La BCE alza i tassi di 50 pb: Francoforte ha molta più strada da fare della Fed

- di: Roberto Rossignoli, Portfolio Manager di Moneyfarm
 
Dopo la Federal Reserve, oggi tocca alla BCE. Il governatore Jerome Powell non ha dato segno di voler mollare la presa sull’inflazione, diminuendo sì l’entità del rialzo dei tassi d’interesse (50 punti base, contro i 75 dei precedenti 3 meeting), ma comunque senza lasciare aperta la porta a una politica monetaria più accomodante nel 2023, alla luce di aspettative sull’inflazione riviste al rialzo. Di nuovo, quindi, la governatrice Christine Lagarde si è trovata a inseguire le politiche d’oltreoceano, senza poter prendere fiato dopo gli ultimi rialzi.

Ricordiamo il percorso finora. Da luglio a oggi la BCE ha alzato i tassi in 3 occasioni diverse, portandoli da -0.50% a 1.50%, a causa di un’inflazione a doppia cifra, che si attesta sopra il 10% in molti paesi europei, e della politica monetaria restrittiva adottata pressoché in ogni parte del mondo. Come per gli Stati Uniti, anche per la BCE le aspettative di ulteriori rialzi sembrano essersi ridimensionate negli ultimi mesi, ed è lecito pensare di essere vicini alla fine della stretta monetaria. Tuttavia, agli investitori non è sfuggito che l’inflazione in Europa rimane molto più alta che altrove e, infatti, da qualche settimana a questa parte, lo scenario base è che l’istituto di Francoforte abbia molta più strada da fare della FED.

È in questo contesto che va letto il rialzo di 50 punti base annunciato oggi. Nonostante fosse ampiamente atteso dagli operatori finanziari, la retorica non poteva che essere restrittiva: il governatore della BCE ha annunciato che ci saranno ulteriori “significativi” rialzi nei prossimi mesi e che la stretta quantitativa (riduzione del portafoglio titoli accumulati in anni di quantitative easing) comincerà a marzo 2023, pur procedendo per gradi. Combattere l’inflazione rimane il focus principale e ai governi spetterà il compito di alleggerirne l’impatto sull’economia reale con le loro politiche fiscali.

I mercati hanno reagito in maniera molto nervosa. Se nelle prime ore dopo la conferenza di Powell avevano retto a una retorica meno accomodante del previsto, dalle dichiarazioni della Lagarde hanno ricevuto una conferma definitiva dell’indebolimento della narrativa dominante degli ultimi mesi, ossia che la stretta monetaria avesse finalmente raggiunto il picco. Per questo, sostanzialmente, stiamo assistendo all’impennata dei tassi governativi europei e alla perdita di terreno dell’azionario con quello europeo, in particolare, che ha già perso più del 2%.
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