Arras, Bruxelles: l'Europa colpevolmente impreparata contro i ''cani sciolti'' del terrorismo islamico

- di: Redazione
 
Le vicende del docente di liceo ucciso in Francia da un giovane di origini cecene e quella della sparatoria in cui, ieri sera, a Bruxelles, sono stati assassinati a colpi di mitra due tifosi svedesi, ripropongono in termini drammaticamente attuali l'inadeguatezza del quadro di leggi di cui l'Europa si è dotata per i reati contro la persona e la sicurezza pubblica, che si è, ancora una volta, dimostrato inefficace quando a colpire sono terroristi spinti da estremismo religioso.
La realtà è, purtroppo, sotto gli occhi di tutti. Perché il giovane che ha sgozzato, ad Arras, un docente (che non era nemmeno il suo bersaglio, perché ad essere ucciso doveva essere un professore che insegna i dettami della civile convivenza tra persone), era conosciuto come un integralista islamico, così come il resto della sua famiglia, di cui l'autorità giudiziaria aveva decretato l'espulsione e il ritorno in Inguscezia. Ma il provvedimento era rimasto inapplicato per l'insorgere di associazioni di difesa dei diritti umani che, nell'espulsione, avevano visto una violazione dello status di richiedente asilo. Con il risultato che il ragazzo (così come i fratelli, indottrinati tutti dal padre) ha covato negli anni l'odio verso quell'Occidente che pure li aveva accolti, spalancando loro le porte della democrazia.

Arras, Bruxelles: l'Europa colpevolmente impreparata contro i ''cani sciolti'' del terrorismo islamico

E il copione, pur se con quale elemento di diversità, sembra lo stesso nella vicenda dell'immigrato irregolare tunisino che ieri sera, dopo avere inneggiato all'Islam prima e dopo l'attentato, ha assassinato due persone nonostante il fatto che le autorità belghe - che conoscevano benissimo la sua radicalizzazione - ne avevano disposto l'allontanamento dal territorio nazionale.
Tutti e due - il ceceno e il tunisino - quindi non erano dei ''dormienti'', ovvero dei terroristi che conducevano una vita normale, che li metteva al riparo da indagini e provvedimenti. Le loro idee erano note agli investigatori. Tanto che l'assassino di Arras aveva, sulla scheda personale nei file della polizia, la lettera ''s'', che contraddistingue gli elementi da seguire e controllare, quelli potenzialmente pericolosi nel caso dovessero decidere di agire e non solo parlare o sproloquiare.

Lo stesso vale per il tunisino assassino di Bruxelles, con l'aggravante che la sua potenziale pericolosità non era stata ufficializzata (sospetti, ipotesi, ma nulla di più) sulla scorta di accertamenti. Se non che su di lui era stata avviata un'istruttoria sulla base della generica denuncia di un suo connazionale, pure lui residente in Belgio. E il fatto che di lui si sarebbe dovuta occupare un'agenzia anti-terrorismo domenica scorsa suona come beffa oppure come condanna per il sistema belga, decidete voi.
L'interrogativo che queste due vicende - alle quali se ne potrebbero accostare altre - pongono è come mai, davanti ad una minaccia che, dal 2001 a oggi, troppo spesso si è tradotta in fatti concreti (cioè attentati con decine di morti, nella quasi totalità vittime civili e, quindi, per definizione innocenti), l'Europa non abbia ritenuto di alzare il livello della sua azione. Che arriva, ma quando il peggio è fatto. Una reazione che forse, mai come oggi si dovrebbe dire, deve lasciare il passo ad una proazione che, fatti salvi i diritti di tutti, enuclei dalla società quei soggetti la cui evoluzione violenta è già in atto, pur non essendosi concretizzata.

Se uno Stato non è in grado di difendersi, rispedendoli da dove sono venuti, da soggetti potenzialmente capaci di atti di terrorismo, resterà sempre esposto ad attentati. Certo, è facile dirlo col senno di poi, perché anche il peggiore soggetto può evolvere in senso positivo, come forse avevano sperato le autorità francesi nei confronti del giovane ceceno, confidando nella forza di convincimento degli effetti della democrazia. Ma quanto accaduto smentisce qualsiasi fiducia riposta nella bontà del sistema e nella sua capacità di eradicare idee estremiste.

Non sta a noi proporre singoli ''correttivi'', ma è evidente che, nell'indeterminatezza del quadro generale (dove alle evidenze si sollevano, comunque a buon diritto, diritti e tutele internazionali), gli Stati sono stati, restano e saranno toppo permeabili. Il sospetto non è una prova, ma non è nemmeno cosa che non può non determinare una risposta, soprattutto quando in gioco non sono enunciazione di principio, dichiarazioni e appelli, ma vite umane.
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Italia Informa n° 1 - Gennaio/Febbraio 2024
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