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Tokyo in apnea per la Fed, Asia cauta e Wall Street chiude in rosso

- di: Matteo Borrelli
 
Tokyo in apnea per la Fed, Asia cauta e Wall Street chiude in rosso
Tokyo in apnea per la Fed, Asia cauta e Wall Street gira in rosso
Nikkei in equilibrio, yen debole e mercati asiatici prudenti mentre Wall Street archivia una seduta in calo alla vigilia della riunione chiave della Federal Reserve sui tassi.

Tokyo apre in equilibrio, yen debole e sguardo fisso sulla Fed

La seduta di martedì 9 dicembre alla Borsa di Tokyo si apre con il freno a mano tirato: il Nikkei si muove praticamente sulla parità, attorno a quota 50.574 punti, una variazione simbolica di circa -0,01% rispetto alla chiusura precedente. In parallelo, lo yen continua a indebolirsi: il cambio si colloca intorno a 155,8 yen per dollaro e a circa 181,4 yen per euro, segnalando una divisa giapponese che resta sotto pressione.

Nel corso della mattinata, l’indice nipponico si muove poi leggermente in territorio positivo: le rilevazioni in tempo reale indicano il Nikkei 225 attorno a 50.740 punti, in rialzo di circa lo 0,3% rispetto alla vigilia, in un contesto comunque dominato dalla prudenza.

Sullo sfondo pesano diversi fattori domestici: da una parte le ultime revisioni al ribasso del Pil giapponese del terzo trimestre, che confermano una crescita più fragile del previsto, dall’altra un quadro di politica monetaria in evoluzione, con una Bank of Japan che ha iniziato a spostarsi lentamente fuori dall’era dei tassi ultra-negativi. Secondo analisi di mercato diffuse da vari operatori, questa combinazione di crescita debole e inflazione moderata rende la Borsa giapponese sensibile sia alle aspettative sulla Fed sia a ogni indizio sulle mosse future della BoJ.

Wall Street chiude in rosso: prese di beneficio alla vigilia della Fed

La seduta di lunedì 8 dicembre a Wall Street si è chiusa in perdita dopo giorni di corsa sui massimi, con gli investitori impegnati a ridurre il rischio in attesa della decisione della Federal Reserve sui tassi di interesse. Secondo i dati preliminari diffusi da Reuters e ripresi da più media internazionali, il Dow Jones ha ceduto circa 208 punti (-0,45%), attestandosi intorno a 47.741 punti. Lo S&P 500 ha perso circa 0,3–0,4%, attorno a 6.848 punti, mentre il Nasdaq Composite ha chiuso poco sotto la parità, con un calo nell’ordine dello 0,1% sui 23.550 punti.

Il ribasso è stato diffuso a quasi tutti i settori dell’S&P 500, con vendite soprattutto su titoli ciclici e bancari, mentre alcuni nomi legati alla tecnologia e all’intelligenza artificiale hanno mostrato una maggiore tenuta. Le cronache di giornata parlano di un mercato che “tira il fiato” dopo un rally che ha riportato l’S&P 500 vicino ai record storici, in un contesto in cui i gestori preferiscono non esporsi eccessivamente pochi giorni prima del verdetto della Fed.

A livello di sentiment, gli operatori scontano quasi unanimemente un nuovo taglio dei tassi di 25 punti base, ma il vero tema è la traiettoria per il 2026: il mercato teme che la banca centrale statunitense possa segnalare un numero di tagli futuro più contenuto, alla luce di un’inflazione che resta appiccicosa e di un’economia ancora sorprendentemente resiliente.

Borse asiatiche: il giro d’orizzonte da Hong Kong a Mumbai

Alla riapertura dei mercati di martedì 9 dicembre, il quadro delle Borse asiatiche è nel complesso improntato a una cautela quasi coreografica. In tutta la regione il leitmotiv è uno solo: attendere la Fed limitando scommesse azzardate. Un’analisi da Singapore descrive una seduta in cui gli indici regionali tendono al ribasso e il dollaro si muove senza scossoni, mentre l’indice MSCI dell’Asia-Pacifico (escluso il Giappone) cede qualche decimo di punto.

Hong Kong e Cina continentale

Nelle ultime ore, i listini cinesi mostrano un andamento misto. La Borsa di Hong Kong tende a sottoperformare la regione, con l’indice Hang Seng in calo di circa l’1–1,2% in una delle sedute più recenti, appesantito da tech e immobiliare. Al contrario, il Shanghai Composite oscilla attorno a 3.920–3.925 punti, con variazioni positive nello 0,5–0,6%, sostenuto dalle aspettative di nuove misure di stimolo e dalla volontà di Pechino di riattivare la domanda interna.

Seoul, Sydney e Singapore

In Corea del Sud, il Kospi si muove in un corridoio stretto: le ultime aperture lo vedevano attorno ai 4.100 punti, con variazioni di pochi decimi di punto percentuale e una forte rotazione sui titoli legati ai semiconduttori e all’export. In Australia, l’indice S&P/ASX 200 tende a partire debole – ad esempio con un calo di circa 0,3% in una delle prime sedute della settimana, zavorrato da energia e materie prime dopo un rally precedente. A Singapore, lo Straits Times Index si muove anch’esso in modo fiacco, con variazioni attorno allo -0,1% nelle aperture più recenti.

