Matteo Salvini davanti alle grandi scelte, sul fronte interno e nel centrodestra
- di: Diego Minuti
Il futuro della Lega non interessa solo il partito, perché, d'ora in avanti, ogni sua mossa, ogni sua iniziativa rischia di coinvolgere il governo, nel bene (ipotesi stramba) e nel male (ecco, qui forse siamo più vicini al vero). Le amministrative hanno dato, della Lega salviniana uscita ridimensionata, l'immagine di una armata allo sbando, che sembra avere perso la forza che ne aveva caratterizzato le mosse sino a ieri e che, giocando sulle paure conclamate della gente, l'aveva portata e radicato dentro il Palazzo.
Colpa certo di Salvini, ma responsabilità le hanno anche quelli che, considerati pezzi importanti del partito, si sono limitati negli ultimi tre anni a fare da muti testimoni al processo di autodistruzione portato avanti dal segretario, sempre all'inseguimento del sogno di andare a palazzo Chigi, sfrattando il presidente del consiglio di turno.
Oggi la Lega non è più dominante, e non soltanto perché ha subito un costante declino in termini di voti, ma alla luce dell'appannamento che distingue ogni sua iniziativa. E il fatto che Matteo Salvini non ammetta manifestamente quel che è evidente a tutti è un ulteriore segno di debolezza, politica, ma anche all'interno del suo movimento.
L'impressione che la misura sia colma non c'è perché la trama di amicizie e riconoscenza che Salvini ha saputo tessere negli anni della sua segreteria gli concedono ancora una certa libertà di movimento, che però si sta restringendo proporzionalmente alla difficoltà di continuare a perorare la sua personale causa.
C'è innanzitutto da tenere a bada quelli che, con disinvoltura, vengono etichettati come ''governisti'' e che, invece, più sobriamente potrebbero essere definiti come più razionali, più freddi, più capaci di interpretare la pancia dei leghisti che guardano con sgomento a come sia stato possibile sprecare una massa importante di voti per saziare le ambizioni di uno.
Che poi Salvini ci metta del suo per vedere scendere il consenso personale è abbastanza palese, come si sta manifestando in questi giorni in cui Giorgia Meloni sembra dargli scacco ad ogni occasione. E non è che la presidente di Fratelli d'Italia faccia molto, al di là di una linea anti-governo che la caratterizza e che difende ovunque e in ogni circostanza le si presenti. E' un gioco di nervi, che Meloni sta vincendo senza grandi sforzi perché Salvini deve innanzitutto cercare di vincere le battaglie sul fronte domestico, ma non può permettersi di non considerare che quello che pensava come una sua creatura - il centrodestra con lui leader indiscusso - si sta trasformando in un sogno lontano.
Che resta a portata di mano, ma che è soggetto a troppe variabili. Che non sono solo i consensi in crescita di Giorgia Meloni (un problema anche per Forza Italia, a leggere le parole di Licia Renzulli, sempre accomodanti verso gli obiettivi di Salvini), ma anche i rapporti con Silvio Berlusconi, cui sta molto stretta la figura di 'padre nobile' cui il segretario leghista vorrebbe limitarlo, non celando mai il sogno di tornare a essere determinante.