Ucraina: l'Italia ha fatto tanto, ma non faccia troppo
- di: Diego Minuti
Nella foto: Il Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, alla stazione centrale è accolta dal dal Vice Ministro degli Affari Esteri ucraino, Yevhen Perebyinis
Stare accanto ad un Paese suo malgrado in guerra è, per chi ha chiare fondamenta democratiche, quasi una scelta obbligata, perché la prossima volta potrebbe toccare a lui. Nelle ore immediatamente successive all'aggressione russa all'Ucraina (che prosegue anche in queste ore, con l'obiettivo di distruggere il Paese, quale che possa essere alla fine l'esito del conflitto, per punirlo del fatto di non avere accettato supinamente la mutilazione del proprio territorio) l'Italia si è ritrovata accanto a Kiev. Un sentimento di esecrazione dell'accaduto, che però ha avuto, come in amore, diverse sfumature, a seconda del sentimento o, peggio, della convenienza. Ma stare accanto all'Ucraina è stato sentito come un dovere, al quale non potersi sottrarre nonostante le minacce di Mosca, direttamente pronunciate da Vladimir Putin o da suoi boiardi, alla perenne ricerca di consenso dello zar.
Ucraina: l'Italia ha fatto tanto, ma non faccia troppo
La vicinanza ad uno dei Paesi belligeranti ha comunque sempre un costo che, nel caso italiano, è anche ideologico perché, d'accordo tutti sul fatto che Mosca è da condannare, ci sono state delle differenze nell'approccio al problema, magari anche perché nello stesso governo siedono, con Fratelli d'Italia, partiti che hanno avuto legami mai negati con la Russia (con una idolatria imbarazzante nei confronti di chi siede al Cremlino) o che, per l'innamoramento ricambiato con Putin, non ce la fanno proprio a dirne male, pur dichiarandosi a favore della pace. Questo dell'essere per la pace è un refrain che però cozza con la realtà dei fatti (non si può dire sì all'invio delle armi e rinnegarlo un minuto dopo) e la visita di Giorgia Meloni in Ucraina e nelle sue città martiri dovrebbe avere fatto chiarezza su come il governo sia stato (già con Draghi), sia ancora e sarà un sostenitore delle ragioni di Kiev, politicamente, diplomaticamente e concretamente.
Sul piano fattuale, l'Italia ha fatto tanto per l'Ucraina, inviando aiuti ed aprendo le sue frontiere ai profughi, con una politica di accoglienza sincera, al netto delle nostre difficoltà economiche.
Ma oggi, con Meloni ancora in Ucraina, è lecito, forse anche necessario, chiedersi se quel ''tanto'' sia diventato ''troppo''. Non nel senso materiale, ma in quello di adeguarsi completamente alla linea degli Stati Uniti, che restano il contributore più forte e determinato in favore di Kiev, ma che sta giocando una partita più ampia, perché, sostenendo l'Ucraina, indebolisce la Russia, cosa che per Washington resta sempre un buon risultato. Sarebbe comunque naturale chiedersi se Roma abbia, sulla questione, una politica quasi segnata, non potendosi sottrarre agli obblighi della politica dell'Occidente (comprendendo in questa definizione anche molti Paesi che geograficamente e politicamente non vi ricadono), che vede schierate molte cancellerie europee.
Il nodo forse è un altro, perché forse la visita del primo ministro subito dopo quella di Biden in qualche modo ne segna una continuità. Non è probabilmente vero, ma l'impressione è questa.
''Vittoria'' per l'Ucraina è parola che si può declinare in molti modi: sopravvivenza, sovranità. orgoglio, cultura. Per noi la vittoria di Kiev servirà soltanto a ricostituire un ordine internazionale che le mire espansionistiche di Mosca hanno seriamente messo in pericolo.
C'è però sempre un sottile confine tra quel che di deve fare e quel che si può fare, rientrando la prima possibilità nella politica e la seconda nella realtà.
Non stiamo dicendo - come testimoniano le cose che da sempre sosteniamo - che Kiev non merita di essere aiutata concretamente, ma è forse arrivato il momento di mostrarsi meno appiattiti sulle posizioni di chi vuole che la vittoria diventi un trionfo, questo sì un pericolo per il mondo, perché non ce lo vediamo proprio Putin a farsi umiliare, dopo avere detto che i tank con la ''z'' sulle fiancate sarebbero entrati nella capitale Ucraina accolti da un popolo festante e riconoscente per la ottenuta libertà.
L'Italia è e sarà con gli ucraini, ma lo deve fare consapevole che le sue scelte avranno conseguenze e, quindi, un costo. Sino a che punto il Paese è disposto a sopportarlo e, quindi, a seguire le scelte del governo? Un interrogativo non da poco.