Zelensky lancia l’allarme: “L’America deve parlare, Putin va fermato”
- di: Cristina Volpe Rinonapoli

Una nuova notte di raid russi ha colpito duramente l’Ucraina, lasciando almeno 12 morti e decine di feriti. L’intero Paese è stato attraversato da una serie di attacchi missilistici e droni kamikaze, con epicentro nelle regioni di Kharkiv, Dnipro e Zaporizhzhia. Le esplosioni hanno danneggiato infrastrutture energetiche, scuole e centri residenziali, aggravando ulteriormente la crisi umanitaria e alimentando la tensione internazionale. Le sirene hanno suonato a Kiev per più di tre ore consecutive nella notte, mentre i soccorritori scavavano tra le macerie. A sud, nella regione di Mykolaiv, almeno tre attacchi hanno preso di mira le vie di comunicazione strategiche.
Lo sfogo del presidente ucraino: “Il silenzio degli alleati rafforza Mosca”
In un messaggio diretto e accorato, il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha lanciato un appello agli Stati Uniti, accusandoli di un silenzio “che incoraggia Putin”. “Abbiamo bisogno di parole chiare e di nuove sanzioni adesso, non dopo”, ha dichiarato, chiedendo anche un maggiore sostegno in armi e difesa aerea. Le parole di Zelensky sono arrivate dopo giorni di incertezza a Washington, dove l’agenda internazionale è stata oscurata dalle priorità interne. Il presidente Trump, finora, non ha rilasciato dichiarazioni ufficiali sulla nuova escalation. L’amministrazione americana, tramite l’inviato speciale Keith Kellogg, ha però definito gli attacchi “vergognosi e inaccettabili”, promettendo una “risposta ferma”.
Il caso Kursk e la minaccia diretta a Putin
In parallelo, il Cremlino ha diffuso la notizia del presunto sventato attentato contro un elicottero che avrebbe dovuto trasportare Vladimir Putin nella regione di Kursk. L’operazione sarebbe stata condotta da sabotatori ucraini infiltrati, secondo quanto riferito dai servizi russi. L’episodio, ancora avvolto nel mistero, ha rilanciato i timori di un allargamento della guerra a forme di conflitto asimmetrico e attacchi mirati alle figure apicali. Il governo ucraino non ha commentato direttamente, ma alcuni funzionari hanno smentito ogni coinvolgimento. I vertici militari di Kiev continuano però a ribadire che “ogni infrastruttura militare russa è un obiettivo legittimo”.
Lo scambio di prigionieri: 1.000 uomini per parte
In questo clima infuocato, una notizia in apparenza positiva ha riguardato il completamento dello scambio di prigionieri più ampio degli ultimi mesi: mille soldati restituiti a ciascuna delle due parti. Le immagini rilasciate mostrano abbracci, lacrime e bandiere sollevate, in un raro momento di tregua emotiva. Tuttavia, dietro lo scambio si cela un calcolo preciso: mantenere aperti canali di comunicazione militari per evitare il collasso totale delle regole minime di guerra. La Croce Rossa ha monitorato l’operazione, ma ha avvertito che la detenzione prolungata e le condizioni carcerarie restano drammatiche.
Mosca punta al logoramento, Kiev teme l’abbandono
L’obiettivo strategico della Russia sembra essere quello di logorare lentamente la resistenza ucraina, approfittando della stanchezza degli alleati e del cambio di focus geopolitico a livello globale. Kiev, al contrario, tenta disperatamente di mantenere alta l’attenzione dell’Occidente, ben consapevole che la sua sopravvivenza militare dipende dagli aiuti esterni. “Questa non è solo una guerra nostra, è una guerra per l’Europa”, ha ribadito Zelensky. Il suo timore è che l’Ucraina venga gradualmente lasciata sola, con un prezzo umano e territoriale insostenibile. La finestra di intervento politico e diplomatico, anche in questo caso, sembra destinata a richiudersi in fretta.