• Tutto con Bancomat. Scambi denaro, giochi ti premi.
  • Esprinet molto più di un distributore di tecnologia
  • Fai un Preventivo

Trump riapre il fronte dei dazi contro l’Ue: l’Europa stavolta risponda

- di: Jole Rosati
 
Trump riapre il fronte dei dazi contro l’Ue: l’Europa stavolta risponda
Trump riapre il fronte dei dazi contro l’Ue: l’Europa risponda

Washington alza la voce su tasse digitali, multe e regole per le Big Tech. Traduzione: “fate come diciamo noi”. Serve una risposta europea chiara: no. E con metodo.

La notizia, nuda e cruda: “useremo ogni strumento”

La miccia non è un tweet qualsiasi, ma un messaggio politico a firma del rappresentante commerciale statunitense: gli Stati Uniti minacciano contromisure contro l’Unione europea se Bruxelles e i governi europei non smetteranno, a loro dire, di colpire i fornitori di servizi americani con cause, tasse, multe e direttive. Il punto non è il tono (già pesante): è il bersaglio.

Nel mirino finiscono la regolazione digitale europea (dalla sorveglianza sulle piattaforme alle regole di concorrenza), le iniziative fiscali nazionali sulle attività digitali e le sanzioni comminate a grandi operatori. In parallelo, Washington agita una lista di aziende europee potenzialmente colpibili con restrizioni o “fee” in risposta. È un salto di qualità: non più solo dazi su acciaio o beni, ma rappresaglie sui servizi.

Perché adesso: la guerra commerciale “versione servizi”

L’episodio che ha accelerato lo scontro è stato l’inasprimento del contenzioso UE-USA sulle piattaforme, con un caso diventato simbolico: la sanzione europea contro X di Elon Musk in base alle nuove regole UE sulla trasparenza. Da lì, l’amministrazione Trump ha trasformato una disputa regolatoria in un dossier commerciale: se l’Europa “regola”, allora per Washington l’Europa “discrimina”.

È una narrazione comoda, ma tossica: mette sullo stesso piano stato di diritto e protezionismo. E serve a un obiettivo pratico: intimidire l’Unione perché ammorbidisca l’applicazione di norme come il Digital Services Act e il Digital Markets Act, cioè le regole che chiedono alle Big Tech responsabilità, trasparenza e concorrenza leale.

Gli “strumenti” di Washington: da imposte raddoppiate a indagini commerciali

Le minacce non sono genericamente bellicose: poggiano su leve giuridiche reali. La più citata negli ambienti fiscali è la Section 891 del codice tributario USA: consente al presidente di proclamare il raddoppio di specifiche aliquote applicate a cittadini e società di un Paese ritenuto responsabile di tassazione “discriminatoria o extraterritoriale” contro gli americani. È un’arma grezza, ma fa paura proprio perché discrezionale.

Poi c’è la via commerciale classica: una possibile offensiva basata su indagini e ritorsioni (il riferimento ricorrente è la logica delle azioni “Section 301”, già usate in passato contro varie digital services tax). E, sullo sfondo, la minaccia più subdola: usare l’accesso al mercato USA come clava contro gruppi europei che nulla c’entrano con le multe alle piattaforme. In altre parole: colpire terzi per piegare Bruxelles.

Il nervo scoperto: tasse sui servizi digitali (anche l’Italia è dentro)

Il capitolo più esplosivo è fiscale. Diverse giurisdizioni europee hanno introdotto imposte sui ricavi generati da servizi digitali, soprattutto pubblicità online, intermediazione e monetizzazione dei dati. L’Italia applica una DST con aliquota del 3%, pensata per intercettare ricavi che spesso sfuggono alla tassazione “tradizionale” perché contabilizzati altrove.

