Un’ondata di cancellazione senza precedenti sta colpendo la memoria storica degli Stati Uniti. Oltre 26.000 immagini archiviate dal Pentagono, molte delle quali legate a figure e momenti cruciali della diversità nelle forze armate, sono state rimosse. Un numero che potrebbe addirittura salire a 100.000, in una furia iconoclasta guidata da una nuova stagione politica e dall’influenza crescente degli estremisti religiosi, in particolare gli evangelici conservatori.
Un attacco diretto alla diversità
Il provvedimento arriva direttamente dal Dipartimento della Difesa, guidato da Pete Hegseth (foto), su mandato dell’amministrazione Trump. L’obiettivo dichiarato: eliminare ogni riferimento ai programmi per la diversità, l’equità e l’inclusione (DEI) all’interno del governo federale. "Abbiamo messo fine alla tirannia delle cosiddette politiche per la diversità, l’equità e l’inclusione in tutto il governo federale e nel settore privato e nell’esercito. Il nostro paese non è più woke", ha dichiarato Donald Trump nel discorso sullo Stato dell’Unione il 7 marzo 2025.
Tra le immagini rimosse, alcune hanno destato particolare indignazione: le foto dei Tuskegee Airmen, i primi aviatori afroamericani delle forze armate statunitensi, e la prima donna Marine. Anche l’iconica immagine dell’Enola Gay, l’aereo che sganciò la bomba atomica su Hiroshima, è stata censurata: il suo nome,”gay", ha spinto alcuni ufficiali ad inserirlo nella lista dei contenuti rimossi.
Il ruolo degli estremisti religiosi
L’influenza degli evangelici conservatori è stata determinante nel processo di cancellazione. Gruppi religiosi vicini all’amministrazione hanno spinto per eliminare ogni riferimento a minoranze e comunità LGBTQ+, sostenendo che tali immagini rappresentassero una "distorsione woke della storia americana". Secondo fonti interne al Pentagono, la pressione politica e religiosa ha reso il processo di revisione delle immagini caotico e privo di criteri chiari. Alcune foto sono state eliminate semplicemente perché nei metadati compariva la parola "gay" o “inclusione”.
Proteste e resistenze
L’ondata di cancellazioni ha scatenato proteste in tutto il paese. L’8 marzo, migliaia di donne sono scese in piazza in diverse città per denunciare la nuova politica di eliminazione della diversità, in quella che si preannuncia una battaglia di lungo periodo per i diritti civili. “Quello che sta accadendo è un vero e proprio revisionismo storico. Non permetteremo che il contributo di donne e minoranze venga cancellato dalla narrazione nazionale”, ha dichiarato Tamika Mallory, attivista e leader del movimento Women’s March, durante una manifestazione a Washington D.C.
Nel frattempo, alcuni alti ufficiali dell’esercito hanno espresso privatamente preoccupazione per il clima di censura che si sta instaurando all’interno delle forze armate. “Queste immagini rappresentano la nostra storia, la nostra identità. Cancellarle significa negare la realtà di chi ha combattuto e servito il paese”, ha dichiarato un ufficiale anonimo dell’Aeronautica a politico.
Le prossime mosse
Mentre il Pentagono continua a rivedere gli archivi fotografici, il numero delle immagini segnalate per la cancellazione cresce. Secondo indiscrezioni, la soglia delle 100.000 foto potrebbe essere superata entro la fine dell’anno. Nel frattempo, avvocati e associazioni per i diritti civili stanno valutando azioni legali contro la politica di rimozione, accusandola di essere discriminatoria e lesiva della libertà di espressione.
In un clima politico sempre più polarizzato, la guerra alla memoria storica appare come una delle battaglie più aspre dell’era Trump. La domanda che ora ci si pone è: quale sarà il prossimo capitolo di questa crociata ideologica?