Andrea Polo: "Le forme cambiano ma le regole per chi vuole fare comunicazione restano le stesse"

- di: Redazione
 
Come gestire la comunicazione in tempi di radicali cambiamenti dettati dalla tecnologia senza farsi travolgere, ma anzi tenendo ben salda la propria posizione di professionisti a garanzia di un’informazione di qualità. Intervista ad Andrea Polo, Responsabile Comunicazione di Facile.it e autore del libro di grande successo “Crisis Therapy. Saper gestire la comunicazione in tempi di crisi”, edito da Il Sole24Ore.

Intervista ad Andrea Polo, Responsabile Comunicazione di Facile.it e autore di “Crisis Therapy. Saper gestire la comunicazione in tempi di crisi”

Il mondo della comunicazione è stato ed è decisamente sconvolto – e a volte travolto – dall’innovazione tecnologica. In ballo ci sono pilastri come pluralismo, questioni come disintermediazione della democrazia, fatti come interoperabilità delle piattaforme, conflitto tra omogeneizzazione e identità e molto altro ancora. Può fornirci alcune coordinate di quello che sta accadendo e qualche punto di orientamento per il futuro?
Il mondo della comunicazione, di come essa si produca e di come di essa si fruisca, sta cambiando radicalmente. Le nuove tecnologie giocano un ruolo importante in questo campo, ma altrettanto importante è il ruolo dei comunicatori che devono tenere ben salda la propria posizione di professionisti dimostrando da un lato di saper riconoscere fra il mare di informazioni disponibili le notizie (e soprattutto le notizie vere e verificate), e dall’altro di saperle rielaborare e raccontare in modo da svolgere il primo servizio di una buona comunicazione: informare e raccontare la realtà in maniera utile a chi ascolta.

Ha scritto un libro di successo, “Crisis Therapy. Saper gestire la comunicazione in tempi di crisi”, edito da Il Sole24Ore, in cui, partendo dal fatto che tutte le organizzazioni - e anche le persone - si trovano, prima o poi, a dover affrontare una crisi, analizza i casi che hanno fatto storia facendone tesoro per individuare le strategie per affrontarle al meglio e uscirne vincitori. Quali sono alcune delle ‘regole d’oro’ che emergono dal libro?
La prima è che non bisogna mai improvvisare o farsi trovare impreparati. È legittimo che ciascuno di noi speri di non trovarsi mai al centro di una crisi, esattamente come chiunque spera di non ammalarsi, ma prima o poi una malattia ci capiterà, anche magari un banale raffreddore. È bene, quindi, saper analizzare la situazione e scegliere il rimedio giusto affidandosi, nel caso, ad un bravo comunicatore. Importante anche non mentire, non perdere di vista lo scorrere del tempo, reagire nei modi e tempi giusti e…il resto dovrete scoprirlo leggendo il libro!

Per entrare nel pratico, nel libro vengono riletti sotto una nuova luce casi che hanno fatto la storia della comunicazione di crisi, come quelli di Barilla o Volkswagen, e vengono fatti conoscere altri molto meno noti o analizzati, come Crocs, Germanwings, la caramella Ayds e persino i delitti di Unabomber, le puntate di Non è la Rai e Telemike, il down del Registro Elettronico Axios, gli errori di comunicazione durante la pandemia Covid e molto altro. Vediamo l’esempio tipo da non seguire: certamente Volkswagen.
È di sicuro la summa di quello che non si deve fare; i protagonisti di quella vicenda hanno mentito, cercato di nascondere la verità, provato ad addossare ad altri la colpa e, così facendo, creato un danno a loro stessi, all’azienda per cui lavoravano, all’intero settore dell’automotive e, anche, a tutto il comparto del made in Germany. Se qualcuno ha ancora la falsa convinzione che basti nascondere la polvere sotto al tappeto per uscire da una crisi, direi che quella di Volkswagen è una storia che dimostra bene come ciò non sia vero.

L’esempio da seguire? Forse quello di Germanwings (Gruppo Lufthansa)…
Al polo opposto della storia dei motori diesel Volkswagen c’è quella del volo 9525 di Germanwings; una vera e propria tragedia, durante la quale il team di comunicazione Lufthansa guidato da Andreas Bartels (Germanwings è un marchio della grande azienda di aviazione tedesca) ha veramente dimostrato un’incredibile professionalità, salvando l’immagine dell’azienda e riuscendo a mantenere saldo il rapporto fra essa e i consumatori. Un caso che tutti i comunicatori devono conoscere e a cui guardare come esempio.

