Massimo Lapucci: la nostra Scuola Politica é un progetto caratterizzato da una forte vocazione civile ed istituzionale
- di: Redazione
Il vicepresidente Lapucci, le ricadute concrete sul sistema di imprese e istituzioni
Dottor Massimo Lapucci, lei è Vice Presidente della Scuola Politica ‘Vivere nella Comunità’, il prestigioso percorso formativo che vede coinvolti rappresentanti di grandi aziende come Intesa San Paolo, Generali, Poste Italiane, Ferrovie dello Stato, A2A, Ansa. È anche segretario generale della Fondazione CRT (Cassa di Risparmio di Torino) e protagonista in altre primarie realtà imprenditoriali e sociali del nostro Paese. La parte principale della mission della Scuola Politica ‘Vivere nella Comunità’ è migliorare la qualità della classe dirigente italiana: in che modo la vostra Scuola può aiutare i giovani a formarsi in questa direzione?
“Credo che ci sia innanzitutto bisogno di un’elevata professionalizzazione della classe dirigente e, sotto tale aspetto, l’ultimo periodo storico ci ha portato probabilmente maggior consapevolezza in questo. Il progetto formativo di ‘Vivere nella Comunità’ si caratterizza principalmente per questa forte vocazione civile ed istituzionale e rappresenta un messaggio che assume anche una grande valenza internazionale, dettata proprio dalla volontà di fornire strumenti di interpretazione della realtà creando una consapevolezza comune soprattutto nei giovani e nella classe dirigente del futuro. Credo che uno dei punti più significativi sia proprio il non porre degli schemi formativi astratti o teorici, come spesso accade in alcune tematiche o iniziative similari, ma cercare di guardare a ricadute concrete sul sistema delle imprese e delle istituzioni, valorizzando quelle sensibilità comunitarie territoriali che poi sono proprie anche dell’operato e del linguaggio delle varie Fondazioni, come la Fondazione CRT. Il progetto sta avendo importante riscontro nel nostro Paese e non solo, a testimonianza dell’importanza e della valenza di questa idea. L’internazionalizzazione di questo progetto rappresenta una parte fondamentale: è un tema di cui mi occupo personalmente anche in Fondazione CRT e, in passato, ho toccato questa tematica come Presidente dell’European Foundation Center a Bruxelles”.
La Scuola Politica ‘Vivere nella Comunità’ è stata fondata dai Professori Pellegrino Capaldo e Marcello Presicci. Abbiamo citato alcune imprese con le quali collaborate, ma nella Scuola Politica ‘Vivere nella Comunità’ sono coinvolte personalità di assoluto rilievo come Sabino Cassese, Marta Cartabia, Francesco Profumo, Bernardo Giorgio Mattarella, Gabriele Galateri, Maria Bianca Farina ed altri membri autorevoli. Cosa significa, per lei, essere coinvolto in un contesto così significativo?
“Poter compiere questo percorso in un contesto di così altissimo prestigio rappresenta per me un motivo di grande orgoglio. In tempi sfidanti come questi credo ci sia davvero bisogno di stakeholder così alti del nostro Paese che siano poi in grado di trasmettere il bagaglio di esperienze per aiutare i giovani e la nuova classe dirigente nel ridefinire le traiettorie di crescita e di sviluppo sostenibile. Personalmente trovo molto stimolante questo tipo di confronto e di dialogo con personalità così prestigiose con le quali si ha l’opportunità di collaborare su vari fronti. In tale contesto, la Scuola Politica offre una grande opportunità a tutti noi e a tutti coloro che si avvicinano a questa realtà”.
Lei ricopre il ruolo di Segretario generale della Fondazione Cassa di Risparmio di Torino. La Fondazione ha una peculiarità: è una delle pochissime che gestisce il proprio patrimonio internamente. Come agisce la Fondazione CRT a livello territoriale e nazionale nella realizzazione della mission filantropica e nell’asset management? Di cosa vi occupate nello specifico?
“La gestione del patrimonio realizzata internamente, sul modello delle fondazioni di tradizione americana, è un unicum in Italia e ciò permette di dedicare parte del patrimonio stesso al sostegno di enti nel mondo no profit in molti settori. Nel nostro caso, per esempio, ci occupiamo di arte, cultura, ricerca, formazione, welfare, ambiente ed innovazione. A distanza di 30 anni dalla nascita (che tra l’altro festeggiamo quest’anno) la Fondazione ha distribuito risorse per oltre 2miliardi, con oltre 40mila progetti in tutti i comuni del territorio che, nel nostro caso, coincidono con Piemonte e Valle d’Aosta, ma in realtà la Fondazione agisce anche su tematiche e progettualità di carattere nazionale ed internazionale. La Fondazione CRT è un vero e proprio filtro in quanto, se da un lato è un asset management che gestisce risorse, e deve farlo al meglio, dall’altro lato, con le risorse che riceviamo, redistribuiamo il capitale verso soggetti che altrimenti non sarebbero beneficiari di quelle particolari risorse, creando una sorta di riequilibrio nella distribuzione. Si tratta di un ruolo fondamentale che le fondazioni svolgono in generale in aggiunta, ovviamente, alle classiche erogazioni o al grant-making, che pure sono necessarie in molte nostre attività. Nel tempo abbiamo sviluppato anche metodologie nuove come la Venture Philanthropy o l’Impact Investing, oggi più che mai richiamato anche nell’ambito del Recovery Plan con l’obiettivo e la necessità di guardare all’impatto positivo e sociale che la finanza è in grado di generare. Per quanto riguarda la gestione del patrimonio interno, abbiamo una nostra struttura di finanza e la mia stessa prima responsabilità all’interno della Fondazione è stata proprio nella gestione del patrimonio affinché si possano avere dei ritorni che consentano poi alla Fondazione di poter operare e assolvere alla propria missione nel tempo. Il patrimonio della Fondazione ha un valore di mercato che si aggira attorno ai 2,6miliardi. Un patrimonio importante di cui ci occupiamo e dobbiamo fare in modo di generare continui ritorni che poi siano in grado di produrre un impatto significativo. Questa dimensione è basata anche sul concetto dei cosiddetti capitali pazienti, ovvero quei capitali che generano, nell’ambito della strategia a lungo termine, l’assunzione di un certo margine di rischio nel partecipare attivamente allo sviluppo economico e sociale del territorio, creando le condizioni per uno stretto legame tra attività filantropica ed investimento. A testimonianza di ciò, credo che sia sempre più superata la dicotomia tra obiettivi finanziari ed obiettivi sociali e ambientali e deve essere così: registriamo anche noi una progressiva ibridazione tra il mondo profit e no profit e questo è un messaggio che, durante il periodo della mia presidenza all’European Foundation Center a Bruxelles, ho cercato di portare come un aspetto positivo e di collaborazione tra gli enti no profit e il mondo delle imprese e, più in generale, tra il mondo profit e no profit”.
