccia a faccia con Alessandro De Martino, Ad del Gruppo Continental Italia.

Viviamo in un periodo di grandi cambiamenti, di cui probabilmente abbiamo assaggiato solo l’inizio. Dott. De Martino, in generale, ma anche più specificatamente in relazione all’attività del Gruppo Continental nel campo della mobilità sicura, efficiente nei costi ed ecocompatibile, quali sono a suo parere le questioni su cui focalizzare l’attenzione?
"Ci sono diversi elementi sui quali focalizzarci. Uno di questi è sicuramente il tema ambientale. In Italia muoiono ogni anno (prima del Covid) precocemente circa 80mila persone per problemi respiratori, segno evidente che il problema c’era anche prima e permane tutt’ora, specialmente in Pianura Padana. Vi è poi il tema della sicurezza: il Covid ha provocato più di 1 milione e 900mila vittime nel mondo (il dato si aggiorna quotidianamente, purtroppo), ma ogni anno registriamo anche 1,2 milioni di vittime di incidenti sulla strada. Mettendo a confronto queste due dinamiche, la prima ha sicuramente un impatto e un’evidenza maggiore sul nostro quotidiano, l’altra purtroppo passa quasi in secondo piano. Terzo elemento è lo sviluppo del mondo Automotive e della tecnologia ad esso collegata. Nel mondo della tecnologia ci sono svolte e cambiamenti continui, basti pensare al 5G senza il quale certi passaggi, ad esempio sulle auto a guida autonoma, non sarebbero possibili, oppure ai cospicui investimenti che registriamo sul mondo dell’elettrico, sulla spinta di quanto l’Unione Europea va decidendo in questi mesi".

A questo proposito, quale impatto sta avendo e avrà l’impegno della Commissione Ue sul fronte dell’ambiente per il settore dell’Automotive?
"L’UE continua a porre limiti alle emissioni di CO2 e questa politica sta ‘costringendo’ le case automobilistiche all’introduzione delle auto elettriche. Il Covid ha certamente accelerato certe dinamiche, ma questi temi erano già sul tavolo della discussione prima della pandemia, la quale ha inevitabilmente sollecitato o deviato alcuni comportamenti. Pensiamo, per esempio, all’uso dei mezzi pubblici".

In che senso ha deviato?
"A Milano, ad esempio, l’Amministrazione da anni ha incentivato l’uso delle biciclette, della metropolitana e del car sharing, ma in questi mesi abbiamo registrato un ritorno all’utilizzo dell’auto privata per i motivi sanitari ben noti".

Riguardo l’auto elettrica?
"Qui ci troviamo dinanzi a un contesto molto competitivo a livello di blocchi continentali: da una parte, infatti, abbiamo gli Stati Uniti con Tesla e dall’altra la Cina, che sta investendo prepotentemente anche in questo settore. Lo sforzo industriale a cui è chiamata in questo momento l’Europa è recuperare competitività sul piano dell’elettrico tramite degli investimenti che dovranno essere molto importanti. Rispetto a qualche anno fa, riscontriamo una variabile in più, ovvero una velocità del cambiamento mai registrata in precedenza. Oggi, per decidere un cambiamento, non si ragiona più in anni, bensì in mesi se non addirittura in settimane".

In questo contesto, lei ha affermato che occorre tenere conto anche del processo di urbanizzazione…

"Certamente, in particolare nel continente asiatico. In un contesto del genere il trasporto pubblico e quello privato diventano fondamentali. Le soluzioni che si stanno cercando servono per gestire la mobilità nelle città: in questo scenario, il ruolo del brand è un passaggio industriale fondamentale. Pensiamo, per esempio, ad alcune marche automobilistiche dalla storia centenaria, con caratterizzazioni e peculiarità ben precise, alcune più sportive, altre più sicure e via dicendo. Dal momento che un’auto diventa a tutti gli effetti un “centro dati su ruote”, il significato del brand va ripensato totalmente. Uno scenario che è tutto da definire".

In sostanza una sorta di rivoluzione, o di rivoluzioni, che il settore dell’Automotive è chiamato a compiere.
"Il ruolo del brand, come ho detto, è tutto da riscrivere e sviluppare. Per queste ragioni si parla sempre più di fusioni, in quanto ci sono ingenti investimenti da compiere per fronteggiare i cambiamenti in atto. Il ruolo della subfornitura, per esempio, sta cambiando completamente: in meno di 10 anni siamo passati da fornitori di componenti a fornitori di soluzioni. Questo significa prima di tutto molta più complessità e articolazione di contenuti (ad esempio non si vende più il solo tachigrafo, bensì un intero sistema di cruscotto con elettronica, plastica, connessione con altri sistemi e così via) e poi anche considerevoli modifiche all’interno dei processi organizzativi delle singole aziende. Pochissimi, infatti, hanno le competenze industriali per fare tutto e la logica della competizione collaborativa o della collaborazione competitiva a livello di rapporti industriali fra le aziende sta raggiungendo dei livelli mai visti in precedenza. Oggi tutti lavorano con tutti, perché è l’unico modo per sopravvivere a questa complessità di contenuti e soddisfare qualsiasi tipo di esigenza del consumatore".

