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Trump invia Witkoff a Gaza e Mosca: tra aiuti umanitari e pressioni diplomatiche

- di: Cristina Volpe Rinonapoli
 
Trump invia Witkoff a Gaza e Mosca: tra aiuti umanitari e pressioni diplomatiche

Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha annunciato l’invio del suo emissario speciale per il Medio Oriente, Howard Witkoff, in una missione che lo porterà nei prossimi giorni prima nella Striscia di Gaza e poi a Mosca. L’obiettivo dichiarato è duplice: da un lato verificare l’effettiva distribuzione degli aiuti umanitari destinati alla popolazione palestinese, dall’altro sfruttare la disponibilità limitata offerta dal Cremlino per cercare un’intesa che eviti l’inasprimento delle sanzioni e l’entrata in vigore di ulteriori dazi economici legati al conflitto ucraino.

Trump invia Witkoff a Gaza e Mosca: tra aiuti umanitari e pressioni diplomatiche

La Casa Bianca ha sottolineato che si tratta di un’iniziativa urgente, decisa in un contesto segnato dall’aggravarsi della crisi umanitaria nella Striscia e dall’intensificarsi della pressione internazionale su Mosca. Trump ha voluto presentare Witkoff come un “negoziatore determinato e imparziale”, in grado di conciliare il pragmatismo americano con l’esigenza di stabilità nell’area.

La tragedia di Gaza
Il quadro sul terreno resta drammatico. Secondo il ministero della Salute della Striscia, solo nelle ultime 24 ore almeno 101 persone hanno perso la vita nei raid, 81 delle quali erano iscritte nelle liste dei beneficiari degli aiuti internazionali. Più di seicento i feriti, molti dei quali in condizioni critiche. Gli ospedali locali denunciano la mancanza di medicinali e attrezzature, mentre le agenzie umanitarie chiedono corridoi sicuri per la distribuzione dei beni essenziali.

Witkoff avrà il compito di visitare i principali punti di raccolta e distribuzione degli aiuti, incontrando le organizzazioni non governative e i funzionari palestinesi incaricati della gestione logistica. L’obiettivo è garantire che i fondi e i materiali inviati dalla comunità internazionale non vengano dispersi o utilizzati per scopi militari. Una missione che si annuncia delicatissima, non solo per le difficoltà operative ma anche per il rischio politico di essere percepita come un’ingerenza.

Il passaggio a Mosca e il nodo Ucraina
Dopo la tappa a Gaza, l’inviato statunitense volerà a Mosca. Trump ha spiegato che il presidente russo ha concesso “un tempo limitato” per tentare un accordo che possa alleggerire la pressione diplomatica e commerciale nei confronti della Federazione russa. L’intreccio tra il dossier mediorientale e la guerra in Ucraina appare evidente: la Casa Bianca lega la possibilità di evitare un inasprimento dei dazi e delle sanzioni a un impegno concreto di Mosca sulla riduzione delle operazioni militari.

La missione di Witkoff si inserisce dunque in un quadro estremamente complesso, nel quale la diplomazia americana cerca di giocare contemporaneamente su più tavoli. Da un lato mostra la volontà di affrontare la crisi umanitaria di Gaza, dall’altro mantiene il filo diretto con il Cremlino, nella speranza di condizionare le scelte di Vladimir Putin attraverso lo strumento economico.

Le reazioni internazionali
La notizia della missione è stata accolta con cautela dalle cancellerie europee. Bruxelles ha ribadito la necessità di garantire l’accesso umanitario incondizionato alla Striscia, ma ha anche espresso scetticismo sulla possibilità che un singolo emissario possa produrre risultati tangibili con Mosca in un arco di tempo ristretto. Sul fronte mediorientale, diversi Paesi arabi hanno accolto positivamente l’iniziativa, pur sottolineando che il vero nodo resta la mancanza di un processo di pace strutturato.

Il Canada ha fatto sapere di essere pronto a riconoscere ufficialmente lo Stato di Palestina, un gesto che accentua la pressione sugli Stati Uniti affinché si assumano un ruolo più chiaro nella mediazione. Ottawa ha legato la sua decisione all’ennesima escalation di violenze e alla convinzione che solo il riconoscimento internazionale possa dare forza alla prospettiva dei due Stati.

Tra diplomazia e propaganda
Per Trump la missione di Witkoff rappresenta anche un banco di prova interno. La Casa Bianca punta a mostrare all’opinione pubblica americana un’immagine di leadership globale, in grado di occuparsi sia della sicurezza nazionale sia delle crisi internazionali. Tuttavia, gli osservatori fanno notare come l’intreccio fra dazi, sanzioni e negoziati rischi di apparire più come un gioco di propaganda elettorale che come una strategia di lungo periodo.

Il presidente statunitense insiste sul fatto che la pressione economica resti l’arma più efficace per piegare gli avversari senza dover ricorrere a interventi militari diretti. Una visione che trova consensi in parte dell’elettorato, ma che solleva dubbi tra diplomatici ed esperti di relazioni internazionali. Il viaggio di Witkoff diventa così un test per misurare non solo la capacità degli Stati Uniti di incidere in Medio Oriente e in Europa orientale, ma anche la credibilità di un approccio che intreccia continuamente economia e geopolitica.

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