Le Officine Grandi Riparazioni, di cui lei è Amministratore delegato, sono un’altra grande realtà ed una vera e propria eccellenza italiana: l’avvio del loro progetto è stato realizzato con un investimento di oltre 100 milioni di euro, un investimento importante ispirato ai principi dell’Impact Investing e del rigore finanziario. Può spiegarci meglio come funzionano le OGR, raccontare la loro storia e, soprattutto, i progetti futuri che avete in cantiere?
“Le Officine Grandi Riparazioni rappresentano un’eccellenza italiana anche per il coinvolgimento di molte imprese e società di carattere nazionale ed internazionale: collaboriamo, infatti, con realtà come Microsoft, Banca Sella, Endeavor, Ibm, Intesa Innovation Center, Neva. Abbiamo stanziato oltre 100milioni di euro per recuperare l’edificio che rappresenta l’attuale sede delle OGR, un edificio che era in completo stato di abbandono e rappresentava la sede dell’antica Officina Grandi Riparazioni di Torino. Un immobile che ha fatto parte della storia industriale della Torino dell’Ottocento, prima ancora della nascita della Fiat. Con questo spirito lo abbiamo recuperato mantenendo lo stesso nome, passando dalle riparazioni dei treni (in quel periodo storico i treni rappresentavano una vera e propria innovazione) alla riparazione sociale, di innovazione e di impresa. Un’altra parte dell’edificio è dedicata interamente alla cultura, all’arte e all’organizzazione di importanti eventi di impresa anche di carattere nazionale: nella nostra sede, infatti, abbiamo avuto la visita del Presidente Mattarella e si sono tenuti vari incontri anche a livello governativo, a testimonianza di come abbiamo voluto rendere questo edificio un punto di riferimento che parte da Torino fino ad arrivare ad un interesse nazionale ed internazionale. L’investimento iniziale di 100 milioni per il recupero e la profonda ristrutturazione del grande complesso immobiliare di oltre 35 mila mq, è stato effettuato con grande attenzione, basandoci soprattutto sui principi dell’Impact Investing. In questo senso abbiamo applicato un principio di maggior rigore finanziario, ed anche di maggior complessità, ma molto più allineato alla nostra mission e alla nostra capacità di innovazione, senza ricorrere all’utilizzo tout court del patrimonio della Fondazione Crt bensi utilizzando i soli flussi dei rendimenti dei nostri investimenti e questo anche per non intaccare la consistenza del patrimonio al servizio delle generazioni attuali e future a cui guarda la Fondazione. Si tratta di un progetto di rigenerazione urbana, ma anche di eccellenza contemporanea: ci sono progetti che riguardano la parte tech ed innovazione e progetti che concernono i programmi di accelerazione che, partendo tutti da un forte radicamento sul territorio, hanno poi sviluppato partnership e connessioni internazionali rilevanti dal punto di vista culturale per il nostro Paese”.
Lei è molto sensibile al tema della formazione e della cultura in generale. Da poco tempo, infatti, è stato eletto Presidente di Treccani Futura: quanto è importante per i giovani coltivare il proprio livello di istruzione e cosa si dovrebbe fare nel nostro Paese per aumentare il livello di formazione dei giovani? Le vostre iniziative sono nate proprio per questo?
“Treccani Futura si inserisce all’interno del Gruppo Treccani che in Italia rappresenta la tradizione, insieme a pochi altri, della cultura italiana e della sua evoluzione nel tempo. Treccani Futura rappresenta anche l’emblema della capacità del Gruppo di guardare al futuro, all’evoluzione dell’educazione. Certamente la cultura è un tema a me molto caro e legato anche e soprattutto alla Scuola Politica: credo che la qualità della formazione rappresenti un rafforzamento delle competenze e rappresenti la valorizzazione del capitale umano dei giovani e del talento. Mi piace ricordare un aforisma di Orben, scrittore americano, che asserisce: ‘se pensate che l’educazione sia costosa, allora provate con l’ignoranza’. Credo davvero che l’investimento che noi mettiamo nella formazione delle persone, nella qualità della formazione stessa e nella crescita delle competenze sia essenziale. È denaro che viene investito per costruire il futuro partendo dal presente. In questo senso la Treccani Futura guarda proprio al mondo innovativo e rientra nelle strategie attuate dal Gruppo per ampliare gli ambiti stessi in cui opera. Anche qui vedo connessioni molto importanti e potenziali con la Scuola, soprattutto riguardo temi che portano all’educazione alla cittadinanza e a tutti quei valori che la Scuola rappresenta nell’ambito dello svolgimento della sua missione”.