C’era una fila lunghissima fuori dal seggio, quella mattina di marzo del 1946, quando le donne votarono per la prima volta in Italia. Carmela, 68 anni, vedova di guerra, aveva indossato il vestito buono e si era fatta accompagnare dalla nipote. «È il giorno più bello della mia vita», disse mentre stringeva la scheda tra le mani. Le sue amiche ridevano, qualcuna piangeva. Non sapevano bene come funzionasse, ma sapevano che era importante. Che dopo una vita a guardare il mondo dagli angoli, finalmente potevano dire la loro.
Oggi, 80 anni di voto alle donne: storie, battaglie e un diritto conquistato con fatica
In un altro angolo d’Italia, Maria, operaia in una fabbrica di Milano, aveva lasciato il turno notturno in anticipo per essere tra le prime a votare. Aveva discusso per mesi con il marito, che le diceva che «le donne non capiscono di politica». Quel giorno, però, fu lui a restare a casa, mentre lei camminava a testa alta fino al seggio, con la scheda stretta tra le dita nere di fatica.
Il 1° febbraio 1945 era stato approvato il decreto che riconosceva alle donne il diritto di voto, ma per molte di loro il voto non era solo un pezzo di carta. Era la prima volta che il loro parere contava.
Teresa Mattei, la più giovane tra le Costituenti: “Ci siamo conquistate il voto con il sangue”
Quando Teresa Mattei entrò nell’Assemblea Costituente, aveva solo 25 anni. Era stata partigiana, nome di battaglia "Chicchi", e sapeva bene che quel diritto non era stato regalato, ma conquistato con fatica, con la lotta e con il sacrificio di molte donne.
«Abbiamo versato il nostro sangue per la libertà. Se qualcuno pensa di farci tornare indietro, si sbaglia di grosso», disse nel 1946, quando qualcuno cercava già di ridimensionare il ruolo delle donne nella politica italiana.
Le donne come Teresa avevano combattuto sulle montagne, nei nascondigli, nelle città occupate dai nazisti e dai fascisti, mentre gli uomini firmavano decreti che le ignoravano. Quando finalmente poterono votare, non era solo un diritto, era una rivendicazione: noi esistiamo, noi contiamo.
Le 21 donne della Costituente e la battaglia per la parità
Quando il 2 giugno 1946 si votò per la Repubblica e per l’Assemblea Costituente, furono elette 21 donne su 556 parlamentari. Un numero piccolo, ma determinato a lasciare il segno.
Nilde Iotti (nella foto), che poi diventerà la prima donna Presidente della Camera, raccontò che i colleghi uomini spesso le interrompevano mentre parlava. «Ci trattavano come un’eccezione, come una stranezza. Ma noi sapevamo perché eravamo lì. Dovevamo scrivere il futuro.»
Lina Merlin, che si batté per l’abolizione delle case chiuse, raccontò di una sera in cui, dopo un dibattito acceso, un collega le disse: "Ma insomma, non siete stanche di parlare di donne?". Lei lo guardò negli occhi e rispose: "E voi non siete stanchi di parlare di uomini da millenni?"
Quelle 21 donne portarono avanti battaglie fondamentali per la Costituzione, introducendo il concetto di pari dignità tra uomini e donne, il diritto delle donne di accedere a tutte le professioni, la tutela della maternità e l’uguaglianza salariale.
Non solo una data da ricordare: cosa resta da fare
Oggi, 80 anni dopo, la Camera dei Deputati ha deciso di raccontare quelle battaglie con la serie podcast "I giorni delle Costituenti", un viaggio nella memoria attraverso le voci delle allieve dell’Accademia Silvio d’Amico, che interpreteranno le discussioni parlamentari dell’epoca.
Ma ricordare non basta. Perché se nel 1946 molte donne si sentivano dire che non avevano la testa per la politica, oggi quante donne siedono davvero nei luoghi di comando?
Carmela, che nel 1946 votò con la nipote al fianco, oggi non c’è più, ma sua nipote ha cresciuto una figlia che è avvocata, e un’altra che è ingegnera. Maria, l’operaia, non si è mai candidata, ma ha sempre detto alle figlie: "Non abbiate paura di parlare. Quando ci tolgono la voce, ci tolgono tutto."
Forse, il miglior modo per celebrare questa data è chiederci a che punto siamo. Se quelle donne, che hanno combattuto per il loro voto, guardassero l’Italia di oggi, sarebbero soddisfatte? O direbbero che c’è ancora strada da fare?
Un voto non è solo un voto
Nilde Iotti lo disse chiaramente: "La democrazia è incompleta senza le donne."
E oggi, 80 anni dopo, resta una domanda aperta: abbiamo davvero completato quella democrazia?