Imprese, Livolsi: Ddl Capitali passo in avanti, ma articolo sulla lista del cda va rivisto

 
"Il cosiddetto Ddl Capitali, approvato in via definitiva al Senato il 27 febbraio scorso, cerca di realizzare quanto sostengo da tempo: il nostro Paese ha la necessità indifferibile di far crescere il proprio mercato dei capitali e favorire l'accesso e la permanenza delle imprese nell'ambito dei mercati finanziari. Il provvedimento va sostanzialmente in questa direzione, anche se alcuni passaggi non possono non suscitare perplessità". E' l'analisi di Ubaldo Livolsi, professore di Corporate Finance e fondatore della Livolsi & Partners S.p.A..
 
"Il dibattito che ne è nato è molto positivo- continua- se non altro perché il Governo ha un anno di tempo per lavorare al Tuf (Testo Unico della Finanza) per realizzare la riforma delle disposizioni in materia dei mercati dei capitali inclusi nel D.Lgs 58/1998 (all'epoca direttore del Tesoro era Mario Draghi...) e delle disposizioni in materia di società di capitali contenute nel Codice civile, applicabili anche agli emittenti. È importante ricordare che esortazioni per la riforma del Tuf arrivano anche dall'Ue, dove Consiglio e Parlamento hanno trovato un accordo sul Listing Act, che mira a livellare la normativa a livello comunitario per contrastate in particolare l'arbitraggio regolamentare che avvantaggia soprattutto Olanda e Paesi nordici".
 
"Le principali novità del Ddl si concentrano su più ambiti. Innanzitutto- spiega Livolsi- viene modificata la definizione di Pmi ai fini della regolamentazione finanziaria alzando a un miliardo di euro la soglia di capitalizzazione minima prevista. Significative sono le semplificazioni nelle procedure di ammissioni alla negoziazione, anche attraverso l'eliminazione di alcuni requisiti per la quotazione. Importante anche l'obbligo vigente di segnalazioni alla Consob delle operazioni effettuate da parte degli azionisti di controllo che detengano azioni in misura di almeno pari al 10% del capitale. Dei 27 articoli, uno dei più controversi è il 12, in base a cui il Cda uscente potrà presentare una lista di candidati per l'elezione del medesimo, purché, tra le altre condizioni essa contenga un numero di candidati pari al numero dei componenti da eleggere, maggiorato di un terzo. Il combinato disposto tra questa norma e la prassi in atto rende la presentazione in Italia di una lista per il rinnovo del board del consiglio stesso un'eccezione mondiale. Così un fondo attivista che ha appena l'1% del capitale può ottenere il 20% dei consiglieri e una lista del Cda che ottiene più voti può persino non avere la maggiorana. Risultato: grandi aziende italiane ad azionariato diffuso potrebbero spostare la loro sede in Olanda dove la normativa è più semplice e la giustizia più certa e veloce".
 
"C'è un anno di tempo per sciogliere questo nodo. Cionondimeno- conclude Livolsi- il Ddl Capitali è una tappa molto positiva per incentivare la presenza di più player e l'arrivo di più capitali italiani sul listino. A trarne giovamento non saranno solo le imprese italiane con l'accesso più facile alla Borsa, ma sarà tutto l'ecosistema finanziario nazionale che deve competere con i colossi americani e altri soggetti europei che possono sfruttare situazioni normative migliori".
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