Washington descrive queste imposte come “discriminatorie”. Ma la sostanza, vista da qui, è un’altra: per anni una quota rilevante dei profitti digitali è stata ottimizzata e spostata tra giurisdizioni, mentre i costi sociali (informazione, sicurezza, concorrenza, tutela dei minori, disinformazione) rimanevano sul territorio europeo. Chiamare “molestia” un tentativo di riallineare regole e responsabilità è un ribaltamento della realtà.

La linea europea: regole uguali per tutti, e non si negoziano sotto ricatto

Bruxelles ha replicato con un concetto semplice: il mercato unico è aperto e basato su regole; quelle regole si applicano “in modo equo” a chi opera nell’Unione. Tradotto: se fai affari qui, rispetti le norme di qui. Non è antiamericanismo: è sovranità regolatoria, cioè la base minima di qualsiasi democrazia moderna.

Ed è qui che l’Europa deve essere durissima. Perché cedere su questo punto non significa “evitare i dazi”: significa accettare l’idea che un governo straniero possa riscrivere, con minacce commerciali, le regole europee su concorrenza, trasparenza e tutela dei cittadini. Sarebbe un precedente devastante: oggi le piattaforme, domani farmaci, energia, difesa, dati industriali.

Perché l’argomento USA scricchiola: servizi, surplus e contraddizioni

C’è un punto che rende la postura americana più fragile di quanto sembri: il commercio transatlantico non è solo container e acciaio. È anche software, cloud, pubblicità digitale, consulenza, licenze, streaming, infrastrutture. E proprio nei servizi gli Stati Uniti hanno un peso enorme. Colpire l’Europa sui servizi significa aprire una partita dove anche Washington ha molto da perdere, soprattutto se la risposta europea diventa chirurgica e proporzionata.

In più, la minaccia arriva in un momento in cui negli USA crescono segnali di nervosismo economico e politico: sondaggi e indicatori raccontano un’opinione pubblica inquieta sul costo della vita e sulla traiettoria dell’economia. La tentazione di trovare un colpevole esterno — “l’Europa” — è un copione già visto. Ma non è un motivo per arretrare: è un motivo per non farsi usare come bersaglio di propaganda interna.

Cosa può (e deve) fare l’Ue: fermezza, non teatralità

La risposta europea non deve essere isterica. Deve essere implacabile. Tre mosse, tutte legittime e tutte politicamente sensate:

1) Un fronte unico. Nessun Paese deve cercare la scorciatoia bilaterale, perché è esattamente ciò che Washington vuole: dividere per trattare. Il mercato unico è forza solo se resta unico.

2) Difendere l’enforcement. Regole come DSA e DMA hanno valore solo se applicate. Sospenderle “per trattare” equivale a confessare che sono negoziabili sotto pressione. Non lo sono.

3) Preparare contromisure mirate. Se gli USA colpiscono servizi e imprese europee, l’Ue ha strumenti commerciali e regolatori per rispondere senza farsi male da sola: proporzionalità, selettività, tutela delle filiere critiche, e un messaggio chiaro: il ricatto non crea accordi, crea solo contraccolpi.

Il punto politico: non è “anti-USA”, è pro-Europa

Difendere l’Unione, in questa fase, significa difendere una cosa molto concreta: il diritto dei cittadini europei a vivere in un ecosistema digitale che non sia un far west e in un’economia dove la concorrenza non venga decisa dall’arbitrio del più grande.

Trump può minacciare “dazi 2.0” quanto vuole. L’Europa deve rispondere con una frase breve e adulta: le nostre leggi non si riscrivono con le tariffe. Poi, certo: dialogo, canali aperti, diplomazia. Ma senza scambiare la diplomazia con la resa.

Notizie dello stesso argomento
Trovati 113 record
Nessun record risponde ai criteri di ricerca
Trovati 113 record
  • Con Bancomat, scambi denaro, giochi e ti premi.
  • Punto di contatto tra produttori, rivenditori & fruitori di tecnologia
  • POSTE25 sett 720