Il testo dell’articolo 112, contenuto nella bozza di Legge di Bilancio 2025, che prevede l’inserimento di un rappresentante del MEF negli organi di controllo delle società che ricevono contributi pubblici, anche indiretti, superiori a 100.000 euro, ha suscitato parecchio scalpore provocando un’alzata di scudi. Giovanni Natali, AD di 4AIM SICAF e presidente di Assonext, commenta: “E’ bene che io chiarisca quanto ho già detto al riguardo: ovvero, che è una follia. Ma è bene dare anche qualche spiegazione, per esempio col taglio delle società quotate. Per avere un posto in collegio sindacale di una società quotata col voto di lista che hanno tutte le società quotate su EGM e che noi rappresentiamo come Assonext, bisogna avere il 10% delle azioni. Se è vero, come è vero, che la capitalizzazione media delle società EGM è 35 milioni, vuol dire che per avere un posto in collegio sindacale bisogna investire 3 milioni e mezzo. Però almeno rappresenta gli azionisti di minoranza. Non è che lo Stato con 100 mila euro prende un posto in collegio sindacale e una Società, mi passi la battuta, di Avellino si ritrova un sindaco di Trento che non ha mai visto, che non sa chi è e che magari non conosce nulla della Società: il quadro è questo. Poi l'interesse che si vuole tutelare, mi pare di capire, è quello di verificare che chi riceve contributi pubblici li spenda bene e per questo basterebbe dire che le società quotate, in generale, quelle che ricevono contributi superiori a 100 mila euro, devono avere i bilanci certificati da una Società di Revisione. Non un rappresentante del governo, e dunque politico, che controlli i conti di una Società, magari quotata: questa è la sintesi del nostro pensiero.
Qual è il pericolo, a suo parere, di questa norma?
Il pericolo è che, prima cosa, non abbiano abbastanza sindaci, perché contributi per 100 mila euro li prenderanno, forse, centinaia di migliaia di società. E poi, chiaramente, è una lesione del mercato perché il collegio sindacale, che è un organo di garanzia e di controllo nei confronti del mercato e degli azionisti, è indipendente e sono tutti professionisti che devono essere iscritti al Registro dei revisori e dei dottori commercialisti. Perché il bisogno di una nomina politica? Almeno, fosse nominata dalla Banca d'Italia o dalla Consob: ma lo troverei comunque non corretto. Quando spieghiamo agli investitori esteri che abbiamo il collegio sindacale, già fanno fatica a capire di cosa si tratti, dato che esiste solo in Italia. Adesso dobbiamo anche informarli che, oltre ai rappresentanti delle minoranze, che mi sembra giusto, c'è un rappresentante del governo, perché magari faccio 50 milioni di fatturato, ho preso 100 mila euro di contributo e nel collegio sindacale entra qualcuno che non so chi sia e quali caratteristiche professionali abbia. È veramente pesante.
A suo parere, ci potrebbe essere un punto di incontro tra le istanze del governo e le esigenze degli imprenditori?
Sì, obbligare a certificare i bilanci che ricevono contributi pubblici. Avere i bilanci certificati: quindi si verifica che i soldi siano stati spesi bene e che i bilanci siano fatti bene. Ci sono le società di revisione apposta e quindi, obbligo di nominare la Società di revisione. L'intento, l'abbiamo capito, è spinto, ma è anche buono. A parte il fatto che 100 mila euro sulla piccola e media impresa della Val Seriana, per dire, che fa 10 milioni di fatturato pesano un tot, sulla multinazionale pesano niente: ed è per tutti 100 mila, mentre come primo suggerimento si potrebbero invece parametrare il fatturato, il patrimonio netto, i ricavi. Ma sicuramente non con una persona fisica in collegio, che è di nomina assembleare. E poi, per quanto tempo? No, non con questa via, quanto piuttosto seguendo la via della società di revisione, dell'obbligo della certificazione dei bilanci.
Quindi sarebbe una sorta di ingerenza troppo pesante da sostenere?
Troppo pesante: ci sono temi anche di privacy, di business. Oggi il collegio sindacale è nominato dall'assemblea ordinaria una volta ogni tre anni. Quindi l'azionista di maggioranza ne nomina tre, ne nomina due, e l'azionista di minoranza che ha il 10%, ne nomina uno. Ma stiamo parlando tra azionisti, non di nomina politica.
Qual è lo scenario che si prospetta?
Sappiamo già, da quando si è scatenata la bagarre, che lo modificheranno. Da ambienti romani è arrivato questo messaggio: la normativa sarà cambiata radicalmente, è evidente che è uscita male. Neanche volendo il Tesoro avrebbe personale a sufficienza per indicare rappresentanti in tutte le società che percepiscono questi importi.
In questa Finanziaria ci sono anche aspetti positivi?
Certo: è il famoso bonus quotazione del 50% delle spese fino a un milione, quindi 500 mila euro che veniva rifinanziato ogni anno. È stato confermato come legge costante per i prossimi tre anni. Questo va nella direzione giusta e lo abbiamo riconosciuto. Però quando fanno cose non buone dobbiamo avere il coraggio di dirglielo, perché io faccio, tra virgolette, il sindacalista di mestiere: il sindacalista che rappresenta le società quotate in Borsa. Anche il fondo dei fondi, ormai deliberato da Cassa Depositi e Prestiti, è molto positivo. Lo aspettavamo da anni, ormai è stato annunciato dal sottosegretario Freni al nostro Convegno del 24 maggio, nella Sala della Regina a Roma. È in dirittura d'arrivo e ci aspettiamo il regolamento attuativo entro la fine dell'anno