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Aldo Tortorella, l’ultimo partigiano della politica

- di: Cristina Volpe Rinonapoli
 
Aldo Tortorella, l’ultimo partigiano della politica

Aldo Tortorella non c’è più. Con lui se ne va un pezzo di storia italiana, quella di chi ha attraversato il Novecento da protagonista senza mai smettere di interrogarsi sul presente. Aveva 97 anni, un’età che gli aveva permesso di vedere e vivere tutto: la guerra, la Liberazione, la politica del dopoguerra, le grandi battaglie civili, il declino delle ideologie, la mutazione della sinistra, la crisi della politica. Eppure, fino all’ultimo, il partigiano Alessio – nome di battaglia assunto durante la Resistenza – è rimasto un riferimento per chi non voleva rinunciare al rigore della militanza e al dovere della memoria.

Aldo Tortorella, l’ultimo partigiano della politica

Lo ha annunciato con parole di profonda commozione il presidente dell’Anpi, Gianfranco Pagliarulo: "Con infinito dolore annuncio la scomparsa del carissimo Aldo Tortorella, il partigiano Alessio, parlamentare, intellettuale di straordinaria levatura, un punto di riferimento per tutta l'Anpi e per tutte le antifasciste e gli antifascisti. Un compagno."

Tortorella era tutto questo: un uomo delle istituzioni e della cultura, un intellettuale, un combattente, un uomo politico che non ha mai smesso di credere nella necessità dell’impegno civile.

Dalla Resistenza al Parlamento
Nato a Ventimiglia nel 1926, Tortorella trascorse la giovinezza a Genova, città che sarebbe rimasta sempre al centro della sua vita. Qui, diciassettenne, entrò nelle file della Resistenza contro il nazifascismo, diventando un combattente delle brigate partigiane. Era uno dei giovani che nell’aprile del 1945 contribuirono alla Liberazione di Genova, una delle rare città italiane in cui furono i partigiani a costringere alla resa i tedeschi senza l’intervento degli Alleati.

Finita la guerra, si dedicò alla politica con lo stesso rigore che aveva avuto in montagna. Entrò nelle istituzioni in un momento storico complesso: l’Italia era divisa dalla guerra fredda, la politica si giocava sui grandi temi del lavoro, della giustizia sociale, della libertà. Tortorella era tra quelli che credevano nel ruolo del Parlamento non come luogo di compromesso fine a sé stesso, ma come strumento di trasformazione sociale. Deputato per sette legislature, dal 1963 al 1992, ha attraversato da protagonista le stagioni più decisive della Repubblica.

Un uomo di pensiero e di rigore
Era un uomo di pensiero, oltre che d’azione. Tra i più apprezzati intellettuali della sua generazione, fu un fine analista della politica italiana ed europea, sempre con lo sguardo rivolto ai grandi cambiamenti della società. Amico di Enrico Berlinguer, ne condivise le battaglie per la questione morale, per un rinnovamento della politica che non fosse solo estetico ma etico.

Nel 1988 fu chiamato alla direzione de l’Unità, il giornale storico della sinistra italiana. In quegli anni di profondi cambiamenti, con il Muro di Berlino che stava per cadere e l’intero sistema politico italiano che si avviava a un’inevitabile trasformazione, Tortorella mantenne una coerenza rara, senza cedere né alla nostalgia né alla superficialità del nuovo che avanzava.

Non fu mai un uomo di facili entusiasmi. Guardò con scetticismo alla fine del PCI e non aderì mai pienamente ai partiti che ne raccolsero l’eredità. Non per spirito di conservazione, ma perché non vedeva nel cambiamento solo un bene in sé: "Non basta cambiare nome e simbolo per cambiare la realtà," diceva.

Un’eredità da non disperdere
Negli ultimi anni, la sua voce era meno frequente, ma sempre autorevole. Scriveva, interveniva nei dibattiti, continuava a interrogarsi su una politica che gli appariva sempre più svuotata di senso.

La sua morte segna la fine di un’epoca, quella in cui la politica non era solo una professione, ma una missione. Un’epoca in cui gli ideali contavano, in cui le parole avevano peso, in cui il rigore non era un difetto ma un valore.

E mentre il Paese perde uno dei suoi ultimi testimoni di una storia che lo riguarda da vicino, resta l’insegnamento di una vita intera: "Si può cambiare il mondo solo se si ha la volontà di farlo davvero. Non con le parole, ma con l’impegno."

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