Attila Kiss spiega il "Miracolo" del Gruppo Florence

- di: Redazione
 
Un polo produttivo per l’abbigliamento di lusso che vuole essere il primo in Italia, destinato a servire i grandi marchi internazionali aggregando aziende familiari d’eccellenza, con storia e know-how riconosciuti. È il Gruppo Florence, nato lo scorso ottobre, che rappresenta la risposta italiana a clienti internazionali che chiedono tar-get di qualità, efficienza organizzativa e attenzione alla sostenibilità che solo le sinergie derivanti dalle aggregazioni possono garantire. Ne parliamo con il Ceo di Gruppo Florence, Attila Kiss.

Intervista al Ceo di Gruppo Florence, Attila Kiss

Il Gruppo Florence è nato lo scorso ottobre e intende essere il primo polo produttivo per l’abbigliamento di lusso in Italia. Un polo di produttori-terzisti della moda di lusso destinato a servire i grandi marchi internazionali. Il progetto di aggregare più aziende familiari del settore, ricche di storia e know-how, è partito in grande stile. Quali sono i punti di forza di questa iniziativa che ha fatto molto rumore? Quali le linee strategiche?
Siamo nati un anno fa e già copriamo quasi tutte le categorie di prodotto dell’abbigliamento che un brand può richiedere: dai capispalla agli abiti da sera, dalle gonne ai pantaloni, dalla pelle al jersey, dalle maglie alle sciarpe e foulard. L’obiettivo strategico era quello di coprire l’intera gamma. Ognuna di queste aziende è già leader per lo sviluppo tecnico e per la produzione nel proprio segmento di prodotto. Ma seguendo le nostre linee strategiche, arriveremo ad offrire anche servizi più sofisticati alla clientela. Infatti, la maggiore dimensione del gruppo ci permette di raggiungere l’eccellenza anche in ambiti dove un’impresa piccola da sola avrebbe fatto molto più fati-ca.

Tre le acquisizioni iniziali, tutte in Toscana, terra ricca di eccellenze nella moda: Giuntini Spa di Peccioli (Pisa), Ciemmeci Fashion Srl di Empoli (Firenze) e Mely’s Maglieria Srl di Arezzo. Una parterre iniziale a cui a giugno si sono aggiunti Manifatture Cesari (Città di Castello - jersey), Emmegi (Lecco- capispalla informale), poi a settembre Antica Valserchio (Garfagnana - sciarpe e foulard), e ad ottobre Metaphor (Carpi - maglieria). Quali le caratteristiche che deve avere un’azienda per entrare a far parte di Gruppo Florence? È vero che ricevete decine e decine di richieste di adesione da tutta Italia?
Sì, confermo che ci arrivano molte proposte e siamo lieti di confrontarci con tutti gli imprenditori. In particolare l’ingresso di questi ultimi imprenditori ha notevolmente arricchito la squadra. Ovviamente cerchiamo determinate caratteristiche: tutte le aziende che entrano nel Gruppo devono portare un valore aggiunto, non solo perché sono eccellenti nella ricerca e nello sviluppo del proprio prodotto di specialità, producono già per i marchi più prestigiosi, ma anche perché entrano solo imprenditori che vogliono lavorare in squadra.

Quali sono, per le imprese che entrano a fare parte dell’iniziativa, i benefici derivanti dalle sinergie che mette in moto il Gruppo Florence? Quale, in altre parole, il valore aggiunto che si genera? Lei ha affermato che “l’aggregazione di queste aziende tipicamente familiari garantisce solidità e continuità a un sistema di filiera che a oggi risul-ta ancora troppo fragile”.
Diamo il benvenuto ad imprenditori che sono aperti a passare i propri piccoli segreti agli altri del gruppo, ed altrettanto aperti ad imparare qualcosa dalle altre azien-de. Inoltre, la massa critica che stiamo raggiungendo ci permette di trovare delle efficienze e risparmi, come ci permette anche una maggiore managerializzazione. In questo modo diffondiamo nel gruppo tutte le best-practice che portano a piccole migliorie gestionali a ciascuno, di conseguenza eroghiamo migliori servizi ai clienti.
Un altro valore aggiunto di questa aggregazione è la maggiore stabilità finanziaria, la diminuzione del rischio di dipendenza da una specifica categoria prodotto o da un solo cliente.

