Unicredit: l'Ad Orcel vince sempre alla guerra per il grano

- di: Redazione
 
La pazienza è un dono. Lo sanno bene quelli che ne hanno poca o nulla e, ogni qual volta si avvicina una scadenza, anche quella meno importante, cominciano ad avvertire che il nervosismo sale, in modo incontrollato.
A guardare quanto sta accadendo in casa Unicredit, c'è da augurarsi che il popolo degli azionisti abbia fatto una grossa scorta di pazienza, soprattutto pensando alla vicenda della remunerazione dell'Ad Andrea Orcel, che resta uno dei misteri gaudiosi della finanza italiana.

Continuano le polemiche relative alla retribuzione dell'Ad di Unicredit, Andrea Orcel

Col massimo rispetto, chiediamo aiuto a Cicerone e, con una semplice sostituzione, riscriviamo la famosa sferzata riservata a Catilina, che potrebbe essere utilizzata da molti degli azionisti di Unicredit con una diversa formulazione: ''Quousque tandem, Orcel, abutere patientia nostra?''. Ovvero: caro Ad Orcel, ci pare che, parlando di retribuzione, la misura sia colma.

Anche perché c'è il rischio concreto che i venti che spirano alle spalle della barca di Unicredit, piuttosto che gonfiare le vele, la disalberino. E a farlo capire non sono analisi azzardate o che vengono da nemici giurati di Orcel, ma dalle parole dello stesso amministratore delegato di Unicredit che, riferendo quanto sta accadendo in Ucraina, ha ipotizzato che le attività dell'istituto in Russia si traducano in perdite per 7,5 miliardi di euro.
Ora, se la borsa ha reagito facendo calare il valore delle azioni di Unicredit di un chiarificatore 3,1 per cento, tra gli azionisti ha cominciato a serpeggiare sconcerto perché, a fronte di un orizzonte buio per le conseguenze della guerra che la Russia ha dichiarato all'Ucraina, piuttosto che tracciare le strategie per fare sì che l'istituto dia una risposta concreta, si continua a parlare del vil denaro che continuerà ad arrivare, con svizzera puntualità, nelle tasche dell'Ad.

Abbiamo già affrontato questo argomento, sottolineando che quando i manager di alto livello si mettono sul mercato c'è una corsa ad accaparrarsene le capacità che si gioca a colpi di offerte di remunerazioni spesso a sei zeri. Andrea Orcel uno stipendio del genere se lo è accaparrato già lo scorso anno (2,5 milioni fissi e cinque come bonus all'atto dell'inizio del mandato) quando, con il mondo alle prese con la pandemia, forse un minimo di cautela nello staccare un assegno di simile portata ci poteva stare.

Se si prosegue oggi nella medesima politica, confermando lo ''stipendio'' dello scorso anno (quale che siano le voci che compongono l'ammontare finale), quando la guerra è già dentro l'Europa, allora significa che la logica imprenditoriale più sfrenata prevale sui principi dell'equilibrio, sulla continenza delle proprie ambizioni personali.

Ma, sino a quando a dire queste cose sono osservatori (che, per questo, sono esterni a Unicredit), si potrebbe anche dire che le analisi sono parziali o elaborate sulla scorta di informazioni parziali o monche.
Invece c'è chi è pagato per fare le pulci alle carte di Unicredit e a esprimere un giudizio, che non è solo contabile, ma di merito. Come Glass Lewis, agenzia di consulenza, che dice, senza tanti fronzoli, che l'Ad riceve un salario base ''significativamente più alto di quello dei competitor'', tanto da esprimere ''serie riserve all'idea di approvare la relazione sulla remunerazione'' e manifestando preoccupazione per la ''mancanza di una risposta esplicita al dissenso degli azionisti''. Ma c'è un altro consulente, Iss, che ritiene la politica di remunerazione che premia l'Ad ''ben descritta e complessivamente ben allineata alle best practice di mercato''.
Ma verrebbe da dire che, almeno in questo periodo, più che alla best practice di mercato, bisognerebbe avere attenzione e riguardo alla situazione generale, in cui uno stipendio dell'ammontare di quello riconosciuto a Orcel forse pone domande sulla sensibilità di chi l'ha deciso e di chi, magari, lo ha anche richiesto.

Bisogna comunque dire che, in questo delicato campo, Orcel non è certo solo in Europa dove gli azionisti di molte banche sono insorti leggendo, nelle relazioni programmatiche e di bilancio, quale entità avessero le retribuzioni degli amministratori delegati. Un moto spontaneo di rivolta che si è fermata a proteste vibranti, formulate nelle giuste sedi, ma anche sui media. E, a differenza di casa Unicredit, alcuni amministratori delegati hanno rinunciato a parte dei loro compensi.
Un gesto simbolico (quel che resta loro dello stipendio consente di festeggiare il sabato sera con una pizza e un birra) che però è stato anche un segnale. Che, ad oggi, da piazza Gae Aulenti non è arrivato.
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