25 aprile: la Liberazione ha un valore assoluto, anche per chi non la vuole ricordare
- di: Redazione
Il 25 aprile è, da quando è stata istituita, una ricorrenza divisiva per gli italiani. Almeno per quella parte - oggi elettoralmente in maggioranza - che nella Liberazione vede poco da celebrare o festeggiare o anche solo ricordare.
Siamo nel campo dei punti di vista, anche se è oggettivo che, nel 1945, l'Italia viveva la condizione di Paese occupato e, quindi, che l'ufficializzazione dell'insurrezione generale (nei territori che di fatto erano controllati dai nazisti) segnò, di fatto, l'inizio della Liberazione. In questi anni - praticamente da oltre settanta - il 25 aprile è occasione per scontri verbali, dispute storiche o ideologiche, che vedono contrapposti schieramenti che nemmeno la ragionevolezza riesce ad avvicinare. E se qualcuno lo fa (come ha cercato Gianfranco Fini), inevitabilmente vede la sua parte politica tacciarlo di ipocrisia, se non di peggio, come se esprimere un proprio punto di vista debba necessariamente essere un tradimento.
25 aprile: la Liberazione ha un valore assoluto, anche per chi non la vuole ricordare
Forse in un momento come questo verrebbe da chiedersi - non da parte nostra, ma da parte di chi ci governa - se chi ha votato il centro-destra nelle elezioni dello scorso settembre, che hanno segnato il trionfo di Giorgia Meloni, sia compatto nel contestare il valore fortemente simbolico della festa della Liberazione, quasi ad augurarsene un ridimensionamento o addirittura la cancellazione.
Oppure, come appare evidente, è possibile che all'interno della maggioranza esistano sensibilità diverse e, quindi, di conseguenza, un modo diverso di ''leggere'' quel che ha significato il 25 aprile per il Paese, di ieri e anche di oggi?
Il fatto è che si ha la percezione che l'essere arrivati al governo dia ad alcuni esponenti della maggioranza l'impressione che taluni retaggi, che saggiamente erano stati tenuti nella sfera personale, oggi possono avere dei valori se non assoluti, quanto meno da proporre apertamente, quasi rivendicandoli.
Si potrebbe, a questo punto, adattare ad alcune esternazioni da parte di esponenti della maggioranza il ragionamento che si è fatto su Silvio Berlusconi e le frequentazioni che gli sono state attribuite (e che lui ha sempre smentito). Ciascuno, tra i muri di casa sua, può fare quel che vuole, sempre nel rispetto della legge e, se si ha una carica o un incarico pubblici, anche della ragione di Stato che impone comportamenti solo ed esclusivamente leciti o nell'ambito della condotta ineccepibile. Ognuno, in casa propria o nella cerchia ristretta delle sue amicizie, può celebrare chi vuole, siano ideologie o personaggi che si sono macchiati di delitti imperdonabili, ma se riveste una carica pubblica, conseguenza di un consenso elettorale, deve avere come sola, unica ed incancellabile priorità la Costituzione ed i valori sui quali essi si è fondata, a cominciare appunto dalla sconfitta del fascismo.
Che può essere il ''male assoluto'' o no, poco importa, ma che è stato un regime che ha soffocato per vent'anni quella libertà che oggi consente al centro-destra di essere laddove la maggioranza degli elettori ha democraticamente deciso.