Collegandoci alla domanda precedente, forse non è casuale che il Gruppo Florence sia nato in era Covid-19, in cui le imprese più resilienti si sono dimostrate quelle più strutturate, frutto di precedenti aggregazioni e ben inserite in filiere sinergiche. In altre parole, l’interesse che ha suscitato il progetto di Gruppo Florence tra le aziende del comparto deriva anche dalla presa di coscienza - in conseguenza degli effetti della pandemia - che senza aggregarsi si mette a rischio la salvaguardia del know-how tecnico-culturale delle aziende del made in Italy e quindi il futuro sostenibile per le Pmi familiari italiane?

In molti campi dell’economia la pandemia ha accelerato alcune tendenze già in atto. La pandemia ha decisamente accelerato la digitalizzazione, ha portato maggiore sensibilità agli aspetti sociali ed ambientali, ha favorito le aggregazioni. In generale ha messo in evidenza le debolezze ed ha permesso di cavalcare alcuni punti di forza.
Il nostro progetto in realtà nasce un anno prima della pandemia ed ha anche subito un ritardo a causa del lock-down, ma è vero che i nostri punti di forza come la gran-de stabilità, la maggiore capacità di investire in digitalizzazione, organizzazione, processi e sostenibilità è stata estremamente enfatizzata in un momento di grande difficoltà ed incertezza per molte aziende.
Al di là della pandemia, la nostra mission è assolutamente quella di salvaguardare il know-how delle aziende del Made in Italy, infatti iniziamo con un articolato progetto di investimento nella formazione.

Lei è un manager particolarmente esperto di catena di fornitura. Come sta procedendo il lavoro di aggregazione, quali sono i principali problemi che dovete affrontare e superare? Ci sono ritardi sulla tabella di marcia?
Ovviamente con queste aziende che erano già ben performanti prima di aggregarsi, non c’è da stravolgere molto. Generalmente funzionano molto bene, ma questo non significa che non ci siano sempre nuove sfide lanciate dai brand, che non si possa sofisticare ulteriormente i servizi che vogliamo offrire. Intanto all’ingresso di un’azienda in Gruppo Florence, il primo passo è sempre un allineamento dei vari sistemi contabili e poi anche quelli gestionali. In parallelo procediamo immediatamente con la verifica sulla sostenibilità sociale ed ambientale della nuova arrivata, e con alcune sinergie operative come la gestione della logistica, etc.
Poi arriva il momento che confrontiamo che come si gestisce i processi di ricerca, sviluppo prodotto, acquisti, programmazione della produzione o la qualità. Emergono sempre delle opportunità di miglioramento, se non altro perché il contesto intorno a noi cambia costantemente.

Alla fine del 2020, poco dopo la nascita del Gruppo Florence, aveva dichiarato che “l’anno prossimo ci concentreremo su pelletteria e calzatura”. Ci sono state modifiche rispetto a questa strategia? E conferma una previsione del fatturato 2021 tra 150 e 170 milioni di euro e circa 700 dipendenti?

La strategia non è cambiata, il 2021 è interamente dedicata all’abbigliamento di cui crescita poi continuerà anche nel 2022 sia con nuove adesioni che con il consolida-mento operativo delle aziende stesse. Confermo che il fatturato delle aziende che aderiscono al gruppo nell’arco di quest’anno, si prevede arrivi tra 150 e 170 milioni di euro. I dipendenti potrebbero anche superare i 1.000.
Abbiamo iniziato a dialogare con qualche azienda di pelletteria e calzatura, anche se al momento la priorità è completare e consolidare l’abbigliamento, dove ancora abbiamo molte idee da implementare. Il 2022 invece sarà l’anno dove inizieremo entrare anche nel segmento delle categorie come la pelletteria e calzatura.

