La campagna elettorale è partita, all'insegna delle ambiguità
- di: Diego Minuti
Se il buongiorno si vede dal mattino, c'è da aspettarsi che la campagna elettorale appena cominciata sarà una delle più brutte degli ultimi decenni. Non che quelle precedenti ci abbiamo portato chissà cosa di buono, ma il livello di litigiosità che si sta toccando già in questa rischia di battere ogni record.
Certo ci sono delle cose che, se non facessero sbalordire in negativo, sono da ridere, veramente. Come la presunta (diciamo presunta perché manca di qualsiasi base, storica e sociologica, oltre che logica) polemica di Matteo Salvini che, in quel di Domodossola, ha lumeggiato l'esistenza di un piano subdolo e perverso per portare avanti nel Paese un inquinamento della distinzione di genere.
Parte la campagna elettorale in vista del voto di settembre
Per lui un chiaro segnale, una prova piuttosto che un indizio, è dato dal fatto che nelle scuole elementari l'appello si faccia citando gli scolari non per nome, ma - orrore e scandalo - per cognome. Ora non sappiamo quale scuola abbia frequentato Salvini, ma doveva essere molto particolare, perché il maestro o la maestra non solo ricordava i nomi di tutta la classe, quanto li citava nell'ordine alfabetico del cognome. A meno che Salvini non fosse l'unico allievo di un solo precettore.
Fermiamoci qui, in attesa della prossima perla che i nostri politici ci riserveranno. Gli schieramenti comunque non navigano in acque tranquille, dilaniati come sono da lotte e delimitazioni di perimetri che lasciano intendere che anche le alleanze ideologicamente (o per convenienza elettorale) più scontate potrebbero avere delle difficoltà a concretizzarsi.
Se il centro-sinistra o sinistra-centro è ancora alla ricerca di sé stesso in una corsa a dimostrarsi più bello dell'altro, a destra i problemi emergono con tale evidenza da fare pensare che qualsiasi composizione dei contrasti lascerà comunque musi lunghi.
Partendo dal fatto che, ad oggi, gli ultimi sondaggi danno Fratelli d'Italia nettamente come primo partito (oscillando tra un solido 23% ad un ipotizzato 25%), il fatto che Giorgia Meloni ambisca al ruolo di leader della coalizione, e quindi a candidata naturale a Palazzo Chigi, appare come scontato, giustificato, naturale, in fondo giusto.
Ma Silvio Berlusconi e Matteo Salvini, anche se non lo dicono chiaramente, non accettano l'automatismo che chi prende un voto più si candida alla presidenza del consiglio, considerando evidentemente Giorgia Meloni una variabile e non un elemento di certezza, come dovrebbe essere in considerazione del consolidato peso politico. Oggi comunque Matteo Salvini ha fatto delle importanti aperture di credito nei confronti della leader di Fratelli d'Italia, dicendo che chi prende più voti dovrà esprimere il candidato premier.
Di certo c'è che la partita vera nel centrodestra comincia ora perché apparrebbe strano che Forza Italia e Lega diano luce verde alle ambizioni di Giorgia Meloni senza farlo pesare quando si tratterà di definire il quadro dei candidati, dove ci sarà certamente lotta durissima per accaparrarsi i collegi sicuri, lasciando agli altri quelli incerti. Schermaglie oggi, ma che potrebbero tramutarsi in guerriglia nel momento della stretta finale, che deve passare per la redazione del programma comune al centrodestra dove i punti condivisi ci sono, ma che potrebbero nascondere insidie quando si tratterà di definirli e mettersi nero su bianco.