La terra si muove sotto i piedi, la politica inciampa dietro. Ai Campi Flegrei il bradisismo non concede tregua: l’ultimo sciame sismico ha colpito duro, lasciando dietro di sé crepe, paura e un conto salato. Almeno 340 persone sono state costrette a lasciare le loro case, mentre 2.000 edifici restano sotto osservazione. Il governo annuncia il primo stanziamento da 100 milioni di euro per far fronte all’emergenza. Ma basterà?
Campi Flegrei, la terra trema e la politica rincorre: 340 sfollati, 2.000 edifici a rischio
Non è la prima volta che l’area flegrea fa i conti con il sollevamento del suolo, fenomeno che accompagna da sempre la vita di chi abita qui. Ma questa volta il pericolo si fa più concreto: negli ultimi mesi le scosse si sono fatte più frequenti e più forti, l’ultima di magnitudo 4.4 ha spaventato anche Napoli. Il terreno continua a sollevarsi, le case scricchiolano, e mentre gli esperti monitorano, la politica promette.
Il conto dell’inattività
Non è solo colpa della natura. Il rischio era noto, gli studi c’erano, i segnali pure. Ma il tempo per agire è stato divorato da inerzie, burocrazie e fondi male indirizzati. Lo ammette lo stesso ministro per la Protezione Civile, Nello Musumeci: “Il sisma-bonus non è stato ben utilizzato”. Tradotto, i soldi c’erano, ma non sempre sono finiti dove serviva davvero.
Il problema è sempre lo stesso: la prevenzione in Italia è una parola vuota, buona per i convegni, meno per i cantieri. In un territorio come quello flegreo, dove il rischio geologico è elevato e costante, gli interventi dovrebbero essere sistematici e pianificati con largo anticipo. Invece, ci si muove a scosse avvenute, in una rincorsa continua all’emergenza.
A Bagnoli, Pozzuoli, Agnano, i residenti osservano le lesioni allungarsi sui muri di casa. Alcuni sono stati evacuati, altri restano tra la paura e l’incertezza, con il timore di dover abbandonare tutto da un momento all’altro. Le ordinanze di sgombero aumentano, mentre le soluzioni abitative scarseggiano. Gli sfollati vengono sistemati alla meno peggio: chi può trova rifugio da parenti, altri sono costretti a soluzioni provvisorie, in attesa di risposte che tardano ad arrivare.
L’illusione della prevenzione
Per anni si è parlato di un piano di emergenza per i Campi Flegrei. Un’area che ospita mezzo milione di persone, costruita su una caldera attiva, dovrebbe essere tra le più monitorate e sicure d’Italia. Eppure, alla prova dei fatti, il piano di evacuazione è un’incognita: chi deve andarsene? Dove? Quando? Domande che restano sospese, mentre il territorio continua a muoversi.
Musumeci ha assicurato che il governo interverrà, ma non ha spiegato come e in che tempi. Intanto, la Protezione Civile cerca di gestire l’immediato: verifiche sugli edifici, assistenza agli sfollati, monitoraggio continuo dell’attività sismica. Ma la popolazione si sente sola.
A Pozzuoli si respira rabbia e frustrazione. Alcuni commercianti raccontano di clienti che hanno paura ad entrare nei negozi, temendo nuove scosse. Le scuole restano aperte, ma ogni vibrazione è un sussulto collettivo. Il timore più grande è che la situazione si aggravi ancora, che il suolo continui a sollevarsi e che il rischio diventi insostenibile.
Il rischio che resta
Gli esperti dell’INGV confermano che il fenomeno non è destinato a fermarsi presto. Le scosse potrebbero continuare, il suolo potrebbe sollevarsi ancora, mettendo ulteriormente a rischio le abitazioni già fragili. Ma il vero nodo resta la gestione di lungo periodo.
I 100 milioni stanziati dal governo sono un primo passo, ma rappresentano solo una toppa su un problema ben più ampio. Le amministrazioni locali chiedono piani concreti di messa in sicurezza e fondi strutturali per la riqualificazione del patrimonio edilizio. Senza interventi mirati e a lungo termine, il rischio è che tra qualche mese si riparta da capo, con nuove crepe, nuovi sfollati e nuovi fondi da inseguire in emergenza.
E mentre la politica discute, la terra continua a tremare.