Dopo mesi di tensioni alimentate da una politica commerciale aggressiva, il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha annunciato una parziale inversione di marcia. I dazi sui prodotti importati dalla Cina saranno ridotti, ma non verranno eliminati completamente. Una mossa che arriva dopo settimane di pressioni da parte del mondo industriale e finanziario, preoccupato per gli effetti di lungo termine della guerra commerciale tra le due principali economie del pianeta.
Trump annuncia la riduzione dei dazi sulla Cina: “Scenderanno, ma non saranno azzerati”
Nel corso di una conferenza stampa alla Casa Bianca, Trump ha chiarito: “I dazi sulla Cina non resteranno al 145%. L’imposta doganale calerà in maniera significativa, ma non sarà zero.” Il riferimento è alle tariffe imposte durante il primo anno del secondo mandato presidenziale, che avevano raggiunto livelli record nel tentativo di contenere il surplus commerciale cinese e rafforzare l’industria nazionale americana.
Una strategia che cambia senza rinnegare il passato
Il nuovo corso non rappresenta un vero abbandono della dottrina protezionista, ma piuttosto una correzione tattica. Il presidente continua a sostenere l’importanza di proteggere l’economia americana da quella che definisce “concorrenza sleale” di Pechino, ma ammette ora che una revisione selettiva dei dazi potrebbe servire a stabilizzare i mercati e favorire un clima più disteso tra i due paesi.
Il segretario al Tesoro, Scott Bessent, ha confermato che l’attuale livello tariffario è insostenibile nel lungo periodo: “Serve una fase nuova nei rapporti commerciali, più pragmatica e meno punitiva. Il nostro obiettivo è mantenere la pressione sulla Cina senza danneggiare la crescita interna.” L’amministrazione americana si dice pronta a rivedere alcuni dazi già nelle prossime settimane, con una serie di decreti esecutivi che potrebbero alleggerire la pressione su beni di largo consumo e componenti industriali fondamentali per la produzione statunitense.
Mercati in ripresa, ma i negoziati restano fermi
Le parole del presidente hanno avuto un effetto immediato sui mercati finanziari: l’indice S&P 500 ha registrato un balzo del 2,5%, mentre il Nasdaq ha guadagnato oltre due punti percentuali. Gli investitori hanno letto nelle dichiarazioni un segnale di stabilizzazione dopo mesi di incertezza. Tuttavia, al momento non si registrano passi avanti nei negoziati ufficiali tra Washington e Pechino: non è stata fissata alcuna data per l’avvio di nuovi colloqui bilaterali e non ci sono bozze di accordo in discussione.
Il governo cinese, tramite il Ministero del Commercio, ha fatto sapere che accoglie “con favore ogni iniziativa americana volta a ristabilire condizioni commerciali più eque”, ma ha anche ribadito che ogni riduzione dei dazi dovrà essere bilaterale e inserita in un quadro negoziale più ampio, che tocchi anche i temi della proprietà intellettuale, dei trasferimenti tecnologici e delle barriere non tariffarie.
Verso una nuova fase nei rapporti tra le due superpotenze
Con questo annuncio, Trump segna l’inizio di una nuova fase nella sua strategia economica. Dopo aver costruito gran parte della propria retorica elettorale sull’opposizione frontale alla Cina, ora il presidente sembra voler gestire in modo più misurato lo scontro commerciale, trasformandolo in una leva diplomatica anziché in una battaglia a colpi di ritorsioni.
Le implicazioni sono molteplici: per le aziende americane che dipendono da forniture cinesi, per i consumatori che hanno subito aumenti di prezzo, ma anche per gli alleati degli Stati Uniti, in particolare in Europa, che potrebbero ora ritrovare margini per mediare tra le due potenze. Resta da vedere se questa apertura sarà l’inizio di un nuovo equilibrio commerciale, o solo una tregua temporanea in un conflitto destinato a proseguire su altri fronti.