LGIM: Le elezioni statunitensi non determineranno il futuro dell’energia green
La fortissima polarizzazione che si è venuta a creare all’interno dello scenario politico degli Stati Uniti fa pensare che il futuro di numerosissimi settori dipenda da chi sarà il prossimo inquilino della Casa Bianca a seguito delle elezioni del prossimo 5 novembre e gli investimenti in energia pulita sono uno di quelli guardati con maggiore attenzione.
In realtà, noi di LGIM riteniamo che, se c’è un comparto che non risentirà eccessivamente dei risultati elettorali è proprio l’energia green; ma come siamo giunti a questa conclusione? In caso di vittoria di Kamala Harris e del Partito Democratico è abbastanza naturale, in quanto è ragionevole supporre che gli investimenti in rinnovabili continueranno a ricevere un forte supporto legislativo. Basta pensare al Bipartisan Infrastructure Law del 2021 e ai CHIPS and Science e Inflation Reduction Act del 2022, tutti approvati dall’amministrazione Biden, che hanno fatto confluire nel settore capitali provenienti da investimenti federali, crediti d’imposta e prestiti.
Ma se fossero i repubblicani a vincere? Donald Trump non ha mai nascosto la sua avversione alle rinnovabili e di voler favorire la produzione interna di combustibili fossili e, sembra legittimo aspettarsi misure che vadano nella stessa direzione vista nel corso della sua prima amministrazione, quando, nel 2017, gli stati Uniti sono usciti dagli Accordi di Parigi. In realtà, molti si stupiranno nello scoprire che durante la presidenza Trump, l’ammontare di energia eolica e solare è cresciuta di anno in anno, arrivando a livelli che, in quegli anni, fecero registrare un record per entrambi i segmenti.
La ragione per cui in quegli anni si verificò quanto descritto e per cui riteniamo che stavolta non sarebbe diverso risiede semplicemente nello status dell’economia. Innanzitutto, bisogna considerare che, dopo essere stata prodotta, l’energia viene venduta secondo quanto stabilito da accordi basati sul potere d’acquisto, indicati dalla sigla PPA. Quando i nuovi PPA sono stati sottoscritti, il mondo si trovava in un contesto di tassi d’interesse crescenti; di conseguenza, hanno incorporato i maggiori costi di finanziamento e contratto i margini di guadagno dei produttori. Questo accadeva perché, mentre i crediti sono fissi, i debiti (ovvero i pagamenti di interessi) possono essere variabili. Tuttavia, ora che i tassi sono tornati e scendere e che verosimilmente si scenderanno ancora di più nei prossimi mesi, i rendimenti da PPA dovrebbero tornare a crescere, spingendo l’intero comparto delle rinnovabili.
Infine, al di là dell’andamento dei tassi d’interesse, l’energia green beneficerà di una svolta radicale dell’intera economia di questo settore. Infatti, tra il 2010 e il 2022, questa è riuscita a diventare competitiva, dal punto di vista dei prezzi, con i combustibili fossili, con il costo dell’energia solare che è sceso dell’89%, pari ad appena un terzo di quella prodotta da fonti non rinnovabili. Per questo siamo convinti che l’economia, e non la politica, determinerà il futuro dell’energia green.