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Yaqeen, la bambina con il forno di terracotta: uccisa a Gaza la piccola influencer diventata simbolo

- di: Cristina Volpe Rinonapoli
 
Yaqeen, la bambina con il forno di terracotta: uccisa a Gaza la piccola influencer diventata simbolo

FOTO: @yaqeen_hmad

Aveva undici anni Yaqeen Hammad e una felpa con l’orsacchiotto sopra. Nessun filtro. Nessun editing. Solo il suo volto, le sue mani che impastano farina in un forno di terracotta, costruito con pezzi trovati tra le macerie. Gaza era il suo sfondo. La guerra, il suo paesaggio quotidiano. E in mezzo, la sua voce bambina, che parlava a decine di migliaia di follower con una sola idea: “Niente è impossibile”.

Yaqeen: uccisa a Gaza la piccola influencer diventata simbolo

Yaqeen è morta in un raid aereo israeliano nella notte tra il 23 e il 24 maggio. L’attacco ha colpito il quartiere di al-Baraka, a Deir el-Balah, nel cuore della Striscia. È rimasta sotto le macerie con buona parte della sua famiglia. Lavorava con il fratello maggiore, Mohamed, operatore umanitario. Insieme distribuivano pane, abiti, piccoli giocattoli. Lei documentava tutto con il cellulare. Non per sé, per chi guardava da fuori. Per dire che a Gaza si può ancora giocare, sorridere, cucinare, costruire. Resistere.

Le immagini di Yaqeen sono ora ovunque. Su Instagram, su TikTok, rilanciate da giornalisti, attivisti, da chi ha bisogno di un volto per raccontare questa guerra. Non più numeri. Non più solo statistiche. L’UNICEF parla di oltre 950 bambini uccisi solo negli ultimi due mesi. L’UNRWA ne conta più di 16.000 dall’inizio dell’offensiva. Ma lei aveva un nome. Aveva un forno. Aveva un pubblico.

“Abbiamo stomaci vuoti ma cuori fedeli”, diceva in uno dei suoi video. In un altro insegnava a costruire un forno con mattoni rotti e sabbia compressa. In un altro ancora guidava un gruppo di bambini in un campo sfollati, spiegando come si può giocare senza giocattoli.

La sua figura è diventata simbolo senza che lei volesse esserlo. Non parlava in slogan. Parlava della sua vita. Quella che ora non c’è più. Il suo profilo, seguito da migliaia di persone, è oggi un archivio della resistenza quotidiana. Quella dei bambini. Quella silenziosa, che passa dai gesti e dai piccoli riti. Un forno che cuoce il pane, mentre tutto intorno crolla.

Un fotoreporter palestinese ha scritto su X: “Il suo corpo potrebbe non esserci più, ma il suo impatto resta un faro”. E in un certo senso è così. Il suo volto continua a parlare a chi vuole ascoltare. Con un sorriso che non ha bisogno di parole, né di pace firmata.
Solo di essere visto.

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