Si tratta di una sfida enorme a cui sono chiamati diversi player.
"È una sfida molto affascinante e riteniamo che sia le case automobilistiche, sia i media debbano fare un grande sforzo di divulgazione per permettere alle persone di capire. Si parla troppo spesso di auto elettrica, ma poche persone hanno ben chiaro in che cosa consista l’esperienza di guidare un’auto del genere. Diventa, quindi, fondamentale la divulgazione e l’informazione, altrimenti il cliente rimane confuso".

Qual è il ruolo del Governo in questa direzione?
"Un ruolo fondamentale. Nei mesi in cui il Governo ha proposto degli incentivi abbiamo registrato immediatamente una reazione importante delle persone. Appena questi contributi sono terminati, la capacità dei privati di acquistare veicoli nuovi è drasticamente diminuita. Con una politica industriale mirata e seria, c’è la possibilità da parte dell’Italia e dell’Europa di incidere sulle scelte dei cittadini. Germania e Francia, ad esempio, stanno investendo tantissimo per innovare e produrre le batterie, che rappresentano una componente essenziale del veicolo elettrico e sono importanti anche in tema ambientale con il processo di smaltimento. L’Europa sta ponendo dei limiti molti forti sul ciclo ambientale delle batterie e questo, di conseguenza, potrebbe ridare competitività al ruolo del continente stesso in tal senso".

Come si colloca, davanti agli scenari che ha descritto, un Gruppo come Continental, che non solo è tra i primi leader mondiali nella produzione di pneumatici ma, più in generale, tra i primi fornitori del mondo nel campo della mobilità configurandosi come un partner industriale completo per l’Automotive?
"Continental nasce nel 1871, due terzi del fatturato sono dedicati alla componentistica di primo impianto nell’Automotive, mentre un quarto è dedicato agli pneumatici. Anche se la nostra azienda è conosciuta soprattutto per quest’ultimo segmento, siamo leader e protagonisti anche nel settore Automotive. Noi ci collochiamo al centro di questi processi di ricerca e sviluppo e riteniamo di aver acquisito una posizione competitiva molto forte. La sfida più difficile rimane investire tanto su tecnologie nuove e prodotti innovativi che devono ancora affermarsi sul mercato e trasformarsi, di conseguenza, in vendite di massa. Siamo fiduciosi di poter uscire da questa svolta tecnologica molto più forti e vincenti, anche perché siamo leader nell’abbinare ad esempio il contatto del veicolo con la strada (tramite gli pneumatici) con il sistema frenante che incide su questo contatto, che da un lato genera accelerazione e attrito sulla strada, dall’altro genera la frenata e quindi potenzialmente anche il recupero di energia, per non parlare della sinergia con la connessione col mondo esterno. Il nostro modo di stare in macchina cambia continuamente: l’attenzione si sposta dalla guida al rapporto con l’ambiente circostante, creando delle potenzialità molto interessanti anche dal punto di vista commerciale e di sicurezza. Le tecnologie oggi non mancano, la sfida è portare le persone ad apprezzarle".

Veicoli connessi, a guida autonoma ed elettrici. Qual è il vantaggio di far convivere tra loro le tre tecnologie?
"Unire questi aspetti permette di raggiungere risultati straordinari e noi stiamo lavorando in questa direzione. Pensiamo, ad esempio, a quello che potrebbe accadere con i mezzi di trasporto persone e merci. Continental rappresenta proprio la capacità di far coesistere tali elementi, non a caso siamo un interlocutore di primissimo livello con le case automobilistiche ed è sempre per questi motivi che si parla di cooperazione e competizione. Oggi produrre un cruscotto o un sistema di interazione con il mondo circostante significa essere in competizione e cooperazione con l’azienda che produce il telefono e soddisfare il consumatore che desidera vedere il proprio smartphone sul cruscotto della sua auto. Qui nasce poi anche un discorso inerente ai dati che il veicolo genera e che devono essere utilizzati, difesi e protetti dai sistemi di hackeraggio. Pensiamo ai veicoli privati, ma anche a quelli commerciali o ai camion: se possiamo evitare che una vettura abbia un guasto in mezzo alla strada, evitiamo di conseguenza problemi di sicurezza, costi e manutenzione. Stiamo esplorando tutte le potenzialità di queste tecnologie ed anche un processo di semplificazione di esse".

Sfide che comportano necessariamente risorse importanti in ricerca e sviluppo? Quanto investite in R&S all’anno?
"In ricerca e sviluppo investiamo mediamente tra il 6 ed il 7% del fatturato, che si aggira attualmente sui 44 miliardi. Questo processo ha delle ricadute sui sistemi industriali dei Paesi nei quali siamo presenti".

La pandemia da Covid-19 ha necessariamente cambiato le abitudini delle persone. Si tratta, a suo parere, di cambiamenti che resteranno anche dopo la pandemia?
"In una indagine dello scorso settembre, quindi prima della seconda ondata, l’83% delle persone dichiarava che avrebbe mantenuto le abitudini acquisite durante il primo lockdown anche nei tempi a venire. Adesso questo dato potrebbe essere cambiato (aspettiamo gli effetti del vaccino), ma ancora il 70% crede che queste abitudini che abbiamo acquisito dureranno ancora a lungo. Io in tal senso sono più ottimista e auspico un ritorno alla normalità il prima possibile, per poter di nuovo procedere sulla traiettoria e visione del mondo libero da Covid".

L'intervista in Pdf è visionabile qui.
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