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Ambiente, l’Europa resta leader su clima ed emissioni

- di: Cristina Volpe Rinonapoli
 
Ambiente, l’Europa resta leader su clima ed emissioni

ISPRA e SNPA hanno presentato alla Camera, in sala della Regina, il Report Europe’s Environment 2025, insieme al Rapporto sullo stato dell’ambiente europeo e al Rapporto Ambiente SNPA sul quadro nazionale. I dati confermano che l’Unione europea continua a guidare la transizione ecologica sul piano energetico e industriale, ma evidenziano che la parte più fragile della strategia rimane la tutela degli ecosistemi e l’adattamento climatico. Il divario tra progresso tecnologico e stato della natura è oggi il principale terreno critico del Green Deal.

Ambiente, l’Europa resta leader su clima ed emissioni

Dal 2005 l’Europa ha raddoppiato la quota di rinnovabili, ridotto l’uso di combustibili fossili, migliorato l’efficienza delle risorse e consolidato la finanza sostenibile come leva per gli investimenti. È un modello che unisce industria e regolazione, e che sta consentendo al continente di mantenere la leadership globale nella lotta alle emissioni. La qualità dell’aria continua a migliorare e la transizione energetica non è più una traiettoria sperimentale ma un asse industriale stabile.

Ecosistemi in sofferenza: il vero punto debole
Il quadro cambia quando il focus passa alla biodiversità. Il report segnala che tutti gli ecosistemi europei – terrestri, marini e di acqua dolce – sono in condizione di stress. Le pressioni derivano da modelli di consumo e produzione che restano più veloci dei cicli di rigenerazione del capitale naturale. Qui la distanza tra obiettivi e risultati è la più ampia: la decarbonizzazione mostra evidenze misurabili, mentre la biodiversità rimane l’area dove l’Europa arretra rispetto alle promesse.

Il continente che si riscalda più rapidamente
Il documento richiama inoltre un dato strutturale: l’Europa è la regione del pianeta che si riscalda più velocemente. Ciò significa che il costo dell’adattamento aumenterà inevitabilmente, e che la politica climatica non potrà concentrarsi solo sulla riduzione delle emissioni ma dovrà includere in modo permanente il capitolo dei danni economici. È qui che le istituzioni europee collocano la sfida dei prossimi anni: non solo “tagliare”, ma proteggere.

L’Italia nel quadro europeo: forti nelle filiere, deboli negli habitat
L’Italia presenta una performance a due velocità. Sul fronte industriale, il Paese è tra i più avanzati in Europa sull’economia circolare, con un tasso di utilizzo di materiali riciclati pari al 20,8%, quasi il doppio della media UE (11,8%), che ci colloca al secondo posto. Anche le emissioni di gas serra sono in calo del 26,4% rispetto al 1990 e il settore agricolo vede una forte espansione del biologico. In crescita anche la produzione da rinnovabili, già oltre il target 2020 e proiettata verso il 38,7% entro il 2030.

La biodiversità italiana rimane a rischio
Molto diversa, invece, la fotografia ambientale fuori dall’ambito energetico. Solo l’8% degli habitat naturali italiani è in uno stato di conservazione favorevole, mentre il 28% delle specie vertebrate e il 24% delle piante vascolari è classificato a rischio di estinzione. L’Italia, uno dei Paesi più ricchi di biodiversità in Europa, è anche tra quelli più vulnerabili: l’indice di deterioramento è oggi più rapido della capacità di ripristino.

Il suolo continua a ridursi e il clima accelera i danni
Il consumo del suolo rimane la prima criticità strutturale: nel 2024 sono stati persi 7.850 ettari, pari a 21,5 ettari al giorno. A questo si somma il quadro climatico: il 2024 è stato l’anno più caldo dal 1961, con erosione accelerata dei ghiacciai alpini e innalzamento continuo del livello del mare. Le perdite economiche pro capite da eventi estremi sono quintuplicate in sette anni, un dato che colloca l’Italia da tempo sopra la media europea.

Fiumi in recupero, aria in miglioramento ma non abbastanza
Sul versante della qualità ambientale, il quadro è misto: il 78% dei corpi idrici superficiali risulta in stato chimico buono, ma sul fronte dell’aria – pur vicino ai limiti di legge – restano distanze significative rispetto ai parametri OMS, più severi. È l’area in cui servirà un salto qualitativo e non solo quantitativo.

Il Rapporto segnala dunque una transizione avanzata nei settori dove la spinta normativa incontra investimenti e filiere industriali, e ritardi nelle aree dove la tutela degli ecosistemi non produce ritorni immediati. La prossima fase – avverte ISPRA – sarà quella in cui adattamento climatico, competitività industriale e protezione della natura dovranno convergere. Diversamente, la sostenibilità resterà divisa tra settori che accelerano e altri che arretrano.

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