Calcio, Roberto Nava: "Stop all'invasione di calciatori stranieri, nuovi stadi e rispettare il tifoso-cliente"

- di: Redazione
 

Roberto Nava è nel mondo del calcio, da dirigente, da molti anni, nei quali ha acquisito una enorme esperienza (sia in Italia che all'estero) e, quindi, una conoscenza di ''uomini e cose'' che ha pochi eguali. In un momento in cui il movimento calcistico italiano mostra evidenti problemi, sia economici che di prospettive di crescita in termine di interesse anche al di fuori dei confini nazionali, Italia Informa ha rivolto a Roberto Nava delle domande per capire meglio quel che accade al nostro sport preferito.

Calcio, intervista a Roberto Nava

Tanti anni fa l'allora presidente del Coni, Giulio Onesti, definì i presidenti delle società di calcio ''ricchi e scemi''. Quand'è che, secondo lei, i presidenti da mecenati spendaccioni sono diventati tutti imprenditori, avendo come fine primario il guadagno?

Onesti vedeva lontano. L’ultimo presidente mecenate del calcio Italiano è stato a mio modo di vedere Massimo Moratti. Dopo il triplete ha dovuto giocoforza abbandonare per non rischiare di confondere il patrimonio personale con quello sociale….Nel calcio moderno i presidenti hanno subito la trasformazione da mecenati ad imprenditori da quando è cresciuto il potere dei procuratori e, conseguentemente, i dirigenti di calcio, da ruspanti e passionali, si sono riqualificati in manager veri e propri, in quanto hanno smesso di considerare il calcio come passione e lo hanno ridisegnato come un comunissimo business. E’ palese che, se il calcio viene considerato come un’azienda, il risultato economico deve essere per forza a cifre nere. Chiaramente pubblicità e sponsor hanno un ruolo importante nella creazione dell’utile aziendale, ma purtroppo tutto questo va a scapito del tifoso, che si vede tutti gli anni doversi confrontare con prezzi del biglietto a dir poco fuori portata.

Oggi tutti i responsabili delle società calcistiche si lamentano dei pochi soldi in giro e per questo chiedono che i diritti televisivi garantiscano maggiori introiti, peraltro mettendo sul piatto un campionato che, qualitativamente, ha finito di essere ''il più bello del mondo'', ma non è più nemmeno il secondo o terzo. Ha senso tutto questo?


No. Dal mio punto di vista non ha senso, perché il calcio Italiano, oggi come oggi, non è appetibile per le grandi piattaforme, anzi oserei definirlo noioso, fatto salvo per quelle poche partite di cartello. E’ palese che da qualche parte il denaro bisogna pur trovarlo, ma anche questo fabbisogno va a incidere sul tifoso o sull’appassionato, sotto forma di aumento del prezzo delle partite trasmesse non in chiaro. Poi si lamentano perché compaiono i 'pezzotti'. Ma è normale che un padre di famiglia sia attratto dal risparmio acquistando un prodotto illegale, perché le partite le vede ugualmente e magari con i soldi che risparmia può permettersi un’entrata allo stadio vero.

Prima la squadre si accapigliavano per aggiudicarsi i giocatori migliori. Ora lo fanno per ingaggiare direttori sportivi e direttori generali. Qual è, a suo giudizio, il valore aggiunto di un buon dirigente? Può, effettivamente, cambiare le sorti di una squadra?

Occorre prima precisare che in campo ci vanno i giocatori, che sono guidati da uno staff tecnico, che in caso di mancanza di risultati o di aspettative sottotono è il primo che paga il conto. Precisato questo bisogna porre una netta distinzione tra le figure citate nella domanda e precisamente: il Direttore Generale si occupa di dirigere la società e portare profitto, non necessariamente deve essere una figura che 'vede' i giocatori, ma deve essere abile nelle trattative di mercato. Mentre la figura del Direttore Sportivo a mio avviso è quella che fa la differenza, in quanto deve possedere un vasto bagaglio di conoscenze, perché purtroppo la volontà del giocatore è sempre meno importante di quella del suo procuratore. Oltre a questo deve intuire le potenzialità o e doti dei giocatori giocatori e suggerire ciò che manca, per caratteristiche tecniche, alla rosa a disposizione del mister. Tante volte il mister non viene nemmeno informato sul mercato e si ritrova ad allenare quello che gli viene messo a disposizione dalla società. Quanto citato è dimostrato dal miracolo Salernitana dello scorso anno, con Sabatini che ha costruito la squadra e l'allenatore Nicola che l’ha guidata in un’impresa d’altri tempi giocando pure un calcio piacevole. Comunque la risposta è si: un buon dirigente può cambiare le sorti di una squadra.

Se è vero che ''pecunia non olet'', non deve sorprendere che le più importanti società del calcio europeo - fatta eccezione per quelle che si basano su un azionariato popolare - sono in mano a grossi gruppi finanziari o a fondi sovrani. E' una situazione destinata a perpetuarsi o ci sarà un momento in cui questo fenomeno andrà a saturare il calcio, facendolo diventare solo business e non più passione?

È una situazione destinata a deflagrare, perché quando sia i fondi, che i grossi gruppi finanziari si accorgeranno che la presunta gallina dalle uova d’oro non ne produce più, la bolla finanziaria scoppierà con tutti i disastri economici del caso. Perché questa non è passione, ma solo business…citiamo ad esempio della situazione Gruppo Suning/Oaktree

La massa debitoria che grava su molte delle più importanti società è una evidenza che non può che indurre a forti preoccupazioni. I troppi debiti sono, per definizione, legati all'acquisto dei calciatori e ai loro stipendi. Ma c'è anche il problema della vetustà degli impianti e delle difficoltà burocratiche e ambientali a costruirne di nuovi, a differenza dell'estero dove chi vuole realizzare nuovi stadi non ha molti impedimenti. Ci sono soluzioni praticabili per questo problema?

Molto semplicemente, la smettiamo di acquistare campioni o presunti tali a cifre da capogiro e ritorniamo ai due stranieri in rosa. Lo Stato abolisce il decreto crescita, che è un grosso regalo, ma snellisca la burocrazia per la costruzione di nuovi impianti. Conseguentemente i presidenti e gli addetti ai lavori guarderanno con occhio interessato allo sviluppo dei settori giovanili, perché di piccoli campioni ne è piena la nazione, ma purtroppo non si investe abbastanza nel futuro dei giovani.
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