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Trump show: riscritto il 2016. “Il golpe lo fece Obama”

- di: Bruno Legni
 
Trump show: riscritto il 2016. “Il golpe lo fece Obama”
Trump riscrive il 2016: “Il golpe lo fece Obama”
Non fu la Russia a interferire, ma i democratici a inscenare tutto. Così Trump rovescia il Russiagate: da indagato a vittima di un complotto presidenziale.

Il presidente che si sente vittima di un colpo di Stato

Donald Trump è tornato a colpire. E questa volta non si limita a rilanciare video truccati di arresti immaginari, ma mira direttamente al cuore della democrazia americana: la narrazione condivisa dell’elezione del 2016. Secondo il presidente, non è stato lui a beneficiare di un’operazione di influenza orchestrata dal Cremlino, ma sarebbe stato vittima di un colossale complotto interno, “il crimine del secolo”, organizzato da Barack Obama in persona.

L'accusa, lanciata il 21 luglio 2025 su Truth Social, è di quelle destinate a far rumore: “Obama ha inventato la bufala Russia, Russia, Russia. Hillary la corrotta, Joe l’addormentato e molti altri hanno partecipato. Crimine del secolo! Prove inconfutabili!”. Le parole sono sue, e il contesto è chiaro: si sta costruendo una narrazione alternativa, in cui l’inchiesta sul Russiagate viene ribaltata per diventare un presunto tentativo eversivo da parte dell’amministrazione uscente di sabotare il suo insediamento.

Tulsi Gabbard, la leva per il ribaltone

A supporto di questa nuova costruzione retorica arriva Tulsi Gabbard, ex democratica convertita all’universo trumpiano, oggi a capo dell’intelligence nazionale. Il 20 luglio ha consegnato al Dipartimento di Giustizia un dossier di oltre 100 pagine che, a suo dire, dimostrerebbe come Obama e i suoi collaboratori abbiano volontariamente manipolato o nascosto prove sull’irrilevanza dell’influenza russa nelle elezioni del 2016. In conferenza stampa, Gabbard ha parlato apertamente di “cospirazione interna” e ha chiesto indagini su Obama, Biden e Hillary Clinton per “abuso di potere” e “sovversione costituzionale”.

Trump, ovviamente, ha colto al volo l’occasione. Nei suoi post parla di “giustizia da ripristinare”, di “verità finalmente alla luce” e di “prosecuzioni inevitabili”. E a rafforzare la mossa, il giorno prima – 20 luglio – aveva diffuso un deepfake in cui si vedeva Barack Obama ammanettato nello Studio Ovale: un video falso, mal montato, ma sufficiente ad alimentare la macchina narrativa.

Il grande rovesciamento: da indagato a perseguitato

Trump sta tentando un capolavoro di manipolazione storica. Sta riscrivendo il 2016: non più un anno in cui la Russia interferì nelle elezioni per favorirlo, ma l’anno in cui l’establishment democratico avrebbe tentato un golpe, sfruttando l’intelligence per fermare la sua ascesa.

Un’operazione di riscrittura politica perfetta per la campagna elettorale: ridurre il Russiagate a una montatura e dipingersi come vittima di un regime ombra che agisce all’interno dello Stato. Il linguaggio usato è rivelatore: “Deep State”, “crimine del secolo”, “sovversione costituzionale”. L’intera macchina comunicativa trumpiana si sta riallineando su questo schema, rilanciando articoli, video, interviste e meme con una sincronizzazione chirurgica.

Ma le prove? Restano opache

Il dossier Gabbard, per ora, non è stato pubblicato integralmente. Fonti del Dipartimento di Giustizia parlano di “documentazione già nota” e “interpretazioni selettive”. Molti dei file provengono da materiale già desegretato negli anni scorsi, e le “prove” citate riguardano valutazioni di intelligence sulle intenzioni di Mosca, non manomissioni di risultati elettorali.

Eppure, Trump insiste. Perché non si tratta di dimostrare la verità, ma di riscriverla. E la memoria pubblica americana, bombardata da anni di fake news e manipolazioni, è terreno fertile. La stampa conservatrice ha già rilanciato la nuova tesi come “Watergate rovesciato”.

Un’ossessione chiamata Obama

Trump non ha mai nascosto la sua invidia – e il suo rancore – per Barack Obama. L’ex presidente democratico rappresenta tutto ciò che Trump non è: preparazione, compostezza, rispetto internazionale, cultura. Obama è ancora oggi una delle figure più stimate al mondo, come conferma un sondaggio Gallup del marzo 2025, che lo vede in cima alla classifica dei leader globali più rispettati.

Trump lo sa. E non tollera che il suo nome continui a brillare, mentre il suo stesso mandato è stato travolto da indagini, impeachment, scandali e ora processi in corso. Il deepfake di Obama arrestato non è solo una provocazione, è un atto simbolico: la vendetta contro l’ombra che lo perseguita.

L’America ostaggio del Trump Show

La strategia è ormai chiara. Ogni volta che Trump è in difficoltà – come ora, con nuove rivelazioni sul caso Epstein e un calo nei sondaggi – rilancia un “nemico interno”, crea un caso, rovescia la verità. Lo ha fatto con Biden, con la stampa, con il sistema giudiziario. Ora è il turno di Obama.

La Casa Bianca è diventata una centrale di produzione narrativa, dove ogni fatto viene distorto per rafforzare l’unica cosa che conta davvero per Trump: la sua versione dei fatti. Una versione utile a mobilitare la base, a raccogliere fondi, a zittire gli oppositori.

Un pericoloso gioco di specchi

Trump non sta solo cercando vendetta: sta cercando legittimazione. Vuole trasformare la propria storia – segnata da accuse e indagini – in quella di un eroe perseguitato. E per farlo, deve riscrivere la storia recente degli Stati Uniti, cancellare il Russiagate, e al suo posto mettere un presunto colpo di Stato democratico.

Ma è un gioco pericoloso. Perché, così facendo, non mette in discussione solo i suoi avversari politici, ma l’intera credibilità delle istituzioni americane. Se il 2016 è stato un golpe, allora chi può fidarsi ancora del voto? Chi può fidarsi della giustizia, dei servizi, della stampa?

Trump vuole tornare alla Casa Bianca non per governare, ma per vendicarsi. E sta costruendo il suo ritorno sul grande rovesciamento: quello in cui il colpevole è la vittima, e la verità un ostacolo da distruggere.

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