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Warhol al cinema, il mito in 16 mm: arriva in sala il docu-film evento

- di: Giulia Caiola
 
Warhol al cinema, il mito in 16 mm: arriva in sala il docu-film evento

L’icona per eccellenza della Pop Art americana torna protagonista in sala con "Andy Warhol – l’arte di essere Andy", il docu-film diretto da Ric Burns in arrivo nei cinema italiani come evento speciale distribuito da Nexo Digital il 6, 7 e 8 maggio. L’opera, parte del ciclo “La grande arte al cinema”, propone un’immersione totale nel mondo warholiano, andando oltre la patina luccicante di colori, serigrafie e celebrities per restituire un ritratto profondo, complesso e sorprendentemente umano dell’artista che ha rivoluzionato il concetto stesso di immagine.

Warhol al cinema, il mito in 16 mm: arriva in sala il docu-film evento

Girato con un linguaggio che si muove tra narrazione cinematografica e documentario d’arte, il film alterna materiali d’archivio inediti, brani dalle sue stesse interviste, testimonianze di amici e studiosi, e una colonna sonora curata con precisione, in grado di evocare il clima psichedelico e inquieto della New York degli anni Sessanta e Settanta. Ne emerge la figura di un uomo timido, inquieto, manipolatore e geniale, la cui estetica ha cambiato per sempre il modo di pensare la cultura visuale contemporanea.

Dietro il personaggio, l'uomo


L’aspetto più interessante dell’opera di Ric Burns è proprio il tentativo di scavare sotto la superficie dell’icona. Warhol, troppo spesso ingabbiato nel suo ruolo di artista cinico e disinteressato, viene mostrato anche come un figlio devoto, un omosessuale cresciuto in un’America repressiva, un sopravvissuto alla violenza (dopo l’attentato subito nel 1968) e un visionario che ha saputo anticipare l’avvento della cultura dell’immagine e del consumo. Il documentario, ispirato in parte alla monumentale biografia di Blake Gopnik, offre una prospettiva storica e psicologica, intrecciando l’ascesa di Warhol con i mutamenti della società americana.

Non mancano riferimenti ai momenti chiave della sua parabola artistica, dalla fondazione della Factory alla scoperta di Edie Sedgwick, dalla produzione dei film underground al rapporto con la scena queer newyorkese e con la religione, elemento quest’ultimo spesso rimosso nel racconto canonico della sua figura. L’obiettivo non è la celebrazione, ma la comprensione.

Un’opera che parla al presente


La potenza del film sta anche nella sua attualità. In un’epoca in cui il concetto di celebrità è diventato liquido e virale, e dove l’estetica dei social media sembra aver preso in prestito in modo diretto il linguaggio pop di Warhol, il docu-film si interroga sul lascito di un artista che aveva previsto tutto: l’egemonia dell’immagine, la moltiplicazione della fama, la dissoluzione del confine tra arte e mercato. In questo senso, Andy Warhol – l’arte di essere Andy si rivela uno strumento potente per riflettere sul nostro tempo.

Lontano dalla superficialità delle biografie patinate, il film di Burns si rivolge a un pubblico ampio: dagli studiosi d’arte ai fan della cultura pop, dagli studenti alle nuove generazioni cresciute tra TikTok e selfie, mostrando come Warhol, in fondo, parli ancora direttamente a loro. Il montaggio serrato, l’uso sapiente dei materiali d’epoca e il ritmo visivo rendono l’esperienza cinematografica intensa e coinvolgente, capace di restituire il senso di una vita e di un’epoca.

L’eredità di Warhol tra cinema e memoria

Il ritorno in sala di Warhol, attraverso il linguaggio del cinema documentario, segna anche una tappa importante nel modo in cui l’arte contemporanea viene raccontata e vissuta oggi. Il film di Ric Burns non solo arricchisce la conoscenza di un personaggio ormai mitico, ma conferma quanto la sua figura continui a esercitare una fascinazione trasversale e ininterrotta. Il mito si rinnova sul grande schermo, e lo spettatore è chiamato a interrogarsi su quanto Andy Warhol sia ancora vivo nella nostra quotidianità visiva, tra pubblicità, moda, musica e comunicazione.

Nell’epoca in cui “tutti saranno famosi per quindici minuti” è diventata una profezia avverata, la sala cinematografica torna a essere luogo di memoria e di riscoperta. Perché capire Warhol significa, forse, capire meglio noi stessi.

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