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Ucraina: il Papa in lacrime scuote le nostre coscienze

- di: Redazione
 
Ucraina: il Papa in lacrime scuote le nostre coscienze
La guerra, davanti ai nostri occhi che ormai sono distratti da altre cose, continua, con un'agenda quotidiana che parla di morti, distruzione, fame, disperazione. Tutte cose che, oramai, si sono sedimentate nella nostra mente, diventando una consuetudine, una routine alla quale ci siamo abituati, forse senza nemmeno rendercene conto. Non è cosa che ci deve sorprendere, perché riaccade ciclicamente quando, dopo l'orrore iniziale, cominciamo a considerare le notizie di una guerra come un'eco lontana, come se non ci interessi più, nonostante il fatto che, a metterci un po' d'attenzione, potremmo sentire il rumore delle esplosioni. C'è voluta l'immagine potente e insieme struggente di un uomo avanti con gli anni, vestito di bianco, con la voce rotta dalla commozione e con le lacrime che segnavano il volto, per farci ricordare che la Terra è troppo piccola per essere devastata, ancora un volta, dalla guerra.
Papa Francesco, in una piazza di Spagna, a Roma, diventata improvvisamente troppo piccola per il suo dolore, è diventato lui stesso parte della guerra, come chi ad essa si è sempre ribellato e non perda occasione per chiederne la fine.

Ucraina: il Papa in lacrime scuote le nostre coscienze

Lui che, in questi mesi, ha continuamente speso parole affinché si facciano tacere le armi e si cominci ad inseguire la pace come sola soluzione alla guerra.
Una immagine che dovrebbe avere risvegliato le coscienze e che però rischia, come troppo spesso accade, di essere sfruttata, strumentalizzata da chi di guerra parla solo per convenienza, per accreditarsi come unico vessillifero di una pace che, da valore universale, è ormai un corollario, qualcosa da tirare fuori non per convinzione, ma perché fa comodo.

E' una lezione, per quanto involontaria, quella che Francesco ha dato al mondo intero, a tutti, soprattutto a coloro che si limitano ad osservare, con il distacco del disincanto, al suono di ''tanto non ci possiamo fare niente''. Eppure il Papa ha avuto il coraggio di puntare il dito, ha avuto la forza - lui che è anche capo di uno Stato, che ha la sua Costituzione sostanziale nei Testi Sacri - di dire di chi è la colpa, dire chi deve vergognarsi, davanti al mondo e di fronte alla Storia.

Lo ha fatto quando molti questo coraggio non l'hanno avuto e mai l'avranno, anche davanti alle immagini di cadaveri estratti da macerie, di donne e bambini in fila nel gelo per compiere un gesto che altrove è normalità, come riempire una bottiglia d'acqua o ricaricare il telefono, unico strumento per riannodare i contatti e i legami con familiari lontani e non necessariamente al sicuro.
Ora aspettiamo che qualcuno ''arruoli'', quell'Uomo in lacrime e con la voce ridotta ad un filo, nelle file dei pacifisti, cosa che sarebbe un'offesa per il messaggio di cui si è sempre fatto latore Francesco: perseguire con ogni mezzo la pace, ma ricordandosi chi l'ha violata, chi ha voluto che la morte si aggirasse per strade e piazze, indossando divise di questa o dell'altra fazione. II Papa non è un soldato da schierare, ma è un pensiero, è parole, è preghiera. Usarlo è solo la conferma di quanto ormai banale sia la politica, anche se parla di pace.
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