Conflitto in Ucraina: The apocalypse now?

- di: Redazione
 
A (poche) migliaia di chilometri da noi, sta accadendo quel che solo i catastrofisti di mestiere potevano avere predetto: il mondo, non solo la Russia (invasore) e l'Ucraina (invasa), sono ad un passo da una catastrofe dalle inimmaginabili conseguenze, perché la guerra è arrivata ormai dentro impianti nucleari, peraltro vetusti, che aspettano solo d'essere colpito da un razzo o una cannonata per investire tutto quanto li circonda di un fall out che spargerà soltanto morte, direttamente o come conseguenza.

L'invasione russa in Ucraina è ormai a un passo dall'avere conseguenze catastrofiche

È come se questa guerra, da insensata e folle, stia evolvendosi in un movimento di autodistruzione in cui un gruppo di persone (Vladimir Putin non è solo, anche se è il maggiore responsabile di questa situazione) , dopo essersi posti un obiettivo, hanno deciso, pur di conseguirlo, di mettere in gioco la sopravvivenza dell'intero pianeta.
Non è però un gioco di guerra, di quelli che si combattono davanti ad un video e con un joystick manovrato compulsivamente: è una cosa reale in cui, quale che possa essere, la posta in palio non vale certo lo sterminio di centinaia di migliaia di persone.

Portare la guerra vicino alle centrali nucleari dell'Ucraina non è solo un evento bellico nell'ambito di un conflitto, ma é una precisa strategia che, però, per mettere in ginocchio la resistenza degli invasi, mette a rischio tutto quanto. E' un rischio calcolato - un Paese senza energia elettrica non manca solo dell'elettricità, ma anche e soprattutto di comunicazioni, vitali in un conflitto -, ma sino a che punto lo può essere, considerando che un combattimento sul terreno ha troppe variabili?
Il mondo, stremato dalla pandemia, di tutto aveva bisogno meno che di sentirsi su una barchetta che un timoniere pazzo vuole spingere contro gli scogli. Ed invece è proprio questo che sta accadendo, perché noi, esseri umani, stiamo a guardare se non per protestare, per piangere e disperarsi.

Quanto accade fa dimenticare che la guerra è fatta da persone, da uomini e donne che tutto avrebbero voluto meno che impugnare delle armi per fare della loro terra un Paese e non un ghiotto boccone per l'orso moscovita.
E lo stesso, comunque, potrebbero dire i russi che (al di là di una residua percentuale fatta da nazionalisti che rimpiangono l'Urss, nonostante si basasse su una ideologia che loro dovrebbero rifiutare, per l'estensione che aveva, per i muscoli che mostrava, per il timore che incuteva) si chiedono che senso abbia quanto sta accadendo e se lo chiederanno ancora di più quando saranno noti a tutti i numeri reali dell'avventura putiniana, che non sono solo i morti, ma la devastazione che subirà la fragile macchina economica.

Questa follia vive di fatti e persone e vive anche delle contraddizioni di chi è quasi costretto a nascondere le sue paure. Come il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, che ogni giorno ringrazia il cielo d'essere ancora vivo e che i sicari scatenati contro di lui non abbiano ancora avuto il loro trofeo.
Mentre, ad un momento all'altro, dalla pianura che circonda l'impianto nucleale di Zaporizhzhia potrebbe arrivare la notizia che è cominciata l'apocalisse atomica, lui si definisce come farebbe ciascuno di noi, ''un essere umano come un altro, che vuole vivere''. Ma lui non è come gli altri perché, dice, ''come presidente, non ho il diritto di avere paura per me stesso''.

A migliaia di chilometri a est dalla martoriata Kiev c'è un altro presidente che guarda alla cartina dell'Ucraina come un giocatore di Risiko. Solo che qui i carrarmati non sono pedine gialle o verdi da spostare su una cartina e i soldatini, quando cadono, significa che sono morti.
Un presidente che, in evidente trance egotica e narcisista, giocherella col telefono da cui potrebbe dare l'ordine.
L'ultimo.
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