L'America Latina laboratorio di esperimenti politici. Un confronto con l'Europa
- di: Leonardo Dini
Se esiste un continente che è un potenziale laboratorio per sperimentazioni politiche originali, questo è il Sud America. Infatti, in Europa, raramente si assiste a cambiamenti politici che si possano definire esperimenti del tutto inediti, anzi in Europa sono, anche di recente, proprio i Paesi Latini: Portogallo e Spagna, a proporre esperienze di governo innovative. L'Europa si distingue invece per altri motivi; ad esempio per il rafforzarsi di una governance da empowerment delle Donne: Finlandia, Danimarca, Islanda, Norvegia, Svezia, sono il centro di questa rivoluzione positiva che merita una trattazione specifica, in un altro articolo.
L’Europa è anche il luogo dei movimenti che progressivamente, con alterne fortune, sostituiscono i partiti tradizionali: è il caso di En Marche ora Ensemble, e da noi, della controversa vicenda del M5S. In Europa prevalgono inoltre i cosiddetti partiti personali, incentrati sulla figura di un leader, di volta in volta, più o meno amato. Infine in Europa dominano in questa fase, post ideologica, i movimenti identitari, nazionalisti o qualunquisti, a fronte di una consolidata crisi economica delle classi sociali del lavoro, mentre il Centro, tradizionale forza di equilibrio, non ha più un ruolo centrale e motivatamente propulsivo e la Sinistra funziona ormai solo in versione up to date: green e basata sui diritti civili e sociali. È letteralmente insomma cambiato il mercato della politica e del marketing politico. Il tutto mentre l’astensionismo è ormai ovunque, per ironia della sorte, la forza, propulsiva, al contrario, più importante, della politica.
L'America del Sud è invece l'esatto opposto, già di per sé, è un vulcano di energie, di creatività e di iniziative politiche, e periodicamente torna di diretta attualità, per i suoi esperimenti politici, nel bene e nel male.
Il peccato originale del continente sta nell'aver trovato solo di recente una vera autonomia internazionale e tuttora non dotata né di una leadership condivisa comune, né di un vertice condiviso, esistono varie organizzazioni di coordinamento, Unione Latino Americano, Mercosur, Unisur, … che tuttavia, fanno dell'unico continente geografico sudamericano una sfera di contraddizioni emergenti. Troppo a lungo e in parte tuttora, l'America dei latinos e l'America Centrale sono rimaste prigioniere di dittature violente e anacronistiche, imposte dai suoi potenti influencers esterni: America e Russia per primi. Tuttora Venezuela e Cuba sono stati in quota ai Russi così come il Brasile ha preso una via, con i Brics, oggettivamente rischiosa, in caso di fallimento della iniziativa Brics. Dall'altra parte l'America prosegue il suo ruolo di dominus economico, influendo sullo sviluppo dell'intero SudAmerica e con la colpa originale di aver provocato troppe dittature, spesso inutili, in passato. La Cina, a sua volta, svolge un suo gioco, di espansione off the record, tipicamente orientale.
Nel contempo esiste anche un valido e poco noto dialogo e collaborazione fra le due sponde dell’oceano, tra Stati Africani in crescita e Stati Sudamericani evoluti, cooperazione virtuosa ma che non può confrontarsi con il colosso Nato (militare) dell’Atlantico del Nord o con quella economica fra Medio Oriente e Asean e Paesi dell'estremo Oriente. Da poco sono emerse contrastate vittorie progressiste in Sudamerica: di esse si è discusso anche in un recente convegno a Roma sul tema. In Colombia Gustavo Petro e Francia Marquez hanno vinto le recenti elezioni, guidando un movimento, il Pacto Historico, formato da 15 espressioni progressiste. La Colombia, così come accaduto con Gabriel Boric in Cile, giovane con un movimento studentesco che ricorda nei modi gli Indignados ispanici, riesce così ad emanciparsi da un passato di conflitti civili. Il denominatore comune del laboratorio politico Latino Americano si individua nell’originale koine' di ideali Lavoristi, (Labour si direbbe a Londra), ambientalisti, Femministi, e di rivendicazione, elemento che fa la differenza in tutto il continente, dei diritti degli Indios autoctoni, popoli lungamente, come in Africa, sfruttati, nei secoli, e spesso esautorati dalle decisioni legislative parlamentari.
Contemporaneamente in Peru’ con Pedro Castillo, in Honduras con Xiomara Castro, e in Cile con Boric e mediante Alberto Fernandez, leader Kirchneriano, in Argentina, e ora nei prossimi mesi con il terzo ritorno di Lula in Brasile, nelle elezioni amministrative, si delinea un continente in cui, come nel 2005, la politica produce cambiamenti effettivi, non marketing. Evo Morales, il primo Indio presidente, qualche anno fa, con la sua Evonomics, evoluzione economica, quasi una parafrasi Left della Reaganomics, in Bolivia, ha segnato il risultato più concreto di questi sforzi di migliorare il continente. Dal lato conservatore e centrista si esprimono i governi di Rodrigo Chaves in Costa Rica, di Benitez in Paraguay, di Pou in Uruguay e di Lasso in Ecuador. Tutti: progressisti e conservatori sono alle prese con i problemi storici del continente: sottosviluppo, alfabetizzazione, disagio sociale e lavorativo delle masse, inefficienze sanitarie (Covid docet) e corruzione diffusa. Maduro, nel Venezuela di Chavez e del suo goal elettorale del 1998, fa storia a sé e ha purtroppo preso la via di un isolazionismo filo russo e con tendenze totalitarie. Idem, al contrario, in Brasile dove il discusso Bolsonaro non riesce a gestire un Paese complesso e complicato. In America Centrale invece prevale un progressismo moderato ma la ingovernabilita' è tema quotidiano. Resta inoltre una diffusa demagogia anti Europea, si pensi all’abbattimento delle statue di Cristoforo Colombo, che se giustificata dalla istanza di legittimazione dei popoli autoctoni, confonde ottusamente colonizzazione ispanica, espansionismo nordamericano e civiltà della esplorazione e della scoperta geografica, di cui Colombo è stato protagonista.