“Le sanzioni più efficaci sono gli incendi alle raffinerie russe”. Con questa frase, Volodymyr Zelensky sintetizza la nuova fase della guerra. Non più solo resistenza sul campo, ma attacchi diretti all’infrastruttura energetica di Mosca. Bruciare raffinerie significa colpire il cuore della capacità russa di generare risorse finanziarie e mantenere il fronte. È anche un messaggio all’Occidente: le misure economiche non bastano, serve la mano armata dei droni e dei sabotaggi.
Ucraina e Russia: la guerra delle infrastrutture energetiche e il ruolo delle sanzioni
La premier estone Kaja Kallas avverte: “L’escalation dei droni minaccia la sicurezza”. L’uso massiccio di velivoli senza pilota da parte di Kiev segna una mutazione strategica. Non si tratta più di incursioni simboliche, ma di un sistema di guerra a basso costo e ad alto impatto, capace di penetrare in profondità nel territorio russo. Questo cambia gli equilibri: la guerra, pensata da Mosca come confinata al Donbass, diventa guerra alle retrovie economiche dell’impero energetico.
Trump e la pressione sull’Unione Europea
Dal lato occidentale, Donald Trump chiede all’Unione Europea di “inasprire le misure contro Mosca”. La logica americana è chiara: la guerra ucraina non è questione di frontiere locali, ma di ridefinizione degli equilibri continentali. Se l’Europa vacilla, l’influenza russa resta. Per la Casa Bianca, l’Ue deve farsi carico di un conflitto che tocca direttamente il suo spazio strategico, mentre Washington mantiene il controllo dei ritmi e delle soglie dell’escalation.
Le incursioni e la risposta romena
Kiev rivendica l’attentato ai treni russi, confermando la linea dell’attacco alle infrastrutture logistiche. In parallelo, l’incursione di Mosca in Romania costringe Bucarest a convocare l’ambasciatore russo. Ursula von der Leyen parla di “seria minaccia alla stabilità”. La vicenda dimostra che la guerra non è più contenibile nei soli confini ucraini: si tratta di una dinamica capace di coinvolgere l’intera Nato orientale. Ogni errore di calcolo può trasformarsi in casus belli.
La vulnerabilità europea
La posizione tedesca è sintomatica: nel cuore dell’Ue, l’AfD cresce e triplica i voti nelle comunali renane, mentre i Verdi crollano. La società tedesca, tra stanchezza da sanzioni e crisi energetica, è meno coesa di quanto servirebbe. Per Trump, questo è un punto debole da colmare con pressione politica e diplomatica. Per Mosca, un’occasione di infiltrazione nel sistema europeo. Il campo di battaglia, quindi, non è solo fisico ma anche elettorale.
La logica di potenza e il tempo lungo
Nella guerra tra Ucraina e Russia, le raffinerie incendiate sono un simbolo della logica di potenza. Kiev dimostra che può ferire l’avversario al di là del fronte, mentre Mosca mostra di poter lambire territori Nato. In mezzo, l’Europa si scopre fragile e dipendente dal ritmo imposto da Washington. Trump sfrutta la guerra come laboratorio per testare la fedeltà europea e per ribadire la centralità americana. Zelensky, a sua volta, trasforma il fuoco dei droni in strumento di diplomazia coercitiva.
Una partita senza sbocchi immediati
Il quadro è quello di una guerra destinata a protrarsi, dove la stabilità regionale è sacrificata a una competizione sistemica più ampia. Le raffinerie russe e i confini romeni sono solo le prime linee di un conflitto che ridisegna lo spazio euroasiatico. L’Occidente cerca di gestirne i costi, Mosca di sopravvivere sfruttando le crepe europee, Kiev di restare al centro della scena. Ma il tempo lavora contro chi non riesce a trasformare la resistenza in ordine geopolitico.