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Dalaido

- di: Barbara Bizzarri
 
Vivere stanca, ed è impossibile non avvertire il peso di un’epoca oscura. Ricatti, menzogne, falsità, transazioni economiche travestite da transizioni ecologiche mentre, per converso e paradossalmente, gli animali selvatici sono condannati a morire perché difendono la prole, e poi genitori costretti a rinunciare ai figli perché non hanno la possibilità di crescerli, violenza gratuita, solitudine che gronda da ogni pagina social, tutto questo crea uno sgomento che sfibra, la fatica di vivere si insinua ovunque. Poi, quando si crede che tutto sia perduto, lo spettacolo continua, in una discesa velocissima verso l’abominio. Si stenta a credere ai propri occhi: possibile che questa sfilza di atrocità non finisca mai? Un video che ha fatto il giro del mondo mostra, durante un evento religioso pubblico che si è svolto a febbraio a Dharamsala, il Dalai Lama con un bambino indiano che dice di volerlo abbracciare. Lui accetta, però prima qui, gli risponde toccandosi la fronte per indicare dove vuole essere baciato, poi qui, accennando alle labbra. Il bambino, riluttante, esegue, la gente intorno ride, l’anziano continua, insiste, tira fuori la lingua, “Suck my tongue”, dice, sembra la revisione di un verso dei RHCP, però questo non è un video, non è una canzone: è l’orrore. Si resta in silenzio, basiti, stupefatti: è giunta l’ora di essere esposti al peggiore dei delitti. Una delle massime autorità spirituali del mondo può dire a un ragazzino ‘succhiami la lingua’ e non essere in galera già da mesi? Allora questo è l’inferno, oppure qualcosa di più atroce. Arduo stabilire se faccia più ribrezzo il video, o quelli che sono subito accorsi per dire, ma no, finora non si era mai comportato da pedofilo. Hanno intervistato madre e figlio, erano felici, onorati. Oppure: Sua Santità si scusa tanto, scherzava. Suona come lo ‘sparecchiavo’ di monicelliana memoria, a ruoli invertiti. E ancora, mostrare la lingua in Tibet è come salutare, un’antica usanza per dimostrare di non averla nera come un tiranno passato alla storia per la sua ferocia: certo, e ciucciarla pure? Poco credibile. Fino all’apoteosi: in effetti, le violenze dei monaci sui novizi ci sono eccome, però sfumate, nascoste, avallate da povertà, timore reverenziale, povertà, necessità, povertà. Quasi come i bambini abusati in Brasile, comprati per fame e che dopo, a violenza consumata, si sentono sporchi (loro). Si tira fuori il significato recondito della lingua, dal Tibet al Piemonte patria del bollito, l’antropologia culturale, la rava e la fava, si interroga il Libro Tibetano dei Morti, si gira intorno all’inosabile, all’indicibile per non dire quello che è evidente a tutti e che comincia a fare capolino in pubblico: dovremo abituarci finché non resterà più nulla di umano, poi interverrà qualcosa a spazzare via gli ultimi barlumi, se ci saranno. Eppure, un dubbio rimane: e se, a implorare ‘suck my tongue’ fosse stato non un prete, così come non è stato un monaco qualsiasi, bensì un Papa?

Il Dalai Lama chiede a un bambino di succhiargli la lingua

Chissà cosa sarebbe accaduto ai voli pindarici giustificazionisti, all’antropologia culturale, alle spiegazioni ampollose, ai vapori e ai merletti per coprire l’inenarrabile, se la massima autorità religiosa dell’Occidente avesse osato tanto, per di più in pubblico, con un bambino; e cosa ne sarebbe stato, per esempio, di questo Papa, che se fa il Papa non piace più ai progressisti che vanno assecondati, gli stessi che però si guardano bene dall’invocare ciò che invocherebbero se l’avesse fatto lui. Come minimo ci sarebbero i kalashnikov e i cannoni intorno al Vaticano, ergo ci si chiede se perfino la pedofilia possa essere giustificata e assolta purché provenga dalla parte “giusta”, esattamente come tutto il resto, dagli stupri, magari avvenuti qualche giorno prima delle elezioni, in poi. Certi obbrobri hanno una connotazione politica, oppure la condanna deve essere unanime? Dovrebbe essere così, con buona pace di Mieli e del suo credo folle, «noi checche rivoluzionarie possiamo amare i bambini in senso erotico, cogliere a viso e a braccia aperte la sensualità inebriante che profondono», e poi si è suicidato a trent’anni, però le agiografie sul suo conto, come i circoli a suo nome, tuttora si sprecano. Nel caso del santone che piace tanto alle star d’oltreoceano, già da tempo coinvolto in affari torbidi come riportato dal Daily Mail, che scrive dei suoi legami con il culto sessuale NXIVM, per sostenere il quale avrebbe ricevuto un milione di dollari  e che si rivela ben lungi dall’essere un’anima pura incarnata per indicare all’umanità la via del nirvana, quanto piuttosto la conferma della condanna al samsara, a inquietare più del video non è soltanto il suo contenuto, bensì che partecipi a un movimento più ampio volto a sdoganare l’aberrazione: da più parti si leva una rivisitazione della morale, e personaggi noti, politici, guru di vario genere hanno iniziato a giocare con parole e definizioni, a trasformarle, ad addolcirle per renderle meno indigeste, no, non è pedofilia, è amore intergenerazionale, senza età, il bambino consenziente, il bambino che può amare come un adulto, il tutto avallato dalle scuole di gender (ce lo chiede l’Europa), fino al video di un tredicenne che si sente donna e balla in tacchi e mini di pelle in un club statunitense, fra gli sguardi golosi di chi prova il gusto di triturare l’innocenza e distruggere vite: questa nuova ondata di pedofilia è ancora più pervasiva e violenta di quella che ha imperversato fra i Sessanta e i Settanta del secolo scorso, perché supportata da un’ideologia che è andata oltre sé stessa, e si serve di ogni mezzo, i pervasivi social media su tutti. Presto il vecchio Lama sarà compreso, discolpato, avvolto nell’oblio con il solito silenzio che tutto autorizza, tutto concede, altro che macina al collo per chi scandalizza i più piccoli, siamo in piena Apocalisse e lo sappiamo, si spera soltanto che il giudizio arrivi presto.

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