Un caso particolare di crisi, ma a cui si è sempre più esposti nell’era digitale: le fake news. Come, in termini di strategie comunicative, gestire una crisi da fake news e salvare la reputazione?
Con l’onestà e la prova dei fatti. Torno ancora al caso Germanwings; si era diffusa la falsa notizia che, essendo una compagnia low cost, Germanwings imbarcasse non due piloti, come impone la legge, ma uno solo. Pur non essendo legalmente tenuta a farlo, la compagnia dimostrò alla stampa, documenti alla mano, che, come era richiesto, i piloti a bordo erano due. In breve tempo quella falsa notizia si spense. Come si dice…carta canta!

Il nuovo ecosistema digitale ha determinato e determina tanto potenzialità quanto nuove problematiche e rischi. Cosa sta cambiando nel profondo della comunicazione? Cosa c’è da conservare e cosa da cambiare nella ‘cassetta degli attrezzi’ di un comunicatore?
Un tempo era ben chiaro chi producesse le notizie e a chi un comunicatore dovesse rivolgersi affinché queste arrivassero al pubblico. La comunicazione, in qualche modo, era unidirezionale. Oggi non è più così e sovente le notizie vengono raccontate da chi le vive in prima persona. Il comunicatore oggi deve tenere conto di questo fenomeno, ma deve soprattutto riuscire a selezionare le informazioni reali e verificate da quelle che non lo sono e, anche, adattarsi ad un sistema de facto infinitamente più veloce nella produzione e nella fruizione dell’informazione.

Parlando di situazioni di crisi, quale è stata – e in parte è ancora – quella della pandemia da Covid-19, come è cambiata la comunicazione di Facile.It?

Nel momento in cui è esplosa l’emergenza Covid abbiamo fatto una scelta che potrebbe sembrare strana; per qualche settimana ci siamo fermati completamente, cercando di capire come potevamo essere utili. Gli italiani erano confusi; si susseguivano uno dietro l’altro i DPCM con informazioni per loro rilevanti, ma che non riuscivano a decodificare. A quel punto ci siamo fatti carico del nostro ruolo di esperti e ci siamo presi l’onere di ‘tradurre’ quei messaggi, ovviamente per i settori di nostra competenza, in un linguaggio più vicino ai consumatori. Conviene davvero sospendere l’RC auto? Che effetto potrebbe avere per me la sospensione del mutuo? Insomma, abbiamo cercato di fare la nostra parte. Gli utenti si sono sentiti in qualche modo rassicurati e hanno dimostrato di apprezzare il nostro impegno. Ricevere il loro feedback, in un momento così particolare, è stato davvero bello.

Il Censis, in un’indagine di qualche tempo fa, analizzava il cambiamento dei brand, che al giorno d’oggi non scelgono, ma vengono perlopiù scelti. Di conseguenza, il marketing e la comunicazione devono approcciarsi al consumatore attraverso vari canali e strumenti e adottare anche linguaggi diversi a seconda del mezzo utilizzato. Cosa ne pensa di questo scenario che emerge? Quali sfide pone ai comunicatori?

È vero, ogni media ha le sue regole e i suoi linguaggi e bisogna adattarsi ad essi. La vera sfida, oggi, è creare una comunicazione integrata, che faccia percepire subito, indipendentemente dal canale attraverso cui arriva al consumatore, che chi gli parla è l’azienda X. Il messaggio può essere declinato in molte forme, ma la sostanza deve rimanere la stessa.

Viene affermato che una delle doti che si richiedono al comunicatore di oggi è sapere costruire, padroneggiare, in funzione di obiettivi prestabiliti, lo storytelling. Ma quanto è veramente importante il ‘racconto’ in termini di efficacia comunicativa?
Fondamentale. Capita che il come si dice qualcosa sia addirittura più rilevante del che cosa si dice. Come accennato prima e come scritto nel mio libro ‘Crisis Therapy’, sbagliare il modo di comunicazione può trasformarsi in un grosso guaio o…in una terribile crisi!

Come valuta la situazione attuale del ‘citizen journalism’, esploso con la rivoluzione digitale? Come pensa che alla fine verrà integrato nel giornalismo, anzi nei ‘giornalismi’?

Mi dispiace, sarò impopolare, ma il giornalismo è un’altra cosa; una professione per la quale bisogna studiare e prepararsi. Si può essere testimoni di un evento e fare delle foto che vengono diffuse, ma fare giornalismo vuol dire spiegare un fatto, raccontarlo ed analizzarlo. Non dimentichiamolo mai, o rischiamo l’effetto “mi curo da solo perché ho letto su internet che per guarire dalla mia patologia bisogna raccogliere le margherite in una giornata di luna piena e quindi lo so fare anche io”. Quella non è medicina ed il citizen journalism non è giornalismo. Farli passare per ciò che non sono può essere molto pericoloso.
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