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TACO, la sigla che agita i mercati e irrita Trump: cosa c’è dietro la volatilità dei dazi Usa

- di: Cristina Volpe Rinonapoli
 
TACO, la sigla che agita i mercati e irrita Trump: cosa c’è dietro la volatilità dei dazi Usa

TACO: quattro lettere che sintetizzano un comportamento politico e le sue ricadute economiche. L’acronimo sta per “Trump Always Chickens Out” “Trump fa sempre marcia indietro” – ed è stato coniato dalla stampa economica statunitense per indicare una dinamica ricorrente: l’annuncio da parte del presidente Donald Trump di dazi commerciali pesanti, seguito da un successivo ritiro o ridimensionamento delle misure dopo il nervosismo dei mercati. La sigla è diventata popolare tra analisti e operatori di Borsa, fino a generare una vera e propria strategia informale d’investimento: il cosiddetto “TACO trade”.

TACO, la sigla che agita i mercati e irrita Trump: cosa c’è dietro la volatilità dei dazi Usa

L’approccio è semplice e basato su un’osservazione empirica: i mercati scendono quando Trump minaccia i dazi, ma risalgono non appena la minaccia viene smentita o attenuata. Acquistare nel ribasso, vendere nel rimbalzo.

Il caso dei dazi europei: minaccia e rinvio

L’episodio più recente è quello dei dazi annunciati su prodotti europei. A fine maggio, Trump ha dichiarato l’intenzione di applicare tariffe del 50% su una lunga lista di beni importati dall’Unione Europea. Una mossa che ha subito agitato i mercati e provocato reazioni a Bruxelles. Dopo pochi giorni, tuttavia, lo scenario è cambiato: in seguito a un colloquio telefonico con Ursula von der Leyen, presidente della Commissione europea, Trump ha deciso di posticipare l’entrata in vigore delle misure al 9 luglio. Nessun ritiro formale, ma l’impressione, ancora una volta, è che la linea dura sia stata adottata solo per poi essere rivista.

Questo schema si è ripetuto anche in passato: con il Canada, con il Messico, e con la Cina. Annunci a effetto, correzioni in corsa. Un copione diventato tanto ricorrente da spingere i mercati a scommetterci sopra.

Reazioni di mercato e strategie speculative

L’effetto TACO non è solo una provocazione giornalistica. Ha un impatto reale sui comportamenti degli investitori. Quando Trump annuncia nuovi dazi, si genera una volatilità immediata, in particolare su titoli legati all’export, all’automotive, alla tecnologia e ai beni di consumo. In alcuni casi, l’effetto si estende all’intero S&P 500. Le oscillazioni sono spesso brevi ma marcate: il tempo necessario perché il mercato sconti l’annuncio e poi reagisca al suo ridimensionamento.

Questo tipo di dinamica ha portato alcuni investitori a impostare strategie tattiche di breve periodo, basate sulla previsione – più o meno fondata – che il presidente “tornerà indietro”. Il TACO trade, dunque, è diventato un fenomeno finanziario a sé stante, alimentato dal comportamento politico e dalla capacità dei mercati di anticipare la retromarcia.

Trump nega, ma non convince

Di fronte alla diffusione dell’acronimo, la reazione del presidente non si è fatta attendere. Durante una conferenza stampa ha definito “disgustosa” la domanda di una giornalista sul significato di TACO, affermando che le sue decisioni non rappresentano mai una ritirata ma una tattica negoziale. Secondo Trump, i dazi vengono annunciati per mettere pressione e ottenere concessioni, e ogni rinvio è parte di una strategia coordinata. Ma il ripetersi degli schemi e la prevedibilità di certe dinamiche mettono in discussione questa narrazione.

L’irritazione politica non ha però fermato la diffusione del termine. TACO è ormai entrato nel lessico dei commentatori economici e degli investitori, tanto da apparire in report di analisi e dibattiti su piattaforme finanziarie. La sigla è diventata anche un simbolo della difficoltà dei mercati a conciliare le logiche della diplomazia commerciale con quelle della comunicazione politica.

Dubbi sulla legittimità costituzionale

Oltre all’irritazione politica, si affaccia ora anche un contenzioso legale. La Corte commerciale internazionale degli Stati Uniti ha recentemente affermato che Trump avrebbe ecceduto i propri poteri costituzionali nell’imporre dazi su larga scala. Il riferimento è all’International Emergency Economic Powers Act del 1977, utilizzato dall’amministrazione per giustificare tariffe generalizzate. Ma secondo i giudici, la norma non conferisce al presidente un potere illimitato, soprattutto in assenza di una reale emergenza.

Questa sentenza potrebbe avere conseguenze importanti per il futuro. Limitare la possibilità di agire unilateralmente sui dazi significa anche restringere lo spazio delle manovre tattiche e delle minacce reversibili. In altre parole, il margine per ripetere lo schema TACO potrebbe ridursi.

Una strategia rischiosa per la credibilità americana

Infine, il tema più ampio: la credibilità degli Stati Uniti come partner commerciale. Se la minaccia dei dazi è percepita come un bluff, se le dichiarazioni vengono costantemente riviste, allora la forza contrattuale degli Usa rischia di indebolirsi. Lo ha sottolineato anche il Wall Street Journal: un partner che annuncia ritorsioni per poi sistematicamente non applicarle è un partner meno temuto, meno efficace.

L’uso strumentale delle tariffe per motivi elettorali o mediatici solleva interrogativi anche tra gli economisti conservatori. La volatilità artificiale può offrire occasioni speculative, ma crea un clima d’incertezza che danneggia l’industria e ostacola gli investimenti. Una strategia che, nel breve termine, può avere un ritorno politico; ma che nel lungo periodo rischia di lasciare segni profondi sulle relazioni internazionali e sulla fiducia dei mercati.

Un acronimo che riflette un’epoca


TACO è più di una battuta. È il segno di un’epoca politica dominata dall’imprevedibilità, dove la comunicazione istantanea e i calcoli tattici prevalgono sulla coerenza strategica. La reazione irritata di Trump non fa che confermare quanto l’acronimo abbia colpito nel segno. Ma proprio per questo, evidenzia una vulnerabilità: quella di un sistema dove le decisioni economiche sono spesso piegate alla logica del consenso immediato. In attesa del 9 luglio, data fissata per il possibile ritorno dei dazi europei, i mercati restano in allerta. E intanto, qualcuno continua a scommettere sul prossimo ripensamento.

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