Rifiuti tessili urbani: UNIRAU ed ARIU lanciano l’allarme

 
L’aumento dei costi (energia e trasporti su tutti) e il calo delle vendite dei materiali di seconda mano causati dalle situazioni geopolitiche sempre più critiche in molti mercati di sbocco (Nord Africa, Est Europa e Medio Oriente) stanno mettendo a rischio la tenuta dell’intera filiera della selezione, raccolta, riuso e riciclo dei rifiuti tessili urbani. In assenza di una forte accelerazione a livello europeo nella definizione di un quadro normativo omogeneo e stabile per il comparto, il sistema rischia di bloccarsi in Italia e in diversi Paesi europei.

È questo in sintesi l’allarme lanciato da Andrea Fluttero, Presidente UNIRAU (l’Associazione delle aziende e delle cooperative che svolgono le attività di raccolta, selezione e valorizzazione della frazione tessile dei rifiuti urbani).

La contingenza di diversi fattori concomitanti rischia di creare grossi problemi al comparto prima che possano dispiegarsi gli effetti positivi della strategia europea che ridisegnerà il settore partendo dall’ecoprogettazione dei prodotti, al contrasto al fast fashion, alla definizione di norme aggiornate sull’End of Waste fino all’istituzione di regimi di Responsabilità dei produttori (EPR).

L’obiettivo, ambientale ed industriale, illustrato nel documento di “Strategia europea per un tessile sostenibile e circolare”, è oggetto di una iniziativa legislativa attraverso la revisione della Direttiva 2008/98/CE sui rifiuti in corso di definizione in queste settimane.

Un altro problema è causato dall’aumento della raccolta di rifiuti tessili non avviabili al riuso, né al riciclo. Materiale che non dovrebbe essere immesso nel sistema di raccolta differenziata dei rifiuti, ma restare nell'indifferenziato. Le conseguenze sono maggiori costi per gli operatori, dovuti ai maggiori costi di smaltimento, mettendo a rischio l'intera economia del sistema.

“Il sistema italiano fino ad oggi si è autofinanziato con i ricavi della valorizzazione delle raccolte”, aggiunge Joseph Valletti presidente di Ariu, (Associazione Recuperatori Indumenti Usati,) “mentre sono ancora limitati i quantitativi avviabili a riciclo di fibra, sia per la scarsa qualità del “fast fashion” che per la mancanza degli ecocontributi che saranno generati dai futuri sistemi di EPR, senza i quali il riciclo non è competitivo con le fibre vergini. Un sistema in grado di rispondere positivamente per dimensione e per know how alla sfida della trasformazione da lineare a circolare di questa filiera produttiva, integrandosi con il forte comparto tessile/moda del “Made in Italy” leader a livello europeo”.

“Nonostante l’entrata in vigore dell’obbligo di raccolta differenziata di questi rifiuti urbani sia previsto a livello europeo  entro il 1 gennaio 2025 ed in Italia lo sia dal 1 gennaio 2022”, afferma Andrea Fluttero presidente UNIRAU, “il nostro Paese vanta una lunga tradizione ed una forte specializzazione industriale, sia nelle raccolte svolte da almeno 20 anni in molti Comuni dalle cooperative sociali che hanno trovato in questa attività una opportunità di creare posti di lavoro, che dalle aziende della selezione, della preparazione per il riuso, della vendita del “second hand” e del riciclo, presenti nei consolidati distretti di Prato e della Campania.”

"L'incenerimento rischia di diventare l'unica opzione se il mercato si dovesse bloccare. Gli sforzi e gli investimenti delle cooperative e delle aziende sociali della raccolta e della industria della selezione per creare e mantenere una catena del valore sostenibile circolare dei rifiuti tessili urbani saranno vani se crollerà la sostenibilità economica della filiera e se si bloccherà la possibilità di esportare l’usato tessile in Paesi che ne sono forti consumatori”, conclude Andrea Fluttero. 
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