“Siamo fortemente convinti – aveva affermato il Presidente di Gruppo Florence, Francesco Trapani, già Ceo di Bulgari - che il Gruppo possa oggi rappresentare una rispo-sta efficace alle esigenze delle case di moda che sono alla ricerca di qualità, efficienza organizzativa e attenzione alla sostenibilità”. Quale è stata in concreto la reazione dei grandi marchi internazionali? Come vedono la possibilità di lavorare con un polo produttivo integrato piuttosto che con le singole aziende?
I grandi gruppi sono piuttosto preoccupati della stabilità e del futuro della filiera italiana, che reputano sia eccellente, ma troppo fragile, inoltre al momento non vedono assicurato il futuro. Loro lavorano con chi gli fornisce i migliori servizi, e guardano con grande interesse il nostro progetto perché ne intuiscono i benefici in termini di stabi-lità, struttura e servizi. Chiaramente sta a noi a non deludere le loro aspettative o addirittura essere anche propositivi ed andare oltre.

Certamente ci saranno nuovi ingressi nel Gruppo, che hanno l’obiettivo dichiarato di ‘coprire l’intera gamma di categorie che compongono una tipica collezione di abbi-gliamento’. Può dirci se ce ne saranno nel 2021?
Stiamo ancora lavorando per coprire il segmento del denim e qualche altro segmento di nicchia. Ci sono diverse aziende di vera eccellenza che potrebbero entrare nel Gruppo anche per gestire bene e preparare il passaggio generazionale nella conduzione e dare una continuità alla vita dell’azienda. Inoltre, entreranno anche aziende che si occupano di lavorazioni intermedie, molto preziose per definire il valore dei capi in alcune categorie di prodotto.

Diversi brand a loro volta stanno investendo nella filiera produttiva. Il futuro di Gruppo Florence è quello di essere acquisito da uno dei grandi gruppi?
L’investimento dei grandi brand nella filiera produttiva ha diverse ragioni, ma sicuramente tra questi c’è la loro preoccupazione dalla frammentazione e fragilità della loro filiera e la consapevolezza che se vogliono ricevere servizi più sofisticati, allora la filiera deve essere maggiormente strutturata.
Noi con il nostro progetto, pur rimanendo indipendenti, abbiamo la possibilità di strutturarci ed offrire ai brand quello che cercano. Perciò non credo che possa interes-sare a nessuno dei gruppi acquisire Gruppo Florence perché non migliorerebbero i servizi, ma perderebbero la flessibilità, oltre a perdere una parte dell’attuale cliente-la.
Noi invece puntiamo ad essere quotati in borsa ed essere scelti come partner industriali per quello che saremo capaci di offrire, non perché siamo controllati da un gruppo.
Il progetto del Gruppo Florence prevede l’apertura di una sede a Milano per mettere a disposizione degli stilisti degli spazi e del supporto alla creatività. Ci sono novità su questo fronte?
Visto che siamo ancora nella fase iniziale del progetto, e tenuto conto delle limitazioni per effettuare i viaggi tra Parigi, Milano o Londra, abbiamo rinviato al 2022 l’apertura del nostro spazio a Milano, ma confermo che vorremmo offrire questo servizio. A volte può risultare più comodo un fitting a Milano, dove su richiesta del clien-te possiamo anche convogliare le modelliste o product manager delle varie aziende del Gruppo. Per questo scopo metteremo degli spazi a disposizione, dove i clienti possono lavorare con riservatezza.

Per lei è una nuova, importante sfida che presenta molti elementi di novità e apre nuove strade al mondo produttivo italiano del fashion di alta gamma. Come l’ha accol-ta e come la vive?
Sto seguendo il progetto con grandissimo entusiasmo ed ho in testa moltissime idee da realizzare per offrire sempre più valore aggiunto ai brand con cui lavoriamo. Cre-do che stiamo creando qualcosa che risulterà molto importante per i nostri clienti, per l’intera filiera e per chi ci lavora.
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