India: Nifty 50 e Sensex aprono in calo

In India, l’apertura di martedì 9 dicembre è chiaramente negativa. Il Nifty 50 perde circa 0,36% a inizio seduta, scendendo a circa 25.867 punti, mentre il Sensex arretra dello 0,42% intorno a 84.743 punti alle 9:15 ora locale. Tutti i 16 principali indici settoriali risultano in rosso, con vendite su small e mid cap nell’ordine dello 0,3%. Tra le cause, la combinazione di incertezza sui rapporti commerciali con gli Stati Uniti – inclusi timori di nuovi dazi su prodotti agricoli come il riso – e la stessa attesa globale per la decisione della Fed.

MSCI Asia Pacific e clima generale

L’andamento delle singole piazze confluisce in un quadro regionale di rischio controllato. Indici come il MSCI Asia Pacific ex-Japan oscillano tra lievi rialzi e lievi ribassi (tipicamente nell’ordine di ±0,3%) man mano che arrivano nuovi dati macro e dichiarazioni su tassi e crescita globale. Diversi osservatori sottolineano come gli investitori in Asia stiano bilanciando il potenziale beneficio di tassi Usa più bassi con i rischi di una crescita cinese ancora discontinua e di tensioni geopolitiche persistenti.

Cosa si aspetta davvero il mercato dalla Fed

Il vero motore di questa giornata di mercati è la riunione della Federal Reserve, che si apre martedì 9 dicembre e si chiuderà domani con l’annuncio sulle decisioni di politica monetaria. Le attese sono cristalline: quasi il 90% degli operatori scommette su un nuovo taglio dei tassi di 25 punti base, che porterebbe il corridoio dei Fed Funds intorno al 3,50–3,75%.

Ma la partita non si gioca solo sul numero di domani: dot plot, conferenza stampa di Jerome Powell e nuove proiezioni macro saranno passati al setaccio per capire quante ulteriori mosse al ribasso la Fed immagina per il 2026. Secondo vari commentatori, la banca centrale è divisa tra chi vorrebbe spingere di più sui tagli – per sostenere un’economia rallentata – e chi teme che un allentamento troppo rapido possa riaccendere l’inflazione.

La conseguenza è una sorta di pausa tattica su molti asset rischiosi: i desk di trading preferiscono alleggerire posizioni direzionali su azioni e valute emergenti e concentrarsi su strategie di breve periodo, in attesa di capire se il messaggio di Powell sarà più dovish o più hawkish del previsto.

Valute, bond e materie prime: la cornice del rischio

Sul mercato dei cambi, il dollaro resta relativamente tonico proprio perché ci si aspetta sì un taglio, ma accompagnato da un discorso prudente sul futuro. Diversi report collocano l’indice del dollaro vicino a quota 99, con il biglietto verde poco mosso contro lo yen – attorno a 155–156 – e contro l’euro, che si aggira sui 1,16 dollari.

Sul fronte obbligazionario, i rendimenti dei Treasury Usa a 10 anni si muovono leggermente al rialzo, poco sopra il 4,1%, in previsione di un taglio accompagnato però da toni vigili sulla dinamica dei prezzi. Questo rende meno lineare il classico schema “tassi giù, bond su”, perché il mercato non esclude che dopo la mossa di dicembre la Fed possa prendersi una pausa prolungata.

Le materie prime offrono un quadro più frizzante: il rame viene indicato vicino a livelli record, l’oro si mantiene oltre i 4.200 dollari l’oncia e il petrolio oscilla su massimi di due settimane, sostenuto sia dal rischio geopolitico sia dalla speranza di una domanda globale più solida se i tassi scenderanno.

La fotografia d’insieme: un’Asia che guarda a Washington

Mettendo in fila tutti i tasselli – Tokyo in equilibrio, Wall Street in calo, Hong Kong e Shanghai miste, India in rosso – emerge l’immagine di un’Asia che, pur con storie locali molto diverse, si muove all’interno di un unico, grande perimetro: quello disegnato dalla politica monetaria statunitense.

Il deflusso di rischio visto a New York ieri, con vendite diffuse e prese di profitto su indici vicini ai massimi, ha agito da segnale di prudenza per la seduta asiatica. E la debolezza dello yen – insieme alle oscillazioni delle principali valute emergenti – è il termometro di una fase in cui gli investitori non vogliono farsi trovare troppo sbilanciati nel caso in cui Powell dovesse sorprendere con toni più duri.

Fino all’annuncio della Fed, il copione più probabile resta quello che stiamo osservando in queste ore: volumi sottili, oscillazioni contenute, poche scommesse forti. Dopo, si riaprirà il campo di gioco: se il messaggio sarà percepito come accomodante, l’onda lunga potrebbe dare nuova linfa a Nikkei, mercati cinesi e indici del Sud-Est asiatico; se invece prevarranno toni più prudenti, la parola passerà alla